Home Esteri America Trump va in Messico, Hillary pronta alla sfida in TV

Trump va in Messico, Hillary pronta alla sfida in TV

Ed intanto, sondaggi alla mano, decisiva potà rivelarsi la conquista del voto afroamericano

A due mesi dalle elezioni, dopo che da più parti se ne era rimarcata la mancanza di esperienza internazionale, Donald Trump con una mossa inattesa si è recato in Messico, accettando l’invito che presidente Peña Nieto aveva rivolto ai due candidati alla Casa Bianca.

Mal tollerato dalla maggioranza dei messicani per le sue dichiarazioni sull’immigrazione e sulla futura costruzione di un muro al confine con lo stato centroamericano, Trump è riuscito a dimostrare di potersi comportare da leader normale. Ha ottenuto un riconoscimento inaspettato da parte di un leader straniero che lo aveva paragonato a Hitler e Mussolini, e la stessa performance nella quale si è esibito nella conferenza stampa al termine del summit col presidente del Messico è stata di certo un duro colpo tanto per i suoi seguaci posti su posizioni estreme quanto per gli oppositori più critici.

In maniera forse inaspettatamente pragmatica e costruttiva, il magnate di New York ha affermato: «Propongo al Messico di lavorare insieme su cinque obiettivi comuni. Primo, fermare l’immigrazione clandestina anche da altri paesi latinoamericani, un disastro umanitario che danneggia anche voi. Secondo: rendere sicuro il confine, rispettando il diritto di costruire un muro per difenderlo. Terzo, smantellare insieme i cartelli dei narcos. Quarto: migliorare il NAFTA (North American Free Trade Agreement, ndr) per renderci tutti più forti, anche contro la concorrenza cinese. Quinto: manteniamo la ricchezza manifatturiera nel nostro emisfero».

Hillary Clinton, che nel frattempo è stata impegnata nel portare a termine la raccolta fondi prima di azionare una capillare campagna negli swing-states, si è anche concentrata a preparare i match televisivi contro Trump avvalendosi di una task force di psicologi per studiare i punti deboli dell’avversario. Non mancheranno di certo i riferimenti alle politiche di tolleranza zero promesse da Trump sull’immigrazione, potenzialmente capaci di spostare i voti delle minoranze. Proprio in riferimento al voto delle minoranza, anche sulla base dei risultati dei sondaggi negli stati decisivi è chiaro come il partito Repubblicano abbia, probabilmente, come ultima carta a disposizione per vincere a novembre, quella di conquistare il voto afroamericano.

Su queste basi si può facilmente spiegare l’approccio più morbido, almeno nei toni, assunto dal candidato repubblicano negli ultimi tempi. Non potranno bastare, infatti, i soli wasp (White Anglo-Saxon Protestant, ndr) al tycoon di New York per issarsi fino alla Casa Bianca e la sfida è ormai, come detto, quella di portare dalla propria parte la comunità afroamericana. Gli ultimi sondaggi, però, dicono che non sarà affatto un’impresa facile se è vero che, come sostiene l’istituto Morning Consult, soltanto il 5% dei neri d’America se si votasse oggi sceglierebbe Trump. In questo senso è da leggersi il primo intervento di Trump all’interno di una chiesa di una comunità afro, la Great Faith Ministries di Detroit, una città composta per l’83% da neri. Trump, nell’occasione, si è detto aperto ad ascoltare il messaggio della comunità afroamericana e speranzoso che la sua stessa presenza potesse dare maggiore risalto alle voci di questa minoranza.

Gennaro Dezio

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