Neanche il tempo di approdare online che il trailer di Aladdin, il nuovo live action Disney diretto da Guy Ritchie, ha scatenato le ire del popolo della rete.
“Il genio non è come mi sarebbe aspettato”, “la CGI fa schifo”, “tono troppo da Bollywood” e queste sono solo una parte delle critiche piovute su quei pochi secondi di clip.
Peccato che tutto questo baccano si basi su un trailer e ciò evidenzi una tendenza ormai strutturata della comunicazione via rete: quella della critica a tutti i costi. Questo è il sintomo esteriore di uno scadimento del linguaggio (e della comunicazione in senso più generale) nella dimensione rete.
L’utente del digitale si è come adeguato a un pattern comunicativo con precise caratteristiche e sue regole: ostilità a priori, tendenza a imporre proprio punto di vista e ad avere di conseguenza l’ultima parola, flame. In tale scenario la critica diventa precoce, a volte senza senso, non ha un’evidenza fattuale e, anzi, ostacola una qualsiasi forma di confronto costruttivo o di semplice scambio.
Senza dimenticare che un tipo di linguaggio sarcastico, sagace e pungente (e di conseguenza di poca apertura verso l’altro) è ormai assurto a modello di comunicazione da plaudire o comunque vincente. La sua esasperazione è il famoso “blastare”.
Prendiamo il trailer di Aladdin e le reazioni da parte del pubblico come esempio di questo degrado della comunicazione digitale, passando in rassegna alcune delle critiche pretestuose che gli sono state mosse:
Il genio di Aladdin non è blu (o è troppo blu)
Nella primissima immagine promozionale diffusa da Enterntainment Weekly, Will Smith, interprete del Genio della lampada, appariva umanizzato senza il canonico colore blu del film d’animazione Disney. Neanche a dirlo si alzò un polverone.
Le obiezioni – tante – furono palesate incuranti del fatto che fosse soltanto una foto promozionale. Difatti nel trailer diffuso pochi giorni fa dalla stessa Disney, il genio fuoriusce dalla lampada nel suo canonico colore, così come tutti auspicavano.
Ma anche una volta accontentati sul colore, il genio non è andato bene al popolo della rete: alcuni lamentano della resa fiacca della CGI, in particolare del volto di Will Smith che sembra “scollato” dal corpo. Anche qui, come prima, ci si dimentica che si tratti di una clip e non sarebbe il primo caso di diffusione di un trailer senza gli ultimi accorgimenti di post produzione che fanno una notevole differenza nel film finale.
Altra critica, molto legata alla prima è quella riguardante il tono da B-Movie del film di Aladdin
B-Movie è un neologismo nato ad Hollywood per indicare: film a basso budget, girato in pochi giorni utilizzando scenografie e costumi di produzioni più costose, spesso riconducibile al cinema di genere.
Diciamo definizione poco calzante: il film costerà 200 milioni circa, decina di milioni più, decina di milioni meno. Le riprese sono iniziate il 6 settembre 2017 ai Longcross Studios nel Regno Unito e si sono concluse il 24 gennaio 2018, e ne sono state fatte di aggiuntive ad agosto 2018.
Questo è il classico esempio di come in molti utilizzino termini per definire una situazione senza conoscere il loro reale significato.
Inoltre, basta un’occhiata veloce al trailer per capire che non si tratti di un B-Movie. Anche le scene che strizzano l’occhio all’approssimazione sono giustificabili in funzione di un progetto che è ancora in fase di rifinitura.
La questione del doppiaggio in Aladdin
La questione del doppiagio è molto dibattuta in Italia da quando le piattaforme streaming hanno educato, soprattutto le nuove generazioni, ad una fruizione audiovisiva basata sui sottotitoli. Il sottotitolo permette infatti di conservare la voce dell’attore originale e quindi inalterata la sua performance. Una questione di fedeltà che ovviamente andrebbe approfondita in altre sedi dato che la traduzione diamesica (dall’orale allo scritto) ha i suoi aspetti negativi. Ma questa è un’altra storia. In ogni caso lo spettatore è diventato di bocca buona in tema di traduzione audiovisiva. Il problema nasce quando si muovono critiche in maniera sconclusionata e aprioristica verso il doppiaggio. Nella fattispecie, nel trailer di Aladdin il doppiatore del Genio non è il solito di Will Smith (Sandro Acerbo ndr). La paura del pubblico è quella di smarrire l’aderenza tra il divo di hollywood e la sua voce italiana. Come se nessuno sapesse che nei trailer – spessissimo – vengono utilizzati doppiatori provvisori in vista di quello ufficiali per il film completo. Insomma, c’è anche qui, chi casca dal pero.
Queste passate velocemente sovraimpressione, sono una parte delle critiche pretestuose che ogni giorno si incontrato per il web, per ogni trailer, per ogni teaser, per ogni anticipazione di un qualsiasi prodotto cinematografico o televisivo, palesate quasi sempre con un tono negativo e maldisposto. Ovviamente il trailer di Aladdin in questo articolo è stato usato come esempio non esaustivo del fenomeno, senza dimenticare che non si portano a favore dello stesso evidenze empiriche. È più un invito alla riflessione, a notare quello accade nel virtuale: basta fare un giro sulle pagine ufficiali di Netflix, o su un qualsiasi portale di cinema per capire di cosa stiamo parlando.
Perché, ad oggi, quando ci si siede davanti al pc, già si sa la guerra dialettica a suon di dardi verbali che si andrà a fare.
Enrico Ciccarelli