A Balocco, paese in provincia di Vercelli in cui sono nati i progetti di Alfa Romeo Giulia e Stelvio, il primo giugno Sergio Marchionne ha presentato il piano industriale di FCA per i prossimi quattro anni: azzeramento del debito entro la fine del mese, 45 miliardi di dollari di investimenti, ma poche rassicurazioni sul futuro occupazionale degli operai degli stabilimenti italiani.

Marchionne si presenta in cravatta per la relazione di apertura del Capital Market Day a Balocco. L’AD di FCA spiega a giornalisti, imprenditori e sindacalisti (ad esclusione dei rappresentanti FIOM e dei sindacati di base) che l’azienda conta di azzerare il debito entro la fine di giugno e di investire 45 miliardi di dollari nei prossimi quattro anni. Però, per la piena occupazione negli stabilimenti italiani, se ne riparlerà nel 2022.

Marchionne annuncia un’evoluzione della politica industriale del gruppo FCA, sempre più proiettato verso il mercato internazionale e con l’ambizione di abbandonare progressivamente la produzione di vetture popolari, accreditandosi come produttore di auto di lusso e investendo sui marchi ad alta redditività. Per questo motivo Jeep, Maserati e Alfa Romeo giocheranno un ruolo di primo piano nelle strategie industriali del gruppo.

Il piano FCA 2018-2022 prevede l’incremento delle vendite dei SUV del marchio Jeep, utilizzato come ariete per sfondare nel mercato americano. L’obiettivo è arrivare alla fine dei prossimi quattro anni attestandosi tra i grandi produttori di questo segmento d’auto. Maserati, invece, punta a mettere in circolazione 100.000 vetture entro il 2022, lanciando la sfida ai marchi Porsche e Tecla grazie anche all’appeal generato dalla fornitura di motori da parte della Ferrari. Dal canto suo, FIAT abbandonerà completamente la produzione di auto diesel. Resteranno in produzione solo i modelli Panda e 500, con il pensionamento della Punto e della Tipo.

Marchionne ha inoltre affermato che FCA investirà 9 miliardi di dollari sulle motorizzazioni elettriche delle proprie vetture, annunciando l’arrivo della FIAT 500 Giardiniera elettrica anche per il mercato italiano.

La notizia è sicuramente positiva dal punto di vista della riconversione industriale del gruppo ma, considerando i ritardi che FCA sconta nel settore, soprattutto se si fa un confronto con i produttori asiatici, appare dubbio che questi investimenti annunciati portino dei frutti già alla scadenza del piano nel 2022.

Inoltre, quello dell’elettrico è un mercato con ancora scarsa attrattiva negli USA (terreno di conquista prediletto per Marchionne), anche in virtù delle politiche energetiche sostenute dal presidente Trump. Inoltre, se davvero l’obiettivo è quello di crescere nel settore delle vetture elettriche, non si spiega la possibilità paventata di vendere la Magneti Marelli, gruppo che ha raggiunto risultati importanti proprio a partire dal motore elettrico e il disinteresse totale per la produzione di mezzi per il trasporto pubblico.

Tirando le somme di quanto dichiarato, le buone notizie riguardano esclusivamente gli azionisti di FCA, per i quali si prevedono dividendi per circa sei miliardi di dollari nei prossimi quattro anni. Nulla, infatti, è stato detto in merito all’attribuzione dei modelli con gli stabilimenti e la piena occupazione delle fabbriche italiane, senza alcuna precisazione in merito, è prevista solo per il 2022. Pur annunciando di voler tenere aperti i poli di Pomigliano e Mirafiori, Marchionne non ha proferito parola sulle migliaia di operai in cassa integrazione o a lavoro con contratti di solidarietà.

Se FCA può annunciare alla fine del mese il rientro dal debito, tanto lo deve anche agli operai che negli ultimi anni, dopo aver digerito un piano industriale lacrime e sangue, hanno mantenuto ritmi produttivi altissimi e hanno compromesso la loro salute, ritrovandosi come “premio” stipendi da fame e la delocalizzazione della produzione in Polonia della Panda, di gran lunga il modello più venduto dal gruppo.

Anche a fronte di ciò la FIOM, a margine del Capital Market Day di Balocco, ha diramato un comunicato stampa in cui ha espresso forti preoccupazioni sul futuro di Pomigliano e Mirafiori, lamentando una scarsa attenzione sugli investimenti in salari e condizioni lavorative in tutti gli stabilimenti del gruppo FCA. Dal sindacato dei metalmeccanici arriva la richiesta precisa di un tavolo nazionale per affrontare il tema della transizione dalle attuali produzioni a quelle annunciate dal piano di Marchionne, cercando di capire anche che fine faranno gli operai FCA e dell’indotto impegnati nella produzione di motori diesel.

Ancora più duri i SI COBAS FCA, i quali non si spiegano come sia possibile che tutti gli altri sindacati si apprestino a fare pressioni sul governo affinché eroghi ulteriori ammortizzatori sociali, senza che nessuno chiami gli operai alla mobilitazione. Anni di sacrifici hanno portato solo licenziamenti, cassa integrazione, contratti di solidarietà e salute compromessa, oltre alla perdita di circa 4.000 euro di salario negli ultimi dieci anni.

Insomma, com’era prevedibile, a fare festa dopo le parole di Marchionne a Balocco sono solo gli azionisti del gruppo FCA. Per gli operai, invece, in arrivo altri quattro anni di incertezze e di annunci mirabolanti, senza uno straccio di rassicurazione sul loro futuro lavorativo. Sono bastati l’azzeramento del debito e gli annunci di investimenti sull’auto elettrica e sui marchi di lusso per far passare in secondo piano dieci anni di smantellamento dei diritti dei lavoratori.

“Una cravatta ben annodata è il primo passo serio nella vita”, ha detto Marchionne all’inizio del suo discorso, citando Oscar Wilde e lasciando intravedere l’accessorio da sotto la zip del maglione. Una frase portata come esempio per festeggiare una nuova stagione per FCA, fatta di traguardi di bilancio, cospicui dividendi e lucrose prospettive. Solo che quella cravatta, sinonimo di guadagni per gli azionisti, continua ad essere un cappio al collo degli operai.

Mario Sica

Quotidiano indipendente online di ispirazione ambientalista, femminista, non-violenta, antirazzista e antifascista.

5 Commenti

  1. signor Sica, la strategia di rafforzamento di FCA non è solo una scelta ma anche un imperativo necessario.
    Senza Marchionne Fiat sarebbe fallita (FCA Italia perde soldi ancora oggi) e senza la coraggiosa impresa americana non ci sarebbe più alcun lavoratore italiano nel gruppo.
    Questa strategia ha consentito di produrre nuovi modelli venduti anche negli USA (Renegade , Alfa e Maserati) con margini decenti.. Purtroppo non è più possible , nel mercato aperto, produrre modelli di massa in un paese come l’Italia… i ncosti sono troppo alti… un paese ricco può solo produrre beni di lusso.. questa è la regola del mercato globale…

    • Sig. Gianni parlare a certa gente è fiato sprecato e sa perchè ? Loro lo sanno benissimo ma gli piace fare i fighi col sedere altrui. Molto semplicemente. Sono dei disoccupati mentali in cerca d’autore. Roba da dinosauri. Libero pensiero per libero pensierio: io esprimo il mio.

  2. Marchionne uomo di finanza ma alla fine la FIAT,LANCIA,CRYSLER spariranno e migliaia di operai staranno a casa.Sembrava che la FIAT in USA dovesse spopolare invece fiasco totale.Stessa cosa in CINA.Marchionne non ha ancora capito che i padroni del mercato sono i tedeschi .

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