Quando si parla di diritti d’autore in Italia, l’accostamento più intuitivo e immediato è quello con la Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE), l’impresa di intermediazione che sino allo scorso 10 aprile ha beneficiato di una sorta di monopolio nella gestione delle autorizzazioni all’utilizzazione delle opere intellettuali.

In quella data, infatti, è scaduto il termine per il recepimento della Direttiva 2014/26/UE, con cui l’Unione Europea ha inteso riformare la materia, liberalizzando il mercato.

È opportuno precisare che le direttive comunitarie vanno inserite nella categoria delle fonti di diritto con efficacia vincolante per gli Stati membri, che saranno obbligati a raggiungere il risultato richiesto dalla norma, rimanendo liberi di scegliere la forma e i mezzi di attuazione.

In particolare, la Direttiva in parola contiene i requisiti necessari per:
a) garantire il buon funzionamento della gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi, da parte degli organismi di gestione collettiva;
b) la concessione di licenze multiterritoriali, da parte di organismi di gestione collettiva dei diritti d’autore, per l’uso online di opere musicali.

Dopo una serie di “considerando” volti a giustificarne la ratio normativa, il secondo comma dell’articolo 5 della Direttiva stabilisce che «i titolari dei diritti hanno il diritto di autorizzare un organismo di gestione collettiva di loro scelta a gestire i diritti, le categorie di diritti o i tipi di opere e altri materiali protetti di loro scelta, per i territori di loro scelta, indipendentemente dallo Stato membro di nazionalità, residenza o di stabilimento dell’organismo di gestione collettiva o del titolare dei diritti».

Più Europa, dunque, e meno esclusiva per quelle società nazionali, come la SIAE, che da oggi in poi dovrà concedere ad autori ed editori sinora rappresentati la facoltà di servirsi di un diverso organismo di gestione collettiva dei diritti d’autore, anche se questo non ha sede in territorio italiano.

Il ritardo con cui il nostro Paese ha recepito – o meglio, non ha recepito, rendendo direttamente applicabili alcune disposizioni della norma – la Direttiva ha di fatto perpetuato il regime di favore per la SIAE, che adesso, tuttavia, dovrà fare i conti con la nuova disciplina.

A cominciare dal rapporto con gli associati, dal momento che uno dei nuovi obblighi è proprio quello di convocare, almeno una volta all’anno, un’assemblea generale, che avrà il potere di pronunciarsi, fra le altre cose, sulle modifiche statutarie, la destinazione delle somme non distribuibili e le politiche di reinvestimento dei proventi. Un sostanziale cambio di rotta, se si pensa che l’ultima assemblea sociale è stata convocata nel 2013, in occasione dell’elezione dell’allora Presidente Gino Paoli.

Oltre alla già citata liberalizzazione, la nuova parola chiave in tema di gestione dei diritti d’autore sarà trasparenza, visti i numerosi obblighi di informazione e pubblicità di bilancio che la Direttiva prescrive per le società di intermediazione.

In altre parole, è in corso un vero e proprio stravolgimento della materia, in primo luogo con la possibilità di scelta, da parte degli autori e degli editori italiani, di proseguire il proprio rapporto con la SIAE o, al contrario, di decidere di affidarsi a un nuovo intermediario, sito in territorio straniero ma comunque entro i confini continentali, o anche di gestire i propri diritti in autonomia, liberi da un giogo che l’UE considera superato dalle nuove esigenze dell’Europa unita.

Carlo Rombolà

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