dark 3 recensione
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La recensione di Dark 3, la serie tedesca prodotta da Netflix e ideata da Baran bo Odar e Jantje Friese. Un prodotto che è stato in grado di appassionare il mondo con i suoi enigmi sul tempo e indagando i presupposti dell’esistenza umana. Così come fece un certo Lost qualche anno fa.

E se fosse soltanto un sogno?

Dark è riassumibile in questa frase pronunciata da Jonas, uno dei suoi protagonisti. In effetti la serie tedesca prodotta da Netflix ha una robusta traccia onirica e propone una storia dai contorni narrativi e visuali volutamente indefiniti che lo spettatore deve ricostruire con un immane sforzo deduttivo.

dark 3 recensione
Dark 3 – Jonas e Claudia tentano di risolvere il mistero

La serie è arrivata alla sua conclusione con la terza stagione. Avrebbe potuto continuare spinta dal successo ma ha avuto il coraggio di non farlo – una rarità nel mondo intrattenitivo-commerciale di oggi. E in effetti, con questo terzo atto, il cerchio di Dark si chiude definitivamente, tutti gli enigmi, almeno i principali, sono chiariti. É stato un disvelamento lento ma appagante in quanto, in poche ore, la serie prodotta da Baran bo Odar e Jantje Friese, è riuscita a creare una mitologia e un ciclo narrativo solido in grado di appassionare i fan di tutto il mondo, generando dibattiti e speculazioni nelle community di ogni angolo di web.

Dark è il nuovo Lost?

In tutti, infatti, in chiusura di ogni episodio si chiedevano “e ora?”.
Ricordare una serie che ha generato gli stessi dubbi è un attimo. Il sentimento di attesa, di eccitazione della scoperta, è lo stesso che generava Lost, la serie di J.J. Abrams, prodotto seminale per quanto riguarda il media televisivo.
La differenza sta nel metodo di somministrazione dei due prodotti: Lost seguiva i tempi classici televisivi rilasciando una puntata ogni settimana mentre, nel mezzo, prendeva voce il trambusto generato dal fandom che portava avanti speculazioni di ogni genere con teorie, confronti, spunti sull’episodio che sarebbe seguito. Con Dark 3 questa tendenza è stata più sfasata. Nella logica del binge watch, dove l’utente può fare scorpacciata di puntata una dietro l’altra e non deve sottostare al timing imposto dall’emittente, gli utenti si dimenano fra spoiler di ogni angolo e cercano vagamente di discutere sui risvolti degli episodi, non in piena sincronia, ma condividendo lo stesso fervido sentimento di base di eccitazione e curiosità.

punto netflix

Eppure, nonostante il binge watch, questo fenomeno partecipativo non è morto, perché Dark, con i suoi piccoli e grandi misteri, ha coinvolto solitariamente gli utenti nella risoluzione degli enigmi diventando una matrioska narrativa, un dedalo mistery che, in una logica crossmediale, non si è esaurito ai titoli di coda, ma ha sancito un patto medium-spettatore che trascende il piccolo schermo. Un altro esempio di narrazione estesa che tracima oltre i confini dei fotogrammi che la compongono.
Dark, come Lost, insomma, è l’attrazione di un luna park, una stanza degli specchi, un labirinto che inquieta ma diverte e che richiede la nostra partecipazione per funzionare davvero.

dark 3, Jonas e Martha
Il principio è la fine, la fine il principio.

Dark 3 recensione: nono solo uno sci-fi dal sapore thriller

Ma Dark non è solo uno sci-fi articolato e complesso. É anche poesia, filosofia. Si interroga sulla vita, sui presupposti dell’esistenza umana.
Il tempo e lo spazio sono le due dimensioni protagoniste. i personaggi, Jonas, Martha, i loro doppi, i loro tripli, sono degli strumenti asserviti alle due dimensioni per analizzare le implicazioni filosofiche e romantiche umane in rapporto all’insondabile: il tempo e lo spazio, appunto. Forze cosmiche che l’uomo cerca di imbrigliare, controllare, ma senza successo.
Dark è questo: la formulazione artistica della resa dell’uomo nei confronti dell’universo e delle sue forze dominanti. Il messaggio che traspare dai dialoghi e dagli eventi sembra sottolineare ogni volta la caducità dell’essere umano. Quest’ultimo può sforzarsi oltre i suoi limiti, illudersi di essere il creatore e il dominatore del cosmo, ma le regole non sono sue. Non lo saranno mai.

Dark 3 come è stato? Giudizio e recensione finale

Dark 3 espande ancora di più la mitologia creata nelle prime due stagioni. Non c’è solo un Adam, ovvero un uomo alla base di tutti gli eventi della dimensione che abbiamo conosciuto nella prima stagione ma (anche se telefonato come risvolto di trama) anche un’Eva che viene da un’altra dimensione, questa collegata indissolubilmente alla prima. I due protagonisti, insieme, pur nel loro antagonismo, sembrano determinare i fili della realtà delle due dimensioni. Cercando di ostacolarsi, scontrandosi l’uno contro l’altro, i due non fanno altro che perpetuare quella stessa realtà e i relativi paradossi. La preservano.
Ma non finisce qui. Non ci sono solo i salti temporali e le due dimensioni comunicanti. Ce n’è anche una terza, originaria, chiamata appunto l’Origine, luogo da cui tutto è scaturito e che riafferma il dominio del cosmo sugli uomini. E da lì che Jonas e Martha dovranno ripartire per mettere a posto le cose. Una restaurazione che non significa lieto fine (qui il finale di Dark), perché Dark sa bene che il cosmo non segue una morale o un ordine umano. O meglio, ha un suo ordine, ma questo è incomprensibile agli uomini.

Enrico Ciccarelli

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