Il 4 dicembre è stata una giornata piena di buone notizie: prima è arrivata la vittoria, in Austria, di un verde alle elezioni presidenziali contro un oscuro simpatizzante nazista; e poi, ovviamente, il rifiuto della riforma costituzionale voluta da Matteo Renzi (e sostenuta da tutta la destra liberale europea, che tanti danni già ha fatto negli ultimi anni). Sul perché fosse opportuna questa bocciatura non mi dilungo: insigni costituzionalisti l’hanno spiegato per mesi molto meglio di come potrei farlo io.
La terza buona notizia è quella dell’alto tasso di affluenza al voto: dopo anni disinteresse e disillusione, questo potrebbe essere il momento della rinascita della vita politica nel nostro Paese. Non c’è democrazia che possa reggersi nel disinteresse e nella sfiducia dei cittadini, e l’affluenza di ieri è il miglior segnale da anni.
E di questo dobbiamo ringraziare anche l’arroganza e la presunzione di Renzi e dei suoi, che avrebbero potuto vincere questo referendum in carrozza, ma hanno voluto trasformarlo in un plebiscito, perdendolo.
Detto ciò, la nostra responsabilità, come fronte di sinistra per il NO, è ancora più grande: perché le energie di chi si è impegnato per il si con sincerità, perché ha creduto che fosse il bene per il suo Paese, e non per convenienza o rendita di posizione, vanno recuperate. Perché anche costoro sentono la necessità di un cambiamento per l’Italia, e hanno creduto che questo fosse lo strumento giusto: dobbiamo convincerli che gli strumenti sono altri, e coinvolgerli nel ricostruirli insieme a noi; e soprattutto non possiamo lasciare che siano le destre e i qualunquismi a intestarsi questo risultato. A coloro che hanno votato per la riforma perché vogliono più diritti, tutele e democrazia noi abbiamo il dovere morale e politico di rispondere con rispetto e con impegno. A loro e anche a quelli che hanno votato NO, ma non si interessano alla vita politica, spetta la responsabilità, invece, di interessarsi sempre di più, e non chiudersi nuovamente nel privato: non abbiamo le forze per ricostruire il Paese senza il loro contributo.
Però, permettetemi anche una valutazione critica: nella campagna del si, l’unico momento lontanamente dignitoso è stato il discorso di Renzi, stranamente elegante. Anche se è stato un discorso da grande comunicatore, ma forse non da grande statista; perlomeno perché uno che vorrebbe dimostrarsi tale dovrebbe riconoscere l’errore, prima ancora della sconfitta.
Per il resto, la campagna per il si è stata una sequenza di scorrettezze intellettuali, insulti, minacce, consapevoli menzogne, ricorso alle clientele e appelli continui alla parte più retrograda del paese. Ancor più vergognose perché concepite e sostenute da persone che, in larga parte, hanno tutti gli strumenti teorici e culturali per decodificare questi stessi messaggi. Coloro che l’hanno pensata e, nonostante capissero la disonestà e la gravità di certe uscite, vi hanno partecipato, dovrebbero avere perlomeno la dignità di vergognarsi. Non soltanto perché ora è evidente a tutti che le minacce erano vane e le menzogne erano tali: perché è un passaggio necessario per la ricostruzione di un clima più sereno e di maggior rispetto all’interno del dibattito politico, cosa che farebbe bene a tutto il Paese.
Infine, lo so, sono rancoroso. Ma un sassolino dalla scarpa me lo devo togliere.
La parola che mi sento di restituire a certi renziani è #ciaone.