Oggi, sabato 19 giugno, è in partenza la Balkanroute caravan, una carovana per la libertà di movimento che da Trieste attraverserà stati e confini per giungere fino a Maljevac, sul confine croato-bosniaco. L’obiettivo dichiarato è quello di protestare contro l’esternalizzazione delle frontiere e il rifinanziamento della guardia costiera libica in un luogo dall’alto valore simbolico.
La carovana, a cui parteciperanno circa cinquanta mezzi, ha scelto di puntare l’attenzione sulla frontiera esterna dell’Unione Europea, in quanto la Croazia è il “paese armato e pedina dell’UE lungo la balkanroute nella sporca guerra contro i migranti”. L’iniziativa, promossa dall’associazione Linea D’Ombra di Trieste insieme alla campagna Lesvoscalling, all’associazione Ya Basta di Bologna, al Gruppo Melitea di Roma, a Move to Resist, Officina 31021, al collettivo Über_Grenzen di Vienna, alla Ong Etorri Errefuxiatuak e al collettivo Small Axe, segue in piena continuità la manifestazione del 17 aprile scorso.
Allora, oltre 200 persone si sono ritrovate a Trieste nei pressi del Consolato Croato e al valico di confine di Pesek per denunciare i continui respingimenti, operati anche dall’Italia, e le brutali violenze nei confronti delle persone migranti che percorrono la balkanroute. «Con questa nuova tappa, che si inserisce all’interno di un percorso quotidiano di impegno solidale – affermano gli organizzatori – vogliamo chiedere a gran voce l’apertura delle frontiere, la chiusura di qualsiasi campo di confinamento e la fine delle violenze e dei pushback».
Le realtà promotrici sono organizzazioni antirazziste e antifasciste, gruppi e associazioni impegnate nella solidarietà e nel soccorso civile via terra sulla balkanroute via mare lungo le acque territoriali dell’Europa fortezza. «Vogliamo agire dal basso e in rete a livello europeo – si legge nel manifesto dell’appuntamento – per creare momenti di rottura dell’ordinario e mettere in discussione fino in fondo il passato, il presente e il futuro dell’impianto securitario delle politiche sull’immigrazione. Non possiamo accettare né la politica di esternalizzazione delle frontiere, né quello che si configura come un vero e proprio regime del confine. Saremo fisicamente presenti su quel confine perché è allo stesso tempo simbolo delle politiche europee e dispositivo materiale di contenimento, selezione dei flussi migratori e respingimento verso la Bosnia-Erzegovina.»
«Essere a Maljevac per noi significa essere a Ceuta e Melilla, alle Canarie, a Lampedusa, a Lesvos e Evros. L’Europa e gli Stati membri continuano a sporcarsi le mani di sangue per difendere delle linee immaginarie dall’arrivo di persone, per impedire il loro movimento e negare l’accesso al diritto di asilo. Fanno a brandelli le principali Convenzioni e Costituzioni che sanciscono i diritti fondamentali, compreso quello di migrare. Basano la loro politica su dispendiosi accordi con le peggiori dittature e milizie corrotte, sulla militarizzazione dei confini con l’ausilio di Frontex e scrivono patti per rendere sistematiche la detenzione e le deportazioni.»
Con questa iniziativa le organizzazioni promotrici della carovana intendono capovolgere una narrazione che parla costantemente di emergenza e di catastrofe umanitaria, quasi fosse una calamità naturale, senza individuare le cause e i responsabili che la determinano. «Vogliamo – concludono – che si cambi radicalmente rotta e che si garantiscono i diritti fondamentali e la mobilità a tutte le persone in transito».
Nicolò Di Luccio