+Europa si propone come antidoto al sovranismo e al populismo
La federazione tra i partiti +Europa e Azione

In data 23 giugno 2022, la Supermedia dei sondaggi politici realizzati da YouTrend riporta una costante crescita della coalizione formata dai partiti Azione e +Europa. Dal 4,4% di un mese fa, questa forza politica è cresciuta dello 0,4%, passando così al 4,8%. Questa tendenza nazionale è stata confermata anche dai buoni risultati fatti registrare alle ultime elezioni amministrative. Per questo motivo, è opportuno approfondire la conoscenza di questa coalizione, attraverso un’intervista realizzata a Bruno Gambardella, componente della direzione nazionale di +Europa e precedentemente assessore alla cultura del Comune di Avellino.

I partiti Azione e +Europa hanno dato vita ad una coalizione al primo turno di queste elezioni amministrative. Come è nata questa affinità politica e quali sono i motivi di questa vostra alleanza?

 «Il dialogo tra Carlo Calenda e Più Europa è iniziato ben prima di queste elezioni amministrative. Già al tempo del congresso di fondazione del mio partito (gennaio 2019 a Milano) i contatti tra Emma Bonino, Benedetto Della Vedova e il futuro leader di Azione erano intensi e frequenti. A Calenda fu proposto di guidare le nostre liste alle elezioni europee, ma all’epoca Calenda scelse un altro percorso, la candidatura da indipendente nelle liste del PD a testimonianza di un progetto, “Siamo europei”, che avrebbe trovato piena cittadinanza tra noi e che, alla prova dei fatti, non interessava (o non interessava troppo) i Socialisti Europei. Dopo la sua uscita dal PD e la nascita di Azione (partito che fa parte dell’ALDE come Più Europa) i motivi per una stretta collaborazione si sono riproposti tutti e sono stati finalmente colti: siamo stati assieme all’opposizione del governo Conte bis e tra i promotori più convinti del governo Draghi. Parliamo la stessa lingua: la concretezza, la competenza, l’analisi approfondita delle questioni e la soluzione dei problemi dei cittadini».

La coalizione tra Azione e +Europa ha fatto riscontrare dei buoni risultati a questa tornata elettorale. La vostra è un alleanza occasionale, oppure questo successo vi indurrà a lavorare per una forma di associazione più stretta nel prossimo futuro?

«I due partiti hanno scelto di dar vita ad una federazione, che non vuol dire la fusione tra due partiti che comunque hanno delle loro peculiarità (Più Europa è più sensibile ai temi delle libertà individuali e dei diritti civili, Azione più centrata sui temi di una sana e corretta amministrazione), ma che si amalgamano ottimamente. Condividiamo gruppi comuni in Parlamento e, dove possibile, negli enti locali. I cittadini stanno comprendendo il senso e il valore di questa operazione politica. Per quanto possano valere i sondaggi, le due sigle rilevate assieme ottengono più consensi potenziali di quando venivano testate da sole. In un momento in cui c’è grande confusione tra le sigle del così detto “centro”, un’area liberaldemocratica, riformatrice e federalista europea rappresenta una proposta politica seria e di grande prospettiva».

Da pochi giorni si è concluso il secondo turno delle elezioni amministrative. La coalizione formata da Azione e +Europa ha ritenuto opportuno dare indicazioni di voto ai suoi elettori?

«Al primo turno la nostra federazione (più liste civiche) si è presentata agli elettori autonomamente in molti comuni (Palermo, L’Aquila, Alessandria tra i più importanti) raggiungendo risultati più che ragguardevoli. Nel capoluogo siciliano il presidente dell’assemblea nazionale del nostro partito Fabrizio Ferrandelli ha sfiorato il 15% contro i due colossi dai piedi d’argilla del centrodestra e del centrosinistra. In altre realtà nostri candidati erano presenti in civiche di centrosinistra e molti sono stati gli eletti. Dove la coalizione di centrosinistra ha assunto caratteri di chiara matrice riformista, con candidati capaci di imprimere una svolta importante (penso a Damiano Tommasi a Verona) il nostro contributo non è mancato».

La coalizione Azione e +Europa ha perciò contribuito alla vittoria dei candidati Sindaco del centrosinistra. Allora per quale motivo non vi siete coalizzati con loro fin dall’inizio delle elezioni amministrative?

«Purtroppo in molte città il PD ha scelto di perseverare con la formula del così detto “campo largo”, una coalizione che andava dalla sinistra al M5S di Conte, con programmi e progetti per le città che spesso non sono stati chiari o che comunque non sono stati apprezzati. Nonostante questo, dove è stato possibile, in alternativa a candidati espressione della destra nazionalista ed antieuropea, illiberale e reazionaria della Meloni, abbiamo comunque suggerito di votare per sindaci di centrosinistra».

Dalle sue dichiarazioni mi sembra di capire che non gradite l’alleanza del Partito Democratico con il Movimento 5 Stelle. Quali sono le motivazioni che portano Azione e +Europa a schierarsi contro i grillini?

«Il M5S ha rappresentato in questi anni il sintomo di un malessere della politica italiana, non certo la cura. Oggi i grillini si sono “istituzionalizzati”, hanno conosciuto e imparato ad apprezzare gli agi del palazzo, spesso assumendo toni più moderati. Ma noi non dimentichiamo che sono quelli del “Vaffaday”, “dell’uno vale uno”, dell’incompetenza elevata a virtù, del giustizialismo più becero, dell’odio a mezzo stampa e dell’aggressione verbale degli avversari. Dove hanno governato hanno creato disastri, si sono divisi in guerre interne sanguinosissime che nemmeno la vecchia DC aveva vissuto, hanno distrutto speranze e aspettative di rinnovamento dei cittadini».

La vostra coalizione Azione e +Europa considera il nuovo partito “Insieme per il futuro”, costituito da Luigi Di Maio e la maggior parte dei grillini fuoriusciti dal Movimento 5 Stelle, come una minaccia oppure come un potenziale interlocutore?

«Con tutto il rispetto che si deve sempre a tutte le persone, né l’una né l’altra cosa. Indubbiamente Di Maio ha seguito un suo percorso di crescita politica che lo ha portato dalle piazze parigine dove andava a solidarizzare con i gilet gialli ai vertici UE e NATO dove ha assunto posizioni europeiste ed atlantiste degni dei più prestigiosi e accorsati think tank. Qualcuno ha parlato di conversione sulla via di Damasco, di un Di Maio come di un novello Paolo di Tarso: non so, ma prendo atto con soddisfazione che la sua presa di distanza dal M5S ha certificato la morte cerebrale di uno dei movimenti populisti più pericolosi d’Europa. Qualsiasi tentativo di tenerlo ancora fintamente in vita sarà accanimento terapeutico e di questo, prima o poi, se ne dovrà fare una ragione anche Enrico Letta».

In ultimo, una domanda in vista delle prossime elezioni nazionali. Queste elezioni amministrative sono state le prove generali per la creazione di un campo largo a sinistra, oppure  Azione e +Europa sarebbero disposte a dare vita ad un polo moderato insieme alla vasta galassia dei partiti riformisti?

«La federazione è già una realtà e da tempo si lavora, coordinati da Carlo Cottarelli, ad un programma per l’Italia. Sia noi che Azione abbiamo sempre rifiutato l’etichetta di “moderati” o, peggio ancora, di “centristi”: abbiamo l’ambizione di essere centrali nel panorama politico italiano, antitetici al sovranismo della destra centro italiana e distanti dal populismo “di sinistra” rappresentato da Conte e dai superstiti della sinistra massimalista. Non siamo interessati al dibattito tra i vari “centrini” che, alla fine, ambiscono giusto a qualche rendita di posizione concessa loro dalle principali coalizioni. Ci presenteremo agli elettori da soli, affiancati da esponenti di un mondo assai vitale come quello delle liste civiche, con un programma chiaro ed una prospettiva di governo che ha già un nome e un cognome: Mario Draghi».

Da questa intervista si può dedurre che la coalizione tra Azione e +Europa non si sbilancia in vista delle prossime elezioni nazionali. Per il momento queste due forze politiche sono concentrate sulla faticosa costruzione di una federazione. Potrebbero essere proprio il nome di Mario Draghi e l’eredità dell’attuale governo gli elementi catalizzatori che porteranno alla formazione di un ampio polo liberale antitetico al sovranismo ed al populismo.

Gabriele Caruso

Gabriele Caruso
Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, mi occupo soprattutto di indagare la politica italiana e di far conoscere le rivendicazioni dei diversi movimenti sociali. Per quanto riguarda la politica estera, affronto prevalentemente le questioni inerenti al Regno Unito.

2 Commenti

  1. Molto apprezzabile l’orientamento dato all’ intervista al fine di delineare un possibile e verosimile scenario di riferimento in cui potrebbero muoversi i due soggetti politici esaminati.
    Peccato che, comunque, si tratta di partiti che, pur se in possesso di una visione politica della società italiana ed europea, non hanno (ancora?) i numeri per tracciarne lo sviluppo

  2. Intervista efficace nello svelare le intenzioni del nuovo soggetto politico. Vedremo se veramente alle prossime elezioni si presenterà da solo e soprattutto se Draghi si presterà (non credo) ad essere il loro candidato Presidente del Consiglio, sarebbe un errore madornale: consegneremo il paese alla Destra.

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