336 voti a favore, 300 contrari, 13 astensioni. Così si conclude, almeno per ora, il lungo e tortuoso iter legislativo che ha visto protagonista la legge sul ripristino della natura. Nata all’interno del Green Deal, pacchetto di norme che la Commissione Europea ha proposto per combattere il cambiamento climatico, la Nature Restoration Law ha come obiettivo quello di rendere vincolante l’adozione di misure volte a ripristinare – entro il 2030 – il 20% del territorio terrestre e marino dell’Unione Europea, per poi estendere le misure di tutela a tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050.
Da realizzarsi attraverso l’implementazione di specifici target, la legge sul ripristino della natura risulta particolarmente ambiziosa, soprattutto se si considera che secondo l’Agenzia europea per l’ambiente circa l’81 per cento degli habitat naturali in Europa versa in cattive condizioni. La proposta, dunque, si inserisce all’interno di una situazione emergenziale e intende consentire all’Unione di agire in modo rapido ed efficace per garantire la tutela della biodiversità e la resilienza della natura in tutte le zone terrestri e marine del suo territorio attraverso il ripristino degli ecosistemi, concorrendo così al conseguimento degli obiettivi europei in materia di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici e contribuendo altresì al rispetto degli impegni internazionali.
Perché è importante prendersi cura degli ecosistemi
Il ripristino degli ecosistemi è, infatti, in cima all’agenda internazionale, ma malgrado iniziative del calibro della convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta contro la desertificazione, dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e, ancora, del decennio delle Nazioni Unite per il ripristino, la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi procedono a un ritmo a dir poco preoccupante. Una preoccupazione che investe molteplici aspetti della nostra esistenza: questo fenomeno, infatti, non è una minaccia solo per le specie animali e vegetali che vivono al loro interno (cosa che di per sé dovrebbe risultare già abbastanza grave da indurci ad agire), ma è un rischio anche per la nostra salute come gli anni della pandemia dovrebbero ormai, nostro malgrado, aver insegnato. Inoltre, ecosistemi in buono stato di salute garantiscono sicurezza alimentare, acqua pulita, pozzi di assorbimento del carbonio e protezione dalle catastrofi naturali provocate dai cambiamenti climatici. Per dirla in altri termini, quindi, sono imprescindibili per una buona qualità della vita e anche per la prosperità del settore economico visto che, per fare solo un esempio, l’erosione del suolo costa ogni anno all’Unione Europea 3 milioni di tonnellate di grano e 0,6 di mais. Per restare in tema, si può anche pensare alle stime secondo le quali per ogni euro investito nel ripristino della natura ne saranno generati da 8 a 38 in benefici economici.
Chi si oppone alla Nature Restoration Law
A fronte di questi e altri benefici, quindi, ci si sarebbe aspettato un consenso pressoché unanime sulla legge sul ripristino della natura. E invece, ancora una volta, a tenere banco sono stati gli interessi economici di alcune associazioni di categoria come quelle di agricoltori e silvicoltori e le manovre politiche di chi – per garantirsi il consenso dell’elettorato agricolo in vista delle elezioni europee del 2024 – si immola a combattere battaglie ideologiche che mettono a repentaglio la sopravvivenza del nostro stesso pianeta.
Sono stati soprattutto le destre e gli esponenti del Partito Popolare Europeo (PPE) ad aver portato avanti la battaglia contro la Nature Restoration Law, che a loro dire metterebbe in pericolo le catene di approvvigionamento europee, ostacolerebbe il lancio delle rinnovabili e, soprattutto, rischierebbe di far aumentare i prezzi dei prodotti alimentari minacciando i mezzi di sostentamento di agricoltori e pescatori. Come ha sostenuto il capo del PPE, Manfred Weber:
«Lo strumento principale proposto dalla legge è quello di ridurre le aree produttive di terreni, foreste e mare per consentire il ripristino, un’idea che esiste già nella politica agricola comune, chiamata “set-aside”, e che obbliga gli agricoltori a non utilizzare il 4% della loro terra per consentire il recupero della natura. I risultati della messa a riposo sono positivi per la natura, ma riducono anche la produzione alimentare che fa salire i prezzi. In effetti, abbiamo immediatamente messo in pausa il set-aside quando l’invasione russa dell’Ucraina ha minacciato la sicurezza alimentare globale. I nostri agricoltori dovrebbero produrre il più possibile per aiutarci ad assorbire le conseguenze negative della guerra. Meritano la nostra gratitudine, non le nostre critiche».
Particolarmente contestata, dunque, è stata la disposizione secondo cui sarebbe necessario ripristinare almeno il 10% della superficie agricola totale, una circostanza che per i detrattori della legge sul ripristino della natura non può che tradursi in una perdita di spazio e produttività. Secondo gli ambientalisti, però, «una gestione più ambientalmente sostenibile […] dell’agricoltura, è l’unica strada per avere una produzione redditizia e capace di assicurare profitti duraturi alle aziende».
Il lungo iter della proposta di legge sul ripristino della natura
Eppure – a dispetto di quanto sostenuto all’unanimità da ambientalisti e scienziati, che hanno accolto con favore la Nature Restoration Law – il PPE ha presentato una mozione per bocciare la proposta di legge nella sua interezza. Mozione che, a seguito della spaccatura verificatasi nella Commissione ambiente lo scorso 15 giugno, non è passata. Così come non è andato a buon fine il nuovo tentativo compiuto dal PPE per non far approvare la legge. Contro ogni previsione, infatti, il partito non ha votato in modo compatto e 21 eurodeputati si sono espressi a favore, rompendo con la linea ufficiale del Partito Popolare Europeo e mettendo in discussione anche la possibile alleanza con le destre in vista del voto del prossimo anno.
Buone notizie, quindi, per il futuro di biodiversità ed ecosistemi e per l’integrità del Green Deal, sebbene la vittoria sia stata parzialmente mutilata. Come si legge sul sito del Wwf: «per raggiungere un compromesso, i deputati al Parlamento europeo hanno sacrificato molti impegni e obiettivi qualificanti, arrivando ad approvare una posizione sostanzialmente più debole rispetto alla proposta originaria della Commissione».
Una circostanza che, se non deve inficiare il traguardo faticosamente raggiunto, nemmeno deve farci perdere di vista la nostra incapacità, quando si parla di ambiente, di fare fronte comune. Agricoltori contro ambientalisti, breve termine contro lungo termine, interessi economici contro salvaguardia del pianeta: finché lasceremo campo libero alla logica delle opposizioni non ci sarà legge che tenga per tutelare la nostra Terra.
Virgilia De Cicco
Anche questa spiaggia dovrebbe essere ripristinata.
https://www.agoraregionelazio.com/terracina-distesa-di-sassi-al-posto-della-rena-dorata/
All’inizio degli anni 2000, grazie ai voti di residenti fatti venire dalla terra dei fuochi,
le destre hanno preso il potere al comune, iniziando una cementificazione selvaggia, il consumo di suolo con discariche, e uno scellerato ripascimento della spiaggia
che ha sempre avuto sabbia fine e dorata, con sacchi di brecciolino che inizialmente hanno distrutto l’habitat naturale delle piante di duna sabbiosa, propagandosi ovunque. Come se fosse arrivata l’invasione dei barbari che da allora non se ne sono più andati. Corrompendo e comprando i silenzi di una cospicua parte della popolazione, si è instaurato un sistema di tipo mafioso che fa scappare all’estero i giovani che lo rifiutano. Il sindaco che governava allora era Nardi, e il prefetto Frattasi, sollecitato ripetutamente a prendere provvedimenti dall’Associazione Antimafia e altre autorità, rimase immobile. All’epoca c’era Berlusconi al governo centrale e Alfano che avrebbe dovuto intervenire. Oggi sono ancora là. Continuano imperterriti a cementificare estirpando alberi secolari e instaurando il mercato delle coscienze di cui molti hanno fatto a meno.
Alle prossime elezioni, è meglio andare a votare per il proprio gatto che astenersi.