L’edizione thailandese dell’“International New York Times” dello scorso martedì 1 dicembre ha subito una curiosa censura: in prima pagina e all’interno del quotidiano sono stati inseriti degli spazi bianchi al posto di un articolo, ancora disponibile sul sito web della prestigiosa testata americana, che tratta i temi della devastante crisi economica che ha colpito il Paese e delle sue conseguenze, dalla disoccupazione alla violenza urbana. Al centro degli spazi vuoti è stata apposta una piccola didascalia esplicativa, che afferma che nessuna responsabilità dell’accaduto è da addebitare al quotidiano americano, perché la decisione di rimuovere l’articolo è stata esclusivamente dello stampatore thailandese, che ne avrebbe avuto, pare, facoltà ai sensi del contratto con lo stesso “New York Times”: infatti, stando ad una dichiarazione di un dirigente della Eastern Printing Co., che stampa il quotidiano in Thailandia, l’azienda può esercitare tale facoltà quando il contenuto degli articoli risulti “inappropriato”.
Non è la prima volta che si verifica un episodio del genere, essendo già stato cancellato dall’edizione thailandese del giornale, in un modo simile, un pezzo che, il 22 settembre, analizzava come il malfermo stato di salute e la debolezza politica del Re, figura estremamente amata e rispettata dal popolo thailandese, lo avessero reso ormai incapace di tenere testa alla giunta militare, al governo dal 2014 in seguito ad un colpo di stato.
La censura di qualche mese fa era stata giustificata asserendo che il contenuto del pezzo toccava un argomento eccessivamente “delicato”, in grado di rasentare la lesa maestà, che nel Paese estremorientale è un reato molto grave.
In effetti, l’anziano e malato Re Bhumibol Adulyadej, 87 anni, è considerato come una figura rappresentativa dell’unità e del prestigio della nazione e la vocazione alla protezione della sua reputazione è molto sentita dai thailandesi. Per rendersi conto di questa peculiarità culturale, basta visitare la pagina internet di “The Nation”, quotidiano thailandese in lingua inglese, che prima di consentire l’accesso al sito propone un’animazione in cui compaiono l’autorevole figura del monarca e la scritta “lunga vita al Re”
Tuttavia, sembra proprio che, negli ultimi tempi, la tutela della onorabilità del re sembra proprio essere diventata uno dei pretesti, per i militari, per rafforzare lo stato di polizia e i provvedimenti repressivi, soprattutto contro i giornalisti: la giunta userebbe il re e il reato di lesa maestà per giustificare l’inasprimento delle misure che comprimono la libertà di stampa e di espressione nel Paese. Verosimilmente, la paura di essere incriminati e arrestati per offese al re potrebbe aver inibito anche gli stampatori dell’edizione thailandese del New York Times; il quale, dal canto suo, conscio delle difficoltà di pubblicazione nel Paese, aveva già deciso, poco tempo fa, di interrompere la diffusione del quotidiano in Thailandia.
Un comunicato ufficiale del governo ha smentito il coinvolgimento della giunta nell’atto di censura, scaricando ogni responsabilità sulla Eastern Printing Co. La stampa locale ha comunque rilanciato la notizia, ma ha diplomaticamente evitato di occuparsene direttamente: sia il già citato “The Nation”, sia il “Bangkok Post” riproducono infatti il contenuto di articoli dell’“Agence France-Press”.
Scontata invece la risonanza della questione sui media occidentali, che necessariamente puntano i riflettori sulla situazione politica ed economica della Thailandia: pur con il suo tasso di crescita tra i più bassi tra le “tigri” asiatiche, questo resta un Paese centrale sulla scena economico-finanziaria globale, con investitori, spesso dall’oscura reputazione, che impegnano capitali su molteplici mercati, e anche in Italia: per citare uno tra i più clamorosi e recenti casi, è nota la trattativa infinita tra il broker Bee Taechaubol e Silvio Berlusconi per l’acquisizione a carissimo prezzo di una quota di minoranza dell’A.C. Milan.
Ludovico Maremonti