– DI EMANUELE TANZILLI
emanuele.tanzilli@liberopensiero.eu

È con la tristezza nel cuore che arrivo a preparare il mio pezzo di questa settimana. Avrei voluto proporre una considerazione del tutto diversa, avevo in animo una riflessione sull’opportunità di uscire dall’euro, un sentimento che cavalca le ondate di populismo con sempre maggior vigore negli ultimi tempi, o di parlare della sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima la legge elettorale; ma non si può restare indifferenti di fronte alla scomparsa di un titano come Nelson Mandela. Malato da tempo, più volte in procinto di abbandonarci a causa dell’aggravarsi di una polmonite, si è spento giovedì scorso, a 95 anni. Una vita lunga e un’esistenza ricca, che lascia pochi rimpianti. Madiba non era il “padre dell’apartheid”, come Il Giornale lo aveva erroneamente definito nell’immediato clamore di quella sera, ma un emblema multigenerazionale. Forse l’ultima vera icona della lotta alla segregazione razziale, in un album che va da Rosa Parks a Marthin Luther King e che racconta un’epopea lunga un secolo che ha permesso, tanto per intenderci, di passare dalla negazione del diritto di voto all’elezione di Barack Obama. Ma soffermarmi sui meriti di quest’uomo, Nobel per la Pace nel ’93, sarebbe riduttivo. Sarebbe un po’ come provare a riassumere la Divina Commedia in quattro righe, svilente e mortificante.

Il razzismo esiste ancora (Racism’s still alive, they just be concealin’ it, rappa Kanye West nella canzone “Never Let Me Down”), e si dipana sovente sotto altre forme, quali la xenofobia, l’omofobia e il classismo. Ma per fortuna, quella che prima era un’opinione generale, oggi è espressione di una minoranza reietta e bigotta – seppur non trascurabile.

Eppure, se c’è un monito che la scomparsa del buon Nelson deve trasmetterci, è che non ci si può aggrappare alle figure umane in quanto tali; la storia ci insegna che quelle scompaiono (sempre troppo presto), e ci lasciano in balia di personaggi sinistri che invece sembrano non morire mai, come l’erba cattiva. Riflettevo invece sul ruolo di queste figure, uomini e donne, nell’evolversi della civiltà. Come punti di rottura, chiavi di (s)volta, esse contribuiscono a cambiare gli equilibri, facendosi messaggeri o veicoli di concetti universali latenti nelle coscienze comuni. Mi affascinava in modo particolare l’audacità del considerarle, per l’appunto, altro dagli esseri umani… o forse oltre. Qualcosa di più, e non solo per i risultati conseguiti, ma di più trascendente, forse ad un livello ontologico di concettualizzazione. In un certo senso, dei profeti portatori di un messaggio divino: la Speranza.

Facciamo quindi un breve excursus sul mito del vaso di Pandora. Zeus, il padre degli dèi, offrì in dono a Pandora un vaso, ordinandole di non aprirlo. Ma ella, spinta da un’irrefrenabile curiosità, tolse il coperchio e diede modo al contenuto del vaso di fuoriuscire: Vecchiaia, Gelosia, Malattia, Pazzia e Vizio, ovvero tutti i mali allora conosciuti, resero il pianeta un deserto inospitale e afflitto dalla morte. Ma sul fondo dello stesso vaso, che Pandora in seguito aprì una seconda volta, era rimasta la Speranza, che recuperò al mondo la gioia e la vita per gli esseri umani.

Da questo mito derivano due noti proverbi: “La curiosità è donna” e “La speranza è l’ultima a morire”, che latinizzato diventa “Spes ultima dea”. Qual è allora il valore della Speranza, nel momento in cui viene canalizzata attraverso uomini con il carisma adatto per dare voce a un messaggio universale? Il valore del progresso, dell’emancipazione popolare, della rivoluzione culturale. Un valore enorme. Quello che ha permesso a personaggi come Mandela, o il “Che”, o il Rivoltoso Sconosciuto di Tien An Men, o i partigiani che dir si voglia, di fornire a noi l’eredità più preziosa: non soltanto attraverso l’esempio delle loro vite, ma specialmente con il valore delle loro idee. Perché quelle, a differenza della vita, non si spengono mai.

Un piccolo post scriptum di chiusura: so che Beppe Grillo ha dato mandato ai “suoi uomini” di segnalare i giornalisti ostili al Movimento5Stelle. Cancellerà il finanziamento all’editoria, dice. Tutte queste persone dovranno trovarsi un altro lavoro, dice. Io invece, a questo pseudofascista del terzo millennio, dico che può tranquillamente aggiungere anche il mio nome alla sua lista; dopotutto, Libero Pensiero non prende i soldi del finanziamento pubblico, ma non ho nessun problema a continuare a sputtanarlo gratis; anzi, lo faccio volentieri.

Buona domenica a tutti.

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