All’interno del Movimento 5 Stelle soffiano venti di tempesta. Due sono i principali protagonisti di quello che si sta rivelando essere uno scontro senza esclusione di colpi: l’attuale Presidente, Giuseppe Conte, e il Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Le divergenze politiche tra questi due esponenti del MoVimento vanno avanti da molto tempo, ma le prime crepe sono comparse, in modo evidente, soltanto durante le elezioni del Presidente della Repubblica. Vediamo dunque quali sono i punti di conflitto tra queste due personalità, che è possibile definire a tutti gli effetti come i principali rappresentanti della creatura politica di Beppe Grillo.
Dopo alcuni giorni di stallo politico della trattativa per eleggere il nuovo il Presidente della Repubblica, Giuseppe Conte ha provato a proporre insieme al Segretario della Lega, Matteo Salvini, un candidato a sorpresa: Elisabetta Belloni, direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS). Una mossa che ha sorpreso – e non poco – la maggior parte dei grillini, tra cui lo stesso Di Maio, che ha un rapporto di reciproca stima con Elisabetta Belloni. Proponendo questa figura di alto profilo istituzionale, Conte sperava infatti di aver proposto il nome adatto per convincere Di Maio ad abbandonare ogni remora in merito ai possibili candidati e abbracciare la sua scelta.
Tuttavia, Luigi di Maio ha visto questa mossa come una gesto di sfida. Per L’attuale Ministro degli Esteri sarebbe stata infatti un’evidente sconfitta accettare un candidato proposto da Conte, in termini di leadership all’interno del Movimento 5 Stelle. Pertanto, Di Maio è stato costretto a lavorare attivamente per “bruciare” il nome di Elisabetta Belloni. Una volta capito che la candidatura di Mario Draghi non sarebbe andata a buon fine, egli ha così intuito che la stabilità del governo poteva raggiungersi solamente giocando la carta del presidente uscente. Alla fine, Di Maio ha perciò convinto la maggior parte dei parlamentari del MoVimento a votare per la rielezione di Sergio Mattarella.
Da quel momento in avanti è cominciata la resa dei conti all’interno del Movimento 5 Stelle. Le prime avvisaglie sono state lanciate da Luigi Di Maio subito dopo le elezioni. Egli ha infatti prontamente dichiarato che: «Alcune leadership hanno fallito, hanno alimentato tensioni e divisioni: dobbiamo lavorare per unire, per allargare, la politica in questi giorni è rimasta vittima di se stessa: per fortuna questo stallo l’hanno risolto il Parlamento grazie anche al contributo del presidente del consiglio Mario Draghi».
Non si è fatta tuttavia aspettare la replica di Giuseppe Conte, il quale ha risposto non meno duramente alle accuse pubbliche di fallimento che gli aveva rivolto Di Maio: «Era nella cabina di regia M5s, anche lui chiarirà, non a me, ma agli iscritti». Interpretando quindi le parole del Presidente Giuseppe Conte, anche Luigi Di Maio dovrà chiarire se ha lavorato per altri partiti oppure ha operato per il bene del MoVimento. In questo modo, è cominciata tra i due leader una disputa tanto personale quanto di natura politica, che stenta ancora a vedere una fine.
Con il passare dei giorni, sembra che la spaccatura iniziale si sia allargata fino a creare una vera e propria frattura insanabile all’interno del Movimento 5 Stelle. Lo scontro ha raggiunto infatti veri e propri livelli di guardia, i quali fanno presumere che difficilmente si potrà tornare indietro. In polemica con Giuseppe Conte, Luigi Di Maio si è dimesso dal “comitato di garanzia” del partito dichiarando apertamente di volere sostenere un “nuovo corso”. In questo modo, Di Maio ha fatto capire di avere la seria intenzione di iniziare a fare opposizione, in modo tale da accrescere il proprio schieramento intero e logorare, di conseguenza, la stabilità del MoVimento.
Nonostante lo statuto interno lo vieti espressamente, sono apparse così delle vere e proprie correnti politiche a sostegno dei due leader del Movimento 5 Stelle. Nei giorni successivi alle elezioni per il Quirinale, Di Maio, si è prima affrettato a ricucire i rapporti con il capo dei servizi segreti, Elisabetta Belloni, incontrandosi per fare chiarezza sulla spiacevole vicenda del Quirinale. Dopo ha incominciato a fare la conta dei grillini che lo avrebbero sostenuto all’interno del MoVimento, tra cui l’ex sindaca di Torino, Chiara Appendino, e quella di Roma, Virginia Raggi. Ha preso forma perciò quella che potremmo definire come “corrente dimaiana”, di cui fanno parte alcune decine di parlamentari, la quale tende a caratterizzarsi per sostenere posizioni moderate rispetto al resto del Movimento 5 Stelle.
Gli obiettivi di Giuseppe Conte sembrano invece essere del tutto opposti. L’ex primo ministro sta cercando di recuperare quella radicalità che caratterizzava il Movimento 5 Stelle alle sue origini. Per questo motivo, la “corrente contiana” sta provando a rafforzare i legami con l’ala più movimentista del partito, che da anni si riconosce intorno all’ex deputato Alessandro Di Battista. Lo dimostrano le dichiarazioni di quest’ultimo a sostegno di Conte: «Da anni è necessaria una riflessione politica all’interno del Movimento, ma è vigliacco mettere oggi sul banco degli imputati l’ultimo arrivato che al netto di idee diverse su alcune questioni considero persona perbene e leale».
A mettere tuttavia in serio pericolo i suoi piani, ci hanno pensato alcuni iscritti che hanno presentato ricorso contro il nuovo statuto che nomina Giuseppe Conte a Presidente del MoVimento. Accolto dal Tribunale di Napoli, è stata così emanata una sentenza che sospende in via cautelare le nomine dei vertici. L’ordinanza dei giudici di Napoli ha costretto perciò il MoVimento a ritornare alla sua vecchia struttura, che prevedeva l’esistenza di un comitato direttivo composto da 5 membri. Ospite di Lilli Gruber a “Otto e mezzo” su La7, l’ex premier Conte è perciò tornato a parlare in merito alla sentenza: «C’è un piano politico-sostanziale e uno giuridico-formale, che segna questa sospensione. Sospensione a cui si risponde con un bagno di democrazia. Erano già in programma delle modifiche dello statuto, si aggiungerà una ratifica da parte di tutti gli iscritti, anche quelli da meno di sei mesi, senza aspettare i tempi di un giudizio processuale. Curioso che si era sempre votato così, con il vecchio statuto, e ora viene impedita questa cosa».
Non è ancora chiaro se a Di Maio interessi imporre la propria visione al Movimento 5 Stelle oppure dare vita ad una scissione non appena avrà a suo favore la forza dei numeri. Tuttavia, a fare maggiore chiarezza all’interno del Movimento 5 Stelle, potrebbe pensarci un alleato inaspettato: il limite dei due mandati. Se questo regolamento interno dovesse essere rispettato, a Luigi Di Maio non toccherà altro che l’ipotesi scissione. Ad accoglierlo ci saranno comunque i moderati di centro, come testimoniano le dichiarazioni del leader di Coraggio Italia, Giovanni Toti: «Lavora bene con il governo Draghi, sotto traccia, senza cercare visibilità, nell’elezione del presidente della Repubblica è stato un interlocutore affidabile».
Ma il centro moderato non si è fermato a queste dichiarazioni di stima. Esso ha capito che è il momento opportuno per compiere un corteggiamento forsennato nei confronti della corrente capeggiata da Di Maio. A suo favore ci sono state infatti altre dichiarazioni sempre provenienti dal partito Coraggio Italia. Il deputato Emilio Carelli non nega il desiderio della possibilità di lavorare in futuro con l’attuale Ministro degli Esteri: «È sicuramente Di Maio l’interlocutore naturale e compatibile con le posizioni che Coraggio Italia sta portando avanti. Non nascondo che se un domani ci fosse una scissione nel M5s, noi saremo disponibili ad accogliere una componente dimaiana nel polo di centro».
Tra lo spettro della scissione e l’inconfutabilità della sentenza, il Movimento 5 Stelle sta così vivendo un cambiamento epocale al suo interno. Prima di sapere quale sarà il capitolo che metterà fine allo scontro, ci dovrà essere un incontro tra tutti i grillini. Per il momento, il Garante del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, rimane defilato. Tuttavia, con un post sul suo blog, invita alla calma e si mostra soddisfatto di questo processo, affermando che il MoVimento sta passando «dai suoi ardori giovanili alla sua maturità».
Gabriele Caruso