In questa società che potremmo osare definire iper-moderna, sembra essere completamente assente una guida, un padre e proprio oggi, festa del papà, ci viene spontanea questa riflessione. Abbiamo un papà nella nostra società? C’è qualcuno che definisca ruoli, regole, valori?

La tecnologica che tanto ostentiamo come strumento di supremazia sulla natura, che dovrebbe aiutarci a servirci di ciò che ci sta intorno, ci ha in realtà asserviti. La modernità, la tecnica, ci fanno da padre. La modernità ci plasma ogni giorno e guida la nostra vita. La vita va di corsa, come un treno ad alta velocità: siamo macchine da soldi, corpi fatti di ansia e omologazione. Il complesso di Bachelard ci ha impossessati, cerchiamo cioè di sapere quanto i nostri padri e più dei nostri padri. Amiamo ed odiamo il papà-tecnica in un complesso Edipico di assoggettamento.

In tutto questo correre l’uomo è al servizio delle macchine, che sono al servizio dell’economia. Il consumo di cocaina che era prima indice di anticonformismo è divenuto strumento per stare al passo con i tempi e con la velocità della vita. Il corpo è solo uno strumento, che non si ascolta più, non si vive più. Solo i luoghi della psicoterapia sono rimasti come luoghi dell’io. La comunicazione non verbale o verbale è stata sostituita dai social e dai cellulari. Conseguenza di questa situazione è una de-realizzazione che ha portato a vivere una realtà ormai solo virtuale e non reale e una de-socializzazione che sostituisce l’incontro di rete con l’incontro reale.

Altre forti minacce per la nostra società, priva di un ruolo paterno reale e forte, sono il narcisismo dilagante, l’egocentrismo, l’individualismo con alone di isolamento, vanità ed autoesaltazione.

Quello che risulta essere evidente nella nostra orfana società, è la mancanza del senso del limite. Viviamo una società in contrasto con la nostra stessa essenza di esseri limitati che nascono e muoiono. Rifiutiamo l’idea del morire; anche la figura dell’anziano, venerato e rispettato nel passato, è ora visto come peso e scarto sia perché ormai inutile (rallentato dal peso dell’età), sia perché visto come sinonimo di morte e, quindi, volutamente da tenere lontano all’insegna di un delirio di onnipotenza. Nulla ha limite, neanche il godimento. Sempre alla ricerca del piacere, del nuovo, del semplice senza sforzi e grande risultati. Il tutto con una grande insoddisfazione e un grande vuoto esistenziale come conseguenza.

Viviamo in un clima di completo nichilismo, in un’epoca di decadenza e spaesamento. Di disgregazione morale e perdita di valori come lo spirito, i sentimenti, la verità e l’amore. Nulla è più  importante, è tutto argomento di talk-show, nulla è preso sul serio. Il nichilismo porta a fare terra bruciata dentro ed intorno all’uomo. Stiamo accettando, a testa bassa, la perdita del senso d’esistenza rinunciando anche alla ricerca di questo senso. L’uomo sta perdendo sempre più l’anima e sta diventando egli stesso una macchina, un robot.

Sembra chiaro il bisogno e la necessità di ristabilire una figura paterna, di trovare un papà che guidi la nostra società, che ristabilisca il valore delle cose e delle persone, che riporti a galla i valori e trasmetta una sensazione di sicurezza e protezione. Abbiamo bisogno di un padre forte e integro, fermo. Solo così l’uomo tornerà a fare l’uomo; riprenderà a sentirsi e a sentire l’altro; tornerà a comunicare e a incontrare l’altro perché solo dal confronto con l’altro può davvero conoscere veramente se stesso.

Con la speranza di tornare ad essere una società figlia e non più orfana, ricordiamo l’importanza dei padri in un giorno di festa. Auguri a tutti i papà. Passati, presenti e futuri.

Valentina Di Fonzo

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