La disputa intorno al gender non accenna a perdere tono negli Usa, dopo l’approvazione nel North Carolina di un atto legislativo fortemente discriminatorio delle persone transessuali.

La comunità LGBT chiede da tempo agli organi statali prese di posizioni forti in merito al riconoscimento del diritto dei transessuali di svolgere la propria vita a seconda del proprio sesso “identitario”, contestando le limitazioni poste dalla società attuale, che spesso, nella erogazione di servizi, si rifà più propriamente al sesso biologico.
Sebbene l’amministrazione Obama si sia esposta più volte secondo lo stesso orientamento, e il “love is love” con cui il Presidente ha celebrato il riconoscimento dei matrimoni gay ne è la prova, esiste una parte degli Stati Uniti che non vuole riconoscere questi nuovi diritti civili.

Non li riconosce pubblicamente, come testimoniano gli sporadici casi di funzionari che hanno rifiutato di fatto di attenersi alle leggi federali per privati capricci ideologici.
Non li riconosce privatamente, nel caso di quei pasticceri che si rifiutano di vendere la torta nuziale alle coppie gay, o nel caso di chi sceglie privatamente di attuare violenze discriminatorie punibili dalla legge.
Fin qui poco male però, perché se nel primo caso i “ribelli” sono stati sommersi dagli insulti dell’opinione pubblica (ma c’è anche chi li ha appoggiati, come accade in democrazia) e la loro posizione lavorativa è stata sottoposta ad indagine, nel secondo caso lo “smacco” non può ritenersi significativo, e la violenza è sempre formalmente perseguita dallo Stato.

Questo sterile malumore strisciante ha trovato però, in alcuni casi, l’appoggio della classe politica, e secondo un rapporto della Human Rights Campaign Foundation redatto a febbraio, dall’inizio del 2016 a quel periodo erano state già 44 le proposte di legge presentate in tutta l’America per la limitazione dei diritti delle persone transessuali. Queste 44, il più delle volte, sono state accompagnate da argomentazioni poco logiche e prevedono interventi ai limiti dell’assurdo, ma ad essere di fondamentale importanza è che una di queste proposte è diventata legge, ed è entrata in vigore a marzo, nello Stato del North Carolina.
La legge in questione è la HB2 – Public Facilities Privacy and Security Act (atto sulla privacy e la sicurezza nei servizi pubblici), ribattezzata “bathroom law” (“la legge dei bagni”) dagli organi di stampa.
Questa prevede che le persone transessuali possano usufruire unicamente dei bagni pubblici intestati al proprio sesso anagrafico, e dunque uomini diventati donne dovranno recarsi lo stesso nel bagno degli uomini, e viceversa per le donne diventate uomini.
Resta da capire come si svolgeranno gli effettivi controlli per non mancare a questa nuova regola di ordine pubblico: chi sarà a controllare seno e genitali? Siamo forse all’alba di una nuova professione lavorativa.

Ma il controllo anatomico è solo il più “facile” tra quelli previsti dalle proposte di legge sopracitate, quelle che non sono ancora state approvate: basterà dire che si è arrivati addirittura a prevedere un controllo cromosomico.
Tali proposte però non riguardano solamente l’utilizzo dei bagni, ma cercano di limitare la vita della persona transessuale in ogni suo aspetto, ci sono quelle che vorrebbero impedirgli di fare sport di gruppo, quelle che ne eliminerebbero la possibilità di accedere al servizio sanitario nazionale.

Contro questa minaccia alcune fra le più importanti aziende americane hanno cominciato a boicottare l’intero Stato del North Carolina, parliamo di marchi come Apple, PayPal, American Airlines e Red Hat. Soprattutto dal mondo della musica sono arrivate contestazioni importanti al governo locale: Springsteen ha cancellato la sua data in North Carolina, così come Ringo Starr.
La mobilitazione non ha lasciato impassibile Pat McCrory, il governatore repubblicano dello stato in questione, che ha effettuato dunque una parziale retromarcia con un decreto che prevede per aziende e servizi pubblici la possibilità di adesione o meno al Bathroom Act.
Le istituzioni si trovano dunque ora davanti a un bivio: aderire o meno, tenendo presente che aderire comporterebbe la rinuncia ai finanziamenti federali compresi nel Titolo IX, legati alla discriminazione delle persone LGBT.

Valerio Santori
(twitter: @santo_santori)

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