Chernobyl serie

Quanto è difficile parlare di Chernobyl.
Sono quegli eventi che segnano la storia dell’umanità, la mettono in pericolo. Poi il tempo passa, finché l’uomo non trova il coraggio e la lucidità di raccontarli. Ed è un bene: Chernobyl è presente nell’immaginario di molti, anche di chi quel giorno non era ancora nato. Si sa che è accaduto qualcosa di epocale, rimbalzato sui media e finito sui libri di storia, ma raramente si conoscono le dinamiche, i protagonisti, i fatti.
La miniserie HBO si da proprio questo obiettivo: dare al mondo una narrazione di un certo rilievo artistico che abbia la potenza di denunciare l’orrore di ciò che è accaduto. Tutto questo lo fa non cadendo nella tentazione di altre rappresentazioni ispirate a fatti reali: drammatizza ma tiene a bada la traslitterazione, l’impulso di romanzare le singole biografie, perdendo lo spirito documentale, l’evento macro nella sua gravità.

Chernobyl recensione

Chernobyl, invece, mostra con efficace e angosciante realismo le conseguenze dell’incidente avvenuto quel maledetto 26 Aprile 1986. Non lo fa solo mostrando la sofferenza fisica, la deturpazione, i danni ambientali, l’ingiustificabile e volontaria miopia politica, ma soprattutto mostra l’innocente ingenuità di un popolo che ha pagato a carissimo prezzo, con la vita, l’irresponsabilità di altri.
Come presumibile, gli eventi della serie si concentrano in gran parte nella vicina cittadina di Pripyat, città più di tutte investite dalla devastazione. I protagonisti sono a turno un pompiere, una moglie casalinga, un politico, un fisico nucleare, con la dichiarata volontà di mostrare come è stato percepito il tragico evento, da ogni punto di vista.

Tutto parte a guaio già avvenuto. Il reattore 4 ha dato problemi, il nocciolo è esploso.
“Non è possibile” dicono tutti.
Ma si capisce subito che la situazione sia delicata, sebbene gli ingegneri, i politici, minimizzino. È inaccettabile per la razionalità umana – tanto fiduciosa nel progresso e nel mondo che verrà dato lo spirito del periodo – accogliere l’idea di aver innescato una reazione a catena fuori controllo, aver esposto milioni di persone, le generazione future, a morte precoce. Si prova una certa dissonanza interna, psicologica, la mente si rifugia in altre verità. E quindi non è il panico la reazione dei protagonisti, ma la negazione:
“Tutto sotto controllo” si ripetono l’un l’altro, mentre la catastrofe si realizza, si aggrava. La serie ha proprio questo, il grande merito di immergersi nei sentimenti, nelle reazioni impulsive, perniciose, dei protagonisti.

Chernobyl serie

Inoltre, la serie Chernobyl è brava a giocare con l’ambientazione geografica e politica: siamo nell’Unione Sovietica, e come in tutte le società (e forse in quella dell’ex Unione ancor di più), le persone sono inserite in un ordine precisissimo, fatto di ruoli e di protocolli condivisi, certi, sicuri, indiscutibili. E quando c’è un evento che straccia la quotidianità, infrange tutte le credenze e le certezze, che succede? Nel caso di Chernobyl si volta la faccia, si delega (ben attenti alle apparenze, però) la patata radioattiva all’eroe degli sfigati, in questo caso il fisico nucleare Legasov, interpretato dall’immenso Jared Harris, tassello fondamentale nel contenimento della catastrofe.
Segue, poi, per tutti gli episodi della serie, la progressiva denuncia degli orrori causati dall’incidente. E questo è uno dei meriti indiscutibili del prodotto, perché ci fornisce delle immagini, crude, vere, realistiche, sul disastro.

Chernobyl serie

C’è una scena, più toccante di tutte, che vede molti civili su un ponte, ad osservare curiosi il chiarore giallo emanato dall’esplosione della centrale nucleare.
Loro sono ignari che quella nube li ucciderà a breve, e invece sono lì, con bambini e neonati al seguito, ad ammirare affascinati quella che sembra una fantastica aurora boreale.
“È bellissimo” dice romanticamente uno dei personaggi abbracciando il coniuge. In quel momento vediamo tutta la fragilità umana, la limitatezza dell’essere umano rispetto al Sauron degli elementi nocivi, e questa innocente incoscienza accompagnerà gran parte dei protagonisti per le cinque puntate, se si escludono i vertici e mestieranti realmente informati.
Questi ultimi si trovano a giocare su due tavoli, da un lato contenere la minaccia, dall’altro la responsabilità morale di allertare il mondo. La serie è bravissima a bilanciare entrambi gli aspetti, cementandole con diverse sequenze che vi lasceranno mesti, vuoti, impressionati.

“Cosa abbiamo fatto?”
Sarà l’ultima frase che vi rimarrà in mente.

Enrico Ciccarelli

Sociologo, specializzato in Comunicazione pubblica, sociale e mediale. Giornalista. Scrittore. Cinemaniaco, appassionato di storie.

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