La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forza.

In “1984”, George Orwell descrive il meccanismo di controllo del regime totalitario coniando il termine bipensiero, ovvero la capacità di accettare, nel livello più intimo del proprio subconscio, l’idea che un concetto ed il suo esatto opposto possano essere ugualmente validi e reali allo stesso tempo.

Ciò avviene grazie allo strumento della propaganda, un condizionamento subdolo che agisce in maniera incessante sulla mente, predisponendola ad accettare come vero qualunque cosa il Potere desideri.

Lo stesso Orwell, che all’epoca descriveva i due opposti regimi nazista e sovietico, ebbe a dire che “lo Stato totalitario fa di tutto per controllare i pensieri e le emozioni dei propri sudditi in modo persino più completo di come ne controlla le azioni”.

I suoi romanzi sono tornati molto di moda ultimamente. E non solo i romanzi, a quanto pare.

Il brainch della domenica

Ricordate Aylan? Il fanciullo siriano ritrovato morto su una spiaggia, nel suo destino infausto e crudele, è un’esemplificazione perfetta di quanto l’opinione pubblica possa essere emotiva e manipolabile, e spesso malignamente ipocrita. Quando la foto di Aylan fece rapidamente il giro del mondo, un’ondata di sgomento e indignazione attraversò i cinque continenti scuotendo la nostra politica comunitaria.

Alcuni Stati, come la Germania e il Regno Unito, ammorbidirono le loro posizioni accettando di accogliere migliaia di rifugiati e creando corridoi umanitari lungo l’Europa. Allora sembrò giusto farlo, anzi assolutamente necessario, in virtù di un fallace scontro di coscienze che imponeva a qualcuno di poter mettere la testa sul cuscino per dormire alla sera.

Ma non occorse molto tempo prima che s’innalzassero altri muri di filo spinato e che il razzismo e il malcontento tornassero a serpeggiare fra le popolazioni europee.

Poi, martedì scorso, un attacco a base di sostanze chimiche (forse gas sarin) nella provincia di Idlib ha ucciso oltre 70 persone – fra cui una dozzina di bambini –  ed ecco ripercuotersi improvviso lo sdegno a orologeria tipico delle mentalità borghesi. Niente bandiere siriane su facebook, ma una stucchevole sollevazione nazional-popolare con la solita suddivisione in tifoserie e l’auto-assegnazione di numerosi titoli di luminare della geopolitica e dei rapporti internazionali.

Pure Donald Trump, che nel 2013 avvertiva il suo predecessore Obama di procedere con cautela prima di attaccare in Siria, è rimasto così turbato da sentire l’esigenza di sparare 59 missili contro la base da cui si presume sia partito l’attacco.

Il tweet di Trump rivolto a Obama

Il mondo intero ha scoperto l’esistenza della Siria e di una guerra che va avanti da appena sette anni, che ha causato più di 400 mila vittime (secondo l’Osservatorio Siriano) e oltre 4 milioni di sfollati (secondo i dati dell’UNHCR). Un massacro disumano che al fronte governativo di Assad vede contrapporsi le opposizioni dei “ribelli” e il terrorismo fondamentalista, coinvolgendo in un delicato schieramento strategico tutti i principali Paesi del mondo arabo e le superpotenze mondiali.

La Siria è da anni l’ombelico di un conflitto globale su cui ci si appassiona fin troppo in termini di schieramenti e molto poco in merito alla crisi umanitaria: ecco perché settanta vittime su cui fare scandalo sembrano davvero un ottimo pretesto su cui sollevare un po’ di sano moralismo e rinfocolare l’astio reciproco; proprio come nel più classico degli scenari orwelliani.

Il consiglio, in questi casi, è di non lasciarsi andare all’opinionismo U.S.A.-e-getta e di provare quantomeno a ossigenare il cervello prima di parlare (o di scrivere). Non è semplice, nell’epoca della post-verità, discernere un fatto di cronaca da un artifizio retorico, un evento da un’astrazione, un conflitto da una mossa propagandistica. Sentite cosa diceva l’Arcivescovo di Aleppo di fronte alla commissione Esteri del nostro Senato, appena lo scorso ottobre.

Pensate a quanto sia facile plagiare le nostre menti in assenza di fonti certe a cui attingere: basta un articolo di giornale, un link di facebook, un servizio televisivo. La Siria è lontana, ma ancora più lontana è la verità: non soltanto quella della realtà dei fatti, ma quella intesa come costrutto psicologico in grado di consentirci di saper elaborare, assimiliare e memorizzare le notizie.

Probabilmente fra una settimana ci sarà dato in pasto qualcos’altro da ingurgitare. Nel frattempo i siriani continueranno a morire, ma in un altro mondo, un’altra dimensione, un piano della realtà che allo stesso tempo esiste e non esiste. Neppure ce ne renderemo conto.

E la guerra sarà solo uno sgradevole ricordo tra il caffè e la sigaretta, un fastidio da scacciar via il più presto possibile per lasciare spazio alla prossima tragedia.

Buona domenica.

Emanuele Tanzilli
@EmaTanzilli

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3 Commenti

  1. Il problema è che dietro il conflitto siriano ci sono interessi economici dei produttori di armi. Invece di scrivere puttanate e farci sentire in colpa per responsabilità che non abbiamo, perché non dite esattamente le cose come stanno ?

    • Gentile utente,
      se fosse così gentile da evidenziare il passaggio dell’articolo da cui si evince che la responsabilità sarebbe “nostra”, potrei provare a rispondere adeguatamente. Tra l’altro, le faccio notare che il senso del testo sta proprio nel notare come sia oggettivamente impossibile presumere di conoscere la Verità assoluta, poiché facilmente manipolabile. Se lei abita o è stato in Siria, saremmo lieti di ascoltare il suo racconto per poter dire esattamente le cose come stanno.

  2. L’Arcivescovo di Aleppo è una persona saggia. Al termine della sua audizione propone un sistema per far cessare la guerra ed i suoi orrori che potrebbe essere implementato dall’Occidente e imposto grazie ai Caschi Blu dell’ONU.
    Mi sembra una soluzione molto più adeguata e radicale di quelle proposte per propaganda, anche perché l’Arcivescovo vive lì e conosce molto meglio di noi la società, le condizioni, i rapporti di potere, gli intrighi che possono e devono essere sventati per ridonare alla Siria la Pace.

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