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Partiamo da un presupposto: la propaganda non è sbagliata. Gli slogan, le frasi a effetto, sono efficaci nell’azione politica quanto (e più) di una buona legge o di un buon provvedimento economico. Bisogna saper comunicare, oltre a saper fare. Certo, poi però è fondamentale anche saper fare. E allora come si traducono in azione gli slogan di questo governo? Andiamo a vedere la realtà dietro la propaganda di Salvini e Di Maio.

Di Maio: “La Francia colonizza l’Africa con il Franco CFA”

Ha fatto molto scalpore, qualche giorno fa, l’accusa rivolta dalla sponda pentastellata del governo e dal suo leader, Luigi Di Maio, alla Francia, che sottometterebbe economicamente le nazioni africane che adottano il Franco CFA.

Il j’accuse portato avanti dal M5S, con tanto di banconota mostrata da Di Battista – e, contemporaneamente, dalla Meloni – in diretta televisiva, può essere meglio compreso se affiancato alla ricostruzione fatta da Piazzapulita del dialogo Conte-Merkel, in cui il premier italiano afferma «il nostro amico è la Germania. Quindi, dobbiamo fare campagna elettorale contro la Francia». E quale campagna migliore può esserci rispetto a uno slogan che affermi che è la Francia ad affamare l’Africa, addossandole quindi indirettamente la colpa dell’imponente fenomeno migratorio in atto?

Alessandro Di Battista a Che tempo che fa sventola una banconota da 10.000 Franchi CFA

Ma la realtà dietro è ben altra. Il Franco CFA è una moneta – anzi due, il Franco dell’Africa Occidentale e quello dell’Africa Centrale – che accomuna quattordici paesi africani. Come tutte le monete uniche ha i propri vantaggi e i propri svantaggi: limita la crescita dei paesi che la adottano non permettendo di rivalutare l’export, ma li protegge da sconvolgimenti di mercato ai quali sarebbero sottoposti paesi, come questi, spesso caratterizzati da instabilità politica ed economica.

I risultati dei paesi che lo adottano sono altrettanto altalenanti: ad esempio, se Senegal e Costa d’Avorio sono tra le migliori economie del continente, Guinea Equatoriale e Repubblica Centrafricana invece arrancano. La crescita economica di queste nazioni dipende quindi in maniera molto superficiale dall’adozione del Franco CFA. E soprattutto, non riguarda in alcun modo i flussi migratori: delle 23mila persone sbarcate in Italia nel 2018 solo 2mila provenivano da paesi che usano il Franco CFA, il quale peraltro non è in uso nei tre Stati dai quali partono più persone: Sudan, Eritrea e Nigeria.

Salvini: “Con noi sono diminuiti i morti in mare”

Dall’altro versante del governo, la grancassa della propaganda batte ovviamente sul tema che ha fatto le fortune della Lega: l’immigrazione. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini spopola su tutte le reti televisive italiane, che ormai se lo contendono, e spesso porta con sé dei fogli per fornire dati e numeri ai suoi telespettatori. L’affidabilità di quei numeri, però, è tutta da vedere.

Matteo Salvini, a Porta a porta, mostra un cartello con i presunti numeri dei morti in mare negli ultimi anni. Falsi. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Salvini infatti ha ragione a intestarsi il calo del 74% degli sbarchi – anche se in realtà il crollo avviene nel luglio 2017 dagli accordi di Minniti con la Libia, ma dall’arrivo al governo di Salvini il numero è ulteriormente sceso –, che passano dai 119mila del 2017 ai 23mila del 2018. Ma sbaglia quando afferma che con il suo operato la mortalità in mare è calata, e nell’immagine mostrata a Porta a porta afferma una vera e propria menzogna.

Secondo il rapporto Viaggi disperati dell’UNHCR, i morti in mare nel 2018 sono circa 2.275. Ben più rispetto ai soli 23 segnalati dal Ministro dell’Interno. E secondo il rapporto ONU sulla Libia, il tasso di mortalità in mare sarebbe addirittura aumentato: nel 2017 1 migrante su 43 ha perso la vita (2,4%), nel 2018 – almeno fino a settembre – il tasso di mortalità è salito al 5,4%, con un migrante morto ogni 18.

Salvini in questo caso gioca consapevolmente con i numeri: i dati sugli sbarchi sono certificati dal suo Ministero, motivo per cui non può permettersi – e neanche ne ha bisogno, visto l’effettivo calo degli sbarchi – di “truccare” i numeri. Il calcolo dei morti in mare risulta invece più difficile, ed è affidato a organizzazioni internazionali che però nell’immaginario di Salvini e dei suoi elettori continuano a perdere di credibilità, trovando quindi campo aperto per una interpretazione “libera”, quando non sfacciatamente falsa, dei numeri.

I danni degli slogan e della propaganda di governo

Le conseguenze di queste frasi dette “alla leggera” dal governo sono sotto gli occhi di tutti: Di Maio, dopo lo scontro sul Franco CFA e dopo aver incontrato più volte i presunti “capi” del movimento dei gilet gialli, ha causato uno scontro diplomatico con la Francia che ha portato Macron a ritirare l’ambasciatore francese in Italia; Salvini vive un’impennata nel consenso, direttamente proporzionale però all’aumento della mortalità in mare (l’ultimo naufragio, a metà gennaio, ha provocato 170 morti) e delle torture che subiscono i migranti in Libia– due fenomeni che la propaganda leghista riesce a far passare sotto traccia.

Se a questi aspetti aggiungiamo gli slogan riguardo a un “prossimo boom economico” (Di Maio) e a un 2019 che “sarà bellissimo” (Conte), che hanno poi trovato adeguato riscontro nelle previsioni di crescita della Commissione Europea – crescita del PIL italiano nel 2019 prevista allo 0,2%, nettamente la più bassa in Europa –, ecco che viene fuori il progetto complessivo dietro alla propaganda di governo: minimizzare i problemi e, qualora non sia possibile minimizzarli, addossarne la colpa a un “nemico” esterno (la Francia per il M5S, i migranti per la Lega).

Le stime della Commissione Europea sulla crescita del PIL dei paesi UE per il 2019

Quanto ancora potrà andare avanti questa strategia?

Di certo gli effetti negativi non si faranno vedere prima delle Europee: in quest’ottica si inserisce la decisione di far partire già nella prima manovra, seppur in forma ridotta, Quota 100 e Reddito di cittadinanza (che guarda caso dovrebbe essere distribuito da aprile, un mese prima delle elezioni).

Probabile che dopo le elezioni di maggio, e sull’onda lunga di un possibile – se non probabile – successo delle compagini di governo, per la resa dei conti si debba arrivare alla prossima legge di bilancio: quali saranno gli assi che potrà calare il governo, una volta giocati quelli dei principali provvedimenti del programma elettorale? E soprattutto, come faranno gli slogan e la propaganda a nascondere i 23 miliardi di clausole di salvaguardia da disinnescare per scongiurare l’aumento dell’IVA?

Perché se c’è un antidoto alla propaganda di Salvini e Di Maio, sono i numeri. E i conti, prima o poi, tornano.

Simone Martuscelli

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