I Social Network sono ormai considerati i pilastri della comunicazione mediatica sul web. È impressionante come dal 1997, con la creazione della prima piattaforma social visibile attraverso SixDegrees.com, al 2016 si sia sviluppato un mondo virtuale al quale può accedere chiunque.

Ma la situazione sembra esserci sfuggita di mano, per citare appunto una delle ironiche frasi degli utenti di Facebook.

Ad esempio, tutti conosciamo la storia di Tiziana Cantone, che più che storia dovrebbe essere definita una tragedia. È da più di un anno che alcuni suoi video hard erano finiti sul web fino a diventare virali. Pagine Facebook, magliette, meme (ovvero il tormentone del momento che viene diffuso in larga scala sul web) e commenti offensivi, hanno portato Tiziana a cambiare identità e a lasciare la sua città. Nonostante ciò, lo scorso 13 settembre questa donna si è suicidata impiccandosi con un foulard. Recentemente, il suo avvocato aveva ottenuto dal tribunale di Napoli un provvedimento d’urgenza per far rimuovere qualsiasi elemento in riferimento ai video e al nome della donna. Ma Facebook Ireland in tutta risposta ha dichiarato di non essere “tecnicamente nelle condizioni di esaminare tutti i post riferiti a Tiziana e dunque di rimuoverli”.

Numerose sono le vittime del web: dai video hard girati in intimità, a quelli dove i bulli aggrediscono i ragazzini disabili. I grandi pilastri della comunicazione mediatica sono diventati un’arma affilata.

Ma qual è il vero problema? Oltre all’uso sconsiderato di questi social network, vi è un aumento dei minorenni iscritti. La domanda sorge spontanea: ma questi ragazzini sono o non sono controllati dai genitori? A quanto pare, nella maggior parte dei casi, la risposta è negativa: non si è neanche a conoscenza della password dei propri figli.

A crogiolarsi nella loro età sono proprio i minorenni che pubblicano video e foto inopportuni e talvolta sono anche giustificati dai genitori poiché ritenuti “solo dei ragazzini”. Un altro esempio è il video della 17enne di Rimini, la quale è stata violentata da un uomo e filmata dall’amica che poi ha reso il video pubblico inviandolo ad altri contatti su WhatsApp.

Un bambino di quattro anni conosce a memoria le funzioni di uno smartphone perché gli si permette di utilizzarlo a proprio piacimento. E i genitori? No, lasciateli indignati al tavolo dei grandi a discutere di quanto i tempi siano cambiati e di quanto i ragazzini siano così svegli a soli dodici anni.

Insomma, una soluzione sarebbe sicuramente quella di poter accedere ai social network dopo la maggiore età: così che chiunque pubblichi un qualcosa di inappropriato e deleterio per altre persone, sarà al 100% responsabile delle proprie azioni. Ma a cosa serve tutto questo se poi si mina l’integrità dei propri figli nel momento in cui si cede un semplice smartphone nelle loro mani?

Ilaria Cozzolino

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