Sono tanto semplici gli uomini e tanto obbediscono alle necessità presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare. (N. Machiavelli)

Nel 1986 Filippo Cavazzuti, professore di Scienza delle finanze e Diritto Finanziario nella facoltà di Economia e Commercio di Bologna e Senatore della Repubblica per il gruppo della Sinistra indipendente dal 1983 al 1996, analizzò le affermazioni del Tesoro e della Banca Centrale in merito al dibattito sul debito pubblico le quali oltre che per l’autorevolezza vengono segnalate dal Cavazzuti per una considerazione fondamentale che hanno in comune:

“Il problema della finanza pubblica italiana non consiste tanto nella dimensione assunta dallo stock di debito pubblico, quanto nel fabbisogno primario che si forma in ogni periodo”.

Tuttora ai benefici goduti dai percettori di una spesa pubblica in parte erogata senza copertura si affianca l’accrescimento di una doppia maschera che il nostro Paese sembra indossare.

L’Italia ha due facce. La prima è quella simboleggiata dal debito pubblico che supera i due mila miliardi di euro, considerato da molti non sostenibile e valutato come causa della prossima bancarotta dello Stato e come scrive Domar “che il continuare prendere a prestito si risolva in un debito pubblico sempre crescente è cosa evidente”. L’altro aspetto è, invece, rappresentato dalla ricchezza finanziaria privata delle famiglie che si avvicina ai quattro mila miliardi di euro. Secondo quanto rileva un rapporto dell’Ufficio studi di Bnl riportato da Il Sole 24 Ore la ricchezza mobiliare (conti correnti, azioni, titoli di Stato, polizze, fondi comuni) delle famiglie italiane è salita a 3.858 miliardi di euro. Una analisi effettuata dagli studiosii dell’istituto di ricerca di Credit Suisse, vede l’Italia posizionata al terzo posto con un rapporto ricchezza netta/Pil pari a 5,75 punti: “la ricchezza privata si attesta a $142.000, in rialzo +9,6%. Primo posto Australia, secondo Belgio. I nomi degli altri paesi dietro di noi.” 

debito pubblico ricchezza privata

Tuttavia tale apparentemente idilliaca immagine della situazione delle famiglie italiane ha dei confini molto incerti. Debito pubblico e ricchezza privata sono, in Italia, le due facce della stessa medaglia. Lo Stato si indebita, la popolazione acquista i titoli di un debito elevato e accumula un capitale che é il frutto del debito originario. Il problema fondamentale è l’utilizzo che viene effettuato della ricchezza accumulata: gli Italiani sono dei risparmiatori quindi essa non rifluisce nel cerchio economico dove invece dovrebbe e potrebbe risultare d’aiuto per la situazione economica del nostro Paese. Uno dei principali problemi che Keynes affrontò fu proprio il paradosso del risparmio e del suo effetto negativo sul reddito nazionale.

Se, infatti, le famiglie destinano gran parte del loro reddito al risparmio, questo sarà sottratto all’acquisto di beni e servizi; azione che si traduce in una riduzione di consumi che causa a sua volta una riduzione della produzione delle imprese determinando un calo del livello del PIL.
Gli effetti negativi di un aumento del risparmio sono visibili anche sugli investimenti . Le imprese nel caso di una riduzione dei consumi, tenderanno a rallentare o diminuire il ritmo dei loro investimenti futuri generando, attraverso poi gli effetti del moltiplicatore, un’ulteriore riduzione del reddito nazionale.

Ad aggravare maggiormente la situazione è il calcolo dell’indice di concentrazione della ricchezza che è stato effettuato: solo il 10% della popolazione detiene il 50% di essa.

Beatrice Rossano

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