Repubblica italiana, 29 di giugno del 2018, anno 1 dell’Era del Cambiamento. Tutto sembrava procedere secondo i piani, con la blindatura delle frontiere, il ripristino della reputazione internazionale e la demolizione dei vecchi fulcri nevralgici di potere e privilegio. Poi, all’improvviso, ogni cosa mutò di colpo: il sondaggio M5S sul taglio dei vitalizi, da mero strumento di consolidamento dello status quo, divenne teatro e scenario della rivoluzione che mutò per sempre le sorti dello Stato Italico, consegnando di fatto lo scettro del comando ai nuovi, indiscussi protagonisti dell’agone politico: i meme.
Cari lettori, si scherza (meglio specificarlo). Ma non c’è dubbio che quanto accaduto in rete sia emblematico e sintomatico di una realtà in profondo divenire, una realtà i cui contorni tendono continuamente a sfumarsi nel virtuale sottraendo terreno di confronto alla discussione ragionata e razionale. Una realtà le cui conseguenze possono diventare a tal punto imprevedibili da ritorcersi contro in maniera inopinata, illogica e a volte brutale.
Il sondaggio M5S: chi di trolling ferisce, di trolling perisce
Devono averlo imparato a dovere, alla Casaleggio Associati. Sorta e sviluppata attraverso la rete attingendo a piene mani agli strumenti della “democrazia diretta”, instillatasi per osmosi ideologica nel tessuto vergine della società liquida, la comunità cinquestelle ha fatto dell’attivismo virtuale uno dei suoi punti di forza e di maggior speculazione politica, ricorrendo spesso e volentieri a strategie di comunicazione non convenzionali né propriamente morali.
Siamo stati bombardati con tante di quelle fesserie da finire in preda a una crisi di verità, con le sinapsi agonizzanti e il tic nervoso all’indice destro per i troppi clic sul tasto “Condividi”.
Meme, troll e fake news, campagne denigratorie mirate contro il personaggio mediatico del momento, manipolazioni di dati e statistiche, teorie del complotto e assurdi scenari di fantapolitica; ne abbiamo viste di ogni colore in questi anni. Ma soprattutto, dobbiamo ammettere che ha funzionato: non si prende un terzo dei voti alle elezioni grazie al carisma di Luigi Di Maio…
È per questo che a molti non deve esser parso vero vedere il sondaggio M5S tra la casta e Roberto Fico venire ribaltato in quel modo, fino al punto da spingere gli amministratori della pagina a cancellarlo. Rimediando così ad un errore con un errore ancora più grande.
Internet non perdona
Perché a quel punto l’immagine del risultato, che mostrava una vittoria schiacciante della casta, aveva già fatto il giro del web, e nel giro di poche ore il sondaggio M5S si trovava su tutti gli organi di informazione, per finire addirittura sulle pagine di alcuni quotidiani il giorno successivo.
Merito di alcune pagine e gruppi che si sono mobilitati in massa per sovvertire gli esiti del voto e mostrare le falle della tanto decantata democrazia diretta, come ad esempio “Giente Honesta”: una comunità di oltre 50 mila membri che fa dell’ironia il suo marchio di fabbrica, appropriandosi e contrapponendosi, con sagace sottigliezza, a quella strategia comunicativa che ha fatto le fortune dei ragazzi di Beppe Grillo.
Sullo stesso gruppo come altrove, manco a dirlo, sono poi comparsi meme a profusione per celebrare la grande vittoria. Eccone alcuni:
Un vitalizio non sarà più per sempre, ma un meme sì
Allora, cos’è accaduto davvero? Agli italiani non interessa più eliminare gli sprechi e i privilegi? Sono a tal punto preoccupati dalla sorte dei figli di Occhetto da scegliere di rinunciare a quei soldi?
No, naturalmente no. Credo di poter affermare con ragionevole certezza che un po’ tutti ci auspichiamo che venga introdotto un meccanismo ragionevole e sensato di riduzione dei vitalizi, e non tanto per il recupero di quaranta milioni di euro che sul bilancio dello Stato sono pressappoco come una monetina da cinque centesimi trovata per terra, ma per il segnale di sobrietà e di compartecipazione, anche minima, della classe politica ai sacrifici che hanno già duramente colpito il popolo.
Non si tratta di questo, anche perché non sarà il sondaggio M5S a determinare il buon esito della proposta, né un meme a pregiudicarlo (e per fortuna, verrebbe da dire). Ciò che è accaduto non ha nulla a che vedere con la bontà dell’idea; sarebbe da folli anche solo pensarlo.
A essere messo in discussione, piuttosto, è un intero modello comunicativo che poggia le sue fondamenta su un rapporto di rinforzo positivo tra gli autori del messaggio e i suoi destinatari: attraverso il sondaggio, il Movimento 5 Stelle avrebbe semplicemente dovuto avere la conferma di un’ovvietà (sei favorevole a tagliare i vitalizi? ma certo che lo sei), ottenendo una sorta di “legittimazione popolare”. Nel contempo, gli utenti facebook avrebbero avuto l’illusione di contribuire a determinare l’azione politica del Movimento, di avere tra le mani il favoloso, idilliaco e onnipotente strumento della democrazia diretta.
E invece…
Benvenuti nella memecrazia
Questa vicenda ha molto da insegnarci. Anzitutto, che l’intero mondo politico, nessuno escluso, subisce sempre più le influenze dei nuovi media, non di rado senza capirci nulla. È in atto una trasformazione tanto rapida quanto profonda, le cui conseguenze sono imprevedibili e fuori controllo. Nella fattispecie, il sondaggio M5S si è dimostrato un fallimento in tre sensi: perché non ha ottenuto il risultato sperato; perché costringendo i suoi autori a rimuoverlo ha certificato ed amplificato la sconfitta; perché è rimbalzato in breve tempo su tutti gli organi di informazione, come se si trattasse di una crisi di Governo.
Ma può un meme determinare la direzione e l’esito del dibattito politico di un intero Paese? A quanto pare sì: e tutti gli attori sulla scena vi si stanno adeguando, opposizioni comprese. Analisi del voto, proposte di legge, gazebo in città, radicamento sui territori? Neanche per idea: meglio i meme. Non hanno costi, richiedono sforzi esigui ed esigue competenze, raccolgono un consenso massiccio. Non c’è da stupirsi, quindi, della loro pervasività ed influenza.
È il nuovo campo d’esistenza della politica, e faremo bene ad abituarci. Elezioni decise da facebook, opinione pubblica manipolata da video, candidature selezionate da clic. Un’epoca in cui tutto può essere vero e falso allo stesso tempo, realtà e menzogna assieme, in cui due più due fa quattro, ma “a volte cinque, a volte tre, e a volte cinque, quattro e tre contemporaneamente”.
Buona domenica, lettori cari.
Emanuele Tanzilli
@ematanzilli