Wonder, nelle sale italiane dal 21 dicembre, è quel tipo di film che dovrebbe essere mostrato ai giovani – non – come una lezione di vita su come comportarsi con persone che possono sembrare diverse e con quelle meno fortunate. La pellicola trasmette un messaggio meraviglioso sulla tolleranza, l’accettazione, la comprensione e il rispetto. Chiaramente non tutti potranno cogliere questi valori, molto è dovuto anche alla sensibilità che varia da spettatore in spettatore.

Troppo spesso i film che offrono tali valori sono presentati in maniera troppo esigente, Wonder per fortuna non è uno di quei film. Il regista Stephen Chbosky (regista di “Noi siamo Infinito”) riesce a toccare alcuni punti molto importanti senza sacrificare gli elementi di intrattenimento, grazie ad una sceneggiatura abilmente adattata dal best-seller di R.J. Palacio e un cast (un’ottima Julia Roberts) in grado di offrire momenti emotivi senza andare mai sul “melodrammatico”.

Auggie – Jacob Tremblay – non è mai andato a scuola, ha trascorso la sua giovane vita tra casa e ospedali ed ha ricevuto un’istruzione privata da parte della madre (Julia Roberts). Ciò a causa della deformazione fisica dovuta alla sindrome di Treacher Collins che gli ha deformato i lineamenti facciali causandogli non pochi problemi.

La storia non cade mai nel surreale e non si addentra nei particolari della sua patologia o delle 27 operazioni chirurgiche che il bambino è stato costretto a subire, non tanto per correggere il suo aspetto ma per poter assicurargli le funzioni vitali. Infatti il regista Stephen Chbosky impronta quest’ultima sua opera sulla positività della famiglia Pullman e sul loro modo di affrontare le numerose difficoltà, degne sicuramente di nota.

Dopo diverse discussioni familiari, i genitori e la sorella (Izabela Vidovic) – anche reduce delle “disattenzioni” dei genitori – decidono che la scuola media sia il posto perfetto per Auggie per iniziare a frequentare le lezioni con altri bambini della sua età.

Tutto il loro sostegno è necessario affinchè Auggie affronti le provocazioni crudeli di molti dei suoi compagni di classe, anche perché i giovani temono che le sue condizioni mediche possano essere contagiose. Il trattamento brutale e meschino al quale Auggie è sottoposto raggiunge un livello così alto da essere considerato come la peggiore forma possibile di bullismo.

L’unica speranza è che Auggie possa conquistare la fiducia – e quindi l’amicizia – di alcuni compagni di classe. Ciò accade con Jack (Noah Jupe), dall’essere un semplice compagno di studi diventa una figura importante per Auggie, un vero amico insomma.

Assumere un ruolo del genere – che richiede così tanto lavoro di trucco – potrebbe essere una sfida anche per l’attore più arguto ed esperto, Jacob, invece, interpreta il ruolo di Auggie con una tale naturalità che risulta facile dimenticare che questo sia realmente un attore con “trucco e parrucco”. La sua performance sembra reale soprattutto perché Jacob riesce a superare la frustrazione, il dolore e la felicità che un bambino dovrebbe avere in questo tipo di situazione, indipendentemente dalla condizione medica; non interpreta Auggie come un ragazzo “diverso” bensì come un ragazzo forte, che cerca di affrontare le paura della vita, un messaggio d’ispirazione rivolto a tutti.

Se Wonder fosse stato “solo” la storia di un ragazzo con deformità facciali e delle persone che lo circondano, sarebbe stato un racconto a tratti banale, forse anche divertente, ma qui c’è molto, molto di più; il film e la storia in sé offrono uno sguardo più ampio su cosa vuol dire essere diversi e non essere accettati, sull’essere respinti, isolati.

Ciò che vediamo al cinema è davvero così lontano dalla realtà o da quello che accade nella maggior parte delle scuole del nostro Paese?

Il trattamento al quale queste persone sono soggette, a lungo andare, può portare ad uno stato di depressione, instabilità psicologica ed emotiva. Questi fenomeni coinvolgono ragazzi con atteggiamenti fortemente negativi che vanno a discapito di compagni che, spesso, hanno l’unica colpa di essere diversi.

Il bullo si ritiene un leader e affinchè possa comandare avrà sempre bisogno di qualcuno più debole di lui. Ma cosa si cela dietro questa figura? Spesso si tratta di ragazzi con gravi problemi che vedono nella violenza un modo per sfogarsi e per evadere dalla loro triste realtà.

Purtroppo mettere fine ad azioni di questo genere risulta quasi impossibile; il problema dovrebbe essere affrontato su più livelli e contesti; dovrebbero essere gli educatori, gli insegnanti e i genitori a mostrare ai ragazzi i veri valori insegnando loro che la violenza – fisica e morale – verso gli altri non è cosa degna delle persone civili.

Tale pellicola, oltre che ad emozionare, insegna.

Giuseppe Palladino

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