Quello delle “salottiere” era un fenomeno assai in voga nel passato, quando il “salotto letterario” era una vera e propria moda: Catherine de Rambouillet ebbe un ruolo centrale in tale contesto.
A partire dal mondo antico nel salotto letterario si sono giocate partite decisive a suon di cultura e politica: il pregio maggiore era la crescita derivante dal confronto interpersonale.
Con “salotto letterario” altro non si intende che un luogo di riunione dove si incontrano periodicamente intellettuali o personaggi di spicco per conversare di argomenti legati all‘attualità culturale e politica. Non rappresenta un’istituzione rigidamente fissata, ma neanche un’attività spontanea ed estemporanea.
La conduzione dello stesso è a cura del padrone di casa: l’anfitrione guida le varie attività e il circolo diventa il luogo eletto per la circolazione del pensiero e la formazione dell’opinione pubblica. Protagonista di queste “tavole rotonde” è la conversazione: all’interno di questi gruppi, a prescindere dalle differenze di ceto, i rapporti sono paritetici.
In tale processo di “sociabilità”, un ruolo di fondamentale importanza è giocato dalle donne. L’emancipazione della figura femminile passa, nell’età dei lumi in particolare, anche attraverso il salotto letterario e specialmente a Parigi, le dame con il loro gusto e la loro raffinatezza, allietano e guidano le riunioni, occupandosi sia della scelta dei temi sia dell’arredamento dei luoghi d’incontro.
Rifiutando la passività di ruolo e la subordinazione rispetto all’uomo, le “salottiere” hanno così modo di esprimersi: nel salotto letterario, mettendo in mostra le proprie doti intellettuali, si fanno portavoce di un riformismo che non riserva più la cultura soltanto all’uomo.
Di spicco in tale contesto è la figura di Catherine de Rambouillet, che apre il famoso salotto letterario ed è la fautrice di un nuovo tipo di socialità. Col suo esempio promuove la préciosité, elevando il suo circolo rispetto alla brutalità della società.
Catherine de Rambouilet e l’Hôtel de Rambouillet
Catherine de Vivonne nasce nel 1588 da Jean de Vivonne, ambasciatore di Francia, e Giulia Savelli, nobildonna romana. Sposa giovanissima il marchese di Rambouillet. Vive negli anni di Enrico IV: è lo stesso sovrano a volere che Catherine, di grande bellezza e raffinatezza, facesse parte del gruppo di nobildonne inviate a Marsiglia a rendere omaggio alla sua consorte Maria de’ Medici.
La società del Louvre, tuttavia, non incontra i gusti raffinati e colti della marchesa de Rambouillet: gli intrighi e i complotti di corte, la volgarità del linguaggio e la grossolanità dei modi, i costumi licenziosi e libertini non sono affini all’animo della donna. Catherine inizia a diradare le sue frequentazioni a corte, ritirandosi piano piano a vita privata.
È così che la marchesa, sentendosi fuori posto alla corte parigina, inizia ad accogliere nella sua dimora, presso l’Hotel de Rambouillet, pochi eletti, dando luogo al suo personale salotto letterario. Qui persone di diversi strati sociali, in particolare donne raffinate e intelligenti, possono incontrarsi e conversare da pari.
Ciò che accomuna i membri del salotto letterario è la politesse, ossia le buone maniere che si esplicitano nell’uso elegante della lingua e nel rispetto per l’altro. Oltre alla conversazione e alla letteratura, negli incontri nel suo salotto letterario si alternano concerti, balli e soprattutto il teatro di cui Catherine è grande estimatrice.
Tra i frequentatori del circolo c’è il poeta Malherbe che conia per la padrona di casa il soprannome “Arthénice”, anagramma del suo nome. Tale pseudonimo sembra richiamare il nome di una dea dell’Antica Grecia: similmente, la marchesa è circondata e ammirata quasi come fosse una divinità.
La Chambre Bleue: il salotto letterario della marchesa
La grande Sala del salotto letterario dove madame de Rambouillet soleva accogliere i suoi ospiti è passata alla storia come chambre bleue, ossia la “camera azzurra” per via dell’arredamento che la contraddistingueva. I colori della stanza sono in contrasto al tradizionale abbinamento rosso e cuoio utilizzato all’epoca per gli interni. È la stessa marchesa ad occuparsi personalmente dell’arredamento della sala; le stanze appaiono accoglienti e decorate con gusto, gli ambienti sono profumati e pieni di fiori: tutto nella casa è un rimando alla personalità sofisticata della marchesa.
Ciò che colpisce maggiormente, tuttavia, è il fatto che il luogo che Catherine adibisce a salotto letterario per riceve gli ospiti è la sua camera da letto: nella “ruelle”, ossia nello spazio tra il letto e il muro. L’alcova perde, quindi, ogni connotato di intimità o erotismo. C’è tanto della marchesa in quel suo rifugio: la chambre bleue è in fondo il luogo in cui Catherine dimentica l’asprezza e la brutalità della vita vera, quella di corte.
Il bisogno è quello di ricreare un mondo a parte: riportare in vita gli ideali della cavalleria e delle buone maniere. Quanto più la corte è corrotta, più la società del salotto letterario di Rambouillet è ricercata. Si delinea così il grande gioco della finzione, al di fuori del quale i protagonisti riprendono la loro vita, fatta di intrighi e conflitti, ma in quella stanza la parola d’ordine è politesse.
E oggi?
Se è vero che il mondo digitale ha azzerato i confini, permettendo la condivisione immediata di opinioni e le proliferazioni di discussioni, forse il limite più grande sta nel “distacco” che tali forme comunicative sembrano suggerire. Il confronto personale, fatto di occhi, sembra essere ancor oggi un momento insostituibile di crescita, in risposta ad un bisogno primordiale di quello che Aristotele definiva “animale sociale”.
Ed ecco che, in virtù di ciò, il salotto letterario sembra in linea con la sociabilità dell’uomo, con la sua necessità di confronto e discussione per la crescita interpersonale: restando, come tale, ancora incredibilmente attuale.
Vanessa Vaia
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