Perdonerete di certo il titolo provocatorio, figlio delle evoluzioni di un giornalismo digitale che cerca di fare breccia istantanea nell’attenzione del potenziale lettore, nella buona e nella cattiva reazione. Però tranquilli, non è un titolo fallace, perché Dark è così: un qualcosa di già visto, già sentito, già ampiamente esplorato nella produzione seriale e letteraria, anche recente.

Dark Lost

C’è infatti una nota, di violoncello o contrabbasso, una di quelle che precede la rivelazione narrativa, che dovrebbe incutere timore e che vi accompagnerà per tutto il corso della serie. All’inizio quella nota vi sembrerà d’impatto, sinistramente magnetica tale da costringervi ogni volta sul chi va là. Ma non accadrà mai nulla. Allora inizierete a odiarla, perché ella verrà ripetuta in maniera inappropriata, ogni quindici minuti, anche quando la sequenza non approderà a chissà quali snodi di trama.

Ed è un peccato, perché il sound design di Dark non è per niente male (lo strumentario germanico è affascinante), così come tutto il comparto tecnico e contenutistico è degno di menzione, ma ogni cosa perde di sostanza quando non c’è nulla – ma proprio nulla – di originale, che non si limiti semplicemente alla replica quasi integrale di formule preesistenti. E quello che è ripreso, non è neanche riformulato in maniera ammaliante o tale da destare curiosità nello spettatore, se non un perenne senso di déjà-vu.

Dark non è né LostTwin Peaks, ma si configura come una serie d’atmosfera che gode di un’impostazione da mistery horror convenzionale, che tradirà imprudentemente nel corso delle puntate.

Parte dal concetto di “tempo” e le sue deformazioni aggiungendoci i topos caratteristici delle serie horror: un luogo oscuro (la caverna), la città maligna dove qualcuno sa e tace, sparizioni di ragazzini. Tanto che sembra di aver a che fare con un’altra trasposizione pressappoco riuscita di quel genio di Stephen King. Qualcuno l’ha paragonato a Twin Peaks e a Lost, e non è iconoclastia, in quanto Dark ne riprende la struttura narrativa a scatole cinesi (tanti piccoli misteri che si susseguono e confluiscono in un unico grande mistero) e il loro canovaccio narrativo (i protagonisti devono capire cosa accade in quel luogo oscuro), ma poi manca enormemente del tratto suggestivo di Twin Peaks e della coralità di Lost.

dark twin peaks

Innegabile che le soluzioni registiche e fotografiche siano di livello, tali da conferire al prodotto una precisa estetica e una sua dignità che, precisiamolo, rimane comunque godibile. Ma questo non fa che incrementare l’amarezza e il what if sulla serie, che sembra quasi conscia dei propri limiti e decide così di coprirla con sofismi tecnici e ispirate performance attoriali, tali da renderli invisibili. Ma solo a tratti.

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Si ha, duque, la sensazione che questi tedeschi abbiano fatto un ottimo lavoro, ma che chiamati a produrre qualcosa di internazionale (è la prima serie tedesca diffusa da Netflix) abbiano preferito sacrificare il loro estro in qualcosa di già rodato, molto schematico che, seppur ispirato, va sul sicuro. Un prodotto di genere che, oggigiorno, si proietta come nuova produzione autoriale, ma che rimane estremamente piatto nella resa. Va tolto di certo il cappello per il tentativo, per la volontà di battere nuove strade e palcoscenici a cui anche la produzione nostrana dovrebbe puntare (invece di spendere quei pochi soldi per l’ennesima produzione gangster).

dark netflix

Ma rimangono i rimpianti, e per chi ha familiarità con certi scenari, certe strutture narrative e alcune stratagie di suspense, ben sedimentate in Dark, verrà probabilmente catturato dalla noia più che dall’oscurità.

Enrico Ciccarelli

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