Emanare un decreto reale che permetterà alle donne di guidare non sarà di certo l’equivalente di stilare una carta costituzionale basata sui principi di democrazia e libertà ma, molto probabilmente, potrebbe rappresentare un piccolo passo verso la parità dei sessi e un grandissimo passo avanti per le donne saudite.
Non sempre guidare riesce a infondere un senso di libertà, soprattutto se sei una donna e il tuo paese è l’Arabia Saudita. Considerate alla stregua di un minore dal punto di vista del diritto arabo, le donne hanno subito, e continuano tuttora a subire, infinite ripercussioni sulla propria pelle a causa della morale che sta alla base della fede islamica, religione ufficiale in Arabia Saudita. Nonostante i recenti risvolti, dettati da motivazioni più economiche e politiche che progressiste, le appartenenti al gentil sesso continuano a dover sottostare a restrizioni e divieti, imposti dagli uomini di potere, ai quali importa poco della libertà e dell’uguaglianza e molto di mantenere alto il valore sul mercato dell’oro nero, sorgente indiscussa dalla quale sgorga tutta l’economia del mondo arabo, andando a dissetare la smania di danaro dei magnati del petrolio in tutto il globo.
Il 27 settembre di quest’anno il re Salmān ha emanato un decreto che permetterà, a partire dal 2018, a tutte le donne saudite di guidare. Quella che potrebbe sembrare un’importante svolta nella storia di questo Paese, l’unico rimasto a vietare ancora alle donne la libertà di mettersi al volante, è in realtà un’astuta manovra politica ed economica.
Il divieto di guidare, rivolto esclusivamente alle donne, era stato introdotto nel 1990, durante la guerra del Golfo e, dal punto di vista dell’ordinamento giuridico nostrano, non poteva neanche essere considerato un divieto legale: non era infatti codificato in alcuna legge ma divenne comunque di fatto politica ufficiale del governo arabo, nonostante a introdurlo fosse stata una fatwa del Gran Mufti, l’autorità religiosa wahhabita più influente in Arabia Saudita.
Cominciò tutto con piccole ribellioni sporadiche di pochissime donne dissenzienti, impavide pioniere che, per ribellarsi all’assurdità di un veto tanto sessista quanto immotivato, montavano sulle automobili dei propri familiari e riuscivano a percorrere distanze quantomeno irrisorie, prima di essere arrestate e trattenute in carcere per settimane dalle autorità.
Con l’avvento dei social e dei canali di YouTube, queste attiviste disseminate in tutto il Paese che ignoravano la presenza le une delle altre hanno iniziato ad aggregarsi e a formare gruppi sempre più numerosi. A partire dal 2011, sulla scia della Primavera Araba, è nata l’Associazione Women to Drive un movimento di donne che hanno lottato attraverso varie campagne di sensibilizzazione, facendosi riprendere in molti video presenti sul web mentre guidavano col vento tra i capelli — o, meglio, col velo al vento —, e invitando le altre donne saudite a fare lo stesso.
Dopo innumerevoli arresti, manifestazioni, iniziative e dopo tutto il manto stradale percorso, queste donne sono riuscite a spuntarla. Galeotte sono state, probabilmente, le condizioni attuali in cui versa l’economia araba che, come ha dichiarato lo stesso ambasciatore saudita a Washington, diventerà maggiormente inclusiva, puntando anche sulle donne, soprattutto a causa della svalutazione del petrolio.
Più che di una vittoria, quindi, potrebbe parlarsi di un pareggio, un risultato che soddisfa entrambe le parti in causa, nonostante gli accesi dissensi dei teologi wahabiti che continuano ad opporsi al via libera delle donne al volante adducendo motivazioni in grado di far impallidire persino l’italianissimo “donne al volante, pericolo costante”. Le donne infatti, secondo quanto sostengono i radicali sunniti, avendo la possibilità di guidare sarebbero indotte più facilmente in tentazione, divenendo un pericolo per gli uomini e per la stabilità del Regno.
Pochi giorni dopo l’emanazione del decreto reale che consentirà alle donne di guidare, il social network Twitter è stato sommerso di testimonianze di tutti coloro i quali attendevano questa svolta da anni. Non soltanto donne, ma anche mariti e padri e fratelli hanno deciso di immortalare la prima lezione di guida impartita alle donne che hanno voluto assaporare questo sprazzo di libertà conquistata. Purtroppo, tali dimostrazioni pubbliche di coloro che si sono schierati dalla parte delle donne hanno ottenuto non poche reazioni di dissenso. Alcune di queste sono state così violente da richiedere l’intervento del Dipartimento contro il Cybercrimine.
È il caso di Faisal BaDughaish, analista in una società di gas e petrolio di Dhahran, che ha postato un selfie insieme a sua moglie intenta a ricevere la sua prima lezione di guida in un parcheggio pubblico, dato che al momento non è ancora possibile per le donne mettersi al volante per le strade cittadine. L’uomo è stato ricoperto di insulti che gli intimavano di «vergognarsi per ciò che stava facendo». Molti di questi insulti si sono trasformati in minacce all’incolumità sua e della sua consorte e sono state avvertite le autorità.
Nonostante la quasi ritrovata possibilità di macinare chilometri di asfalto, per le donne dell’Arabia Saudita permangono ancora innumerevoli divieti.
Analizzeremo di seguito alcune libertà di cui queste donne non possono ancora godere, la maggior parte delle quali sono negate loro a causa del meccanismo del tutoraggio che impone alle donne, per poter compiere determinate azioni, di ottenere una previa autorizzazione da parte del padre o del fratello e, in seguito al matrimonio, del marito.
Divieto di viaggiare
Sembra una contraddizione ma, nonostante l’annunciato imminente rilascio di patenti di guida, alle donne saudite è vietato viaggiare senza l’autorizzazione espressa da parte di un uomo. Sia esso padre, fratello o marito, è necessario chiedere il suo permesso per potersi mettere in viaggio. Di conseguenza, pur avendo, a partire dal 2018, la possibilità di guidare, le donne saudite non potranno ancora avere la libertà di farlo se un uomo esprime il proprio dissenso.
Trovare un lavoro
Anche in questo caso, fino a pochi anni fa, era richiesto il permesso da parte di un uomo prima che una donna saudita potesse accettare un impiego. La situazione è mutata radicalmente nel corso degli ultimi dieci anni, adesso non è più obbligatoria l’autorizzazione da parte di padri o mariti, anche se molti datori di lavoro continuano ad applicare la vecchia usanza richiedendo un nullaosta all’uomo di casa prima di sottoscrivere un contratto di lavoro con una donna.
Divieto di aprire un conto in banca
Altra restrizione alla libertà delle donne in Arabia Saudita è quella che impone loro di richiedere al proprio tutore il permesso per poter aprire un conto corrente bancario. Si presume che, non potendo loro spostarsi liberamente se non in presenza di un uomo ed essendo considerate alla stregua di un minore dal punto di vista dei diritti di cui possono godere, aprire un conto in banca non sia considerata propriamente una necessità. Infatti, sulla scorta degli altri divieti analizzati, le donne saudite potranno aprire un conto corrente solo su espressa autorizzazione di un tutore.
Divieto di parlare con uomini che non siano parenti
Pene molto severe sono previste per le donne che socializzano con uomini non appartenenti alla propria famiglia. Alle donne saudite è proibito avere qualsivoglia tipo di contatto con uomini che non siano parenti, se non vogliono rischiare di finire in prigione.
Divieto di scegliere chi sposare
In Arabia Saudita alle donne non è permesso sposare non-musulmani, sciiti o atei. Data l’importanza che in questo Paese viene data alla religione e dato che la fede permea totalmente il tessuto sociale, politico ed economico, le donne saudite non possono liberamente scegliere il proprio marito.
Divieto di vestire a proprio piacimento
È imposto a tutte le donne di indossare l’abaya, il classico capo d’abbigliamento musulmano. Si tratta di un lungo camice nero che va a ricoprire l’intera figura, compresi piedi e le mani. Molto spesso questo indumento viene abbinato a un velo che ricopre anche il capo, oscurando, a seconda del luogo in cui esse devono recarsi, anche gli occhi.
Divieto di mangiare liberamente in pubblico
Il codice di abbigliamento in Arabia Saudita impone alle donne di non mostrare il proprio volto in pubblico. Di conseguenza, per poter mangiare in un luogo al di fuori delle mura domestiche, esse sono costrette a dover far passare il cibo al di sotto del velo.
Questi rappresentano soltanto una parte esemplificativa delle libertà di cui le donne non possono godere appieno.
Anche la vicenda di Faisal BaDughaish dimostra quanto sia dibattuto e difficile da affrontare il tema delle libertà da concedere al gentil sesso, e conferma quanto ancora sarà lunga la strada da percorrere perché una donna al volante — anche se autorizzata dalla legge — possa guidare senza aver paura di insulti o minacce da parte di coloro i quali vorrebbero conservare le usanze locali.
Ad ogni modo, a partire da giugno 2018 in Arabia Saudita saranno rilasciate le prime patenti con fotografie di donne. Non sarà l’inizio della versione araba dell’On the road di Kerouac, ma è pur sempre un buon inizio.
Sara Cerreto