Da settimane ormai non si parla che di lui, i giornali (compreso il nostro) sono zeppi di articoli che ne descrivono l’operato con minuziosa costanza, e anche sui social network sono gettonatissime le imitazioni e le caricature: tutto il mondo ha gli occhi puntati su Donald J. Trump, 71 anni da compiere a giugno, quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d’America.
Cari lettori, in verità quest’attenzione quasi ossessiva nei confronti di Trump sarebbe naturale, trattandosi dell’uomo che ricopre la carica più ambita e influente in assoluto; non fosse che coi suoi modi di fare, il suo decisionismo unilaterale, la sua rozza ingombranza, se ne parla quasi come di un esperimento sociale, uno strano essere da porre sotto vetro per scrutarne ogni gesto con morbosità.
E voi, avreste mai immaginato che la nazione più ricca e pericolosa del pianeta sarebbe finita nelle mani grassocce di un multimiliardario evasore, di pensiero palesemente fascista, burbero e misogino, che quasi mai nella vita prima d’ora si era occupato di politica?
Io sì. Ed il problema, purtroppo, sta tutto qua.
Vedete, è inutile fingere di scandalizzarsi per un risultato, se non si è in grado di analizzarne le cause e le premesse. Trump (come lo è stato la Brexit) è nient’altro che il prodotto dei nostri tempi, animati da populismi post-ideologici e funestati da crisi economiche acuite da scellerate politiche conservative.
Una conseguenza palese ed inevitabile del declino sociale e morale delle nostre democrazie, a cui aggiungere le difficoltà nell’arginare le avanzate nazionaliste che promettono ciò che il popolo al momento desidera (o crede di volere): sicurezza, autodeterminazione, sovranità.
La differenza, semmai, è che mentre da noi personaggi simili si limitano a comparsate televisive o, nei casi migliori, a fallimentari esperienze amministrative, Trump sta agendo esattamente come aveva dichiarato, spiazzando quasi tutti gli osservatori nel modo meno immaginabile da parte di un politico: ovvero mantenendo le sue promesse.
Che si tratti di mosse totalmente sconnesse e prive di senso, resta un mero dettaglio. Il muro al confine messicano per tenere lontani i “bad hombres”, i dazi doganali, il muslim ban (che un giudice federale ha bloccato proprio ieri, nda), le pesanti accuse all’Europa germanocentrica, lo stralcio dei trattati di libero scambio, la retromarcia in materia di ambiente e diritti civili. Trump sta agendo in maniera istintiva, e spesso così scellerata che ci sarebbe effettivamente da ridere, se non si trattasse dell’uomo più potente al mondo.
Eppure, in questa maniacale considerazione è possibile scorgere dell’altro, e precisamente un filo di sollievo. Avverto infatti l’impressione nitida che molti stessero aspettando l’elezione di Trump per sgravarsi un peso di dosso, per cercare un’assoluzione ai propri errori, qualcosa di simile a “se un tipo del genere comanda l’America, posso fare anch’io qualsiasi idiozia”.
Insomma, la conseguenza più grave è l’effetto tana-libera-tutti che l’era di Trump potrà arrecare ad ogni futuro ragionamento o contesto politico: con lui si è sdoganata la mediocrità delle menzogne, la superficialità dell’incompetenza, e più dei suoi decreti a fare danno sarà l’immagine di sé che verrà trasmessa al mondo, quella di un panzuto arraffone che ha fatto fortuna insultando le donne, evadendo le tasse e ghettizzando le minoranze. Il prototipo perfetto dell’uomo di successo, per un popolo colpito da fame ed ignoranza.
Forse era il caso di pensarci prima. Forse ci abitueremo, ché peggio di così è difficile che vada. Personalmente, pur detestando tuttò ciò che Trump rappresenta, non credo ci si possa permettere di biasimare o schernire gli statunitensi, che per una volta arrivano parecchio in ritardo rispetto a noi, che eleggiamo pagliacci truffatori fin dal ’94.
Ad ognuno il suo. Buona domenica, lettori cari.
Emanuele Tanzilli
@EmaTanzilli
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