«Perceptions are not reality: things are NOT as bad as they seem»
The Perils of Perception 2017
Nel 1895, Gustave Le Bon scriveva: «I soli cambiamenti importanti – quelli che consentono il rinnovarsi della civiltà – avvengono nelle opinioni, nei concetti e nelle credenze» delle folle, la cui potenza è «la sola che non subisca minacce e che veda crescere di continuo il suo prestigio».
Nella folla domina l’anonimato e l’illusione risulta essere più importante della realtà. Non solo, secondo Le Bon, tra le folle, che in quel 1895 facevano il loro ingresso nella storia, prevalgono la suggestionabilità e il contagio mentale.
Questo porta a due considerazioni. La prima è che la massa, intesa come anima collettiva, è determinante per comprendere il presente e il futuro della società. La seconda è che la manipolazione consapevole delle credenze e delle percezioni delle folle tramite i mass media può svolgere un ruolo determinante nel gioco democratico.
Se nel 1895 gli unici mass media erano la carta stampata e il telegrafo, oggi, ancor più dopo l’arrivo di internet e dei social media, è facile capire perché la diffusione di informazioni, immagini e contenuti costituisca il quarto potere della democrazia.
Qualsiasi avvenimento nella società viene percepito in modi diversi da persone diverse, ma, se quello che diceva Le Bon è ancora vero — e lo è, soprattutto in tempi di campagna elettorale —, è importante capire quanto la cittadinanza sia realmente informata su temi “caldi” quali l’immigrazione, i vaccini, il terrorismo, e quanto i mass media contribuiscano a questa informazione.
Quali sono nel 2017 le percezioni del mondo tra la massa degli italiani? Quanto queste credenze si distanziano dalla realtà? I risultati più interessanti arrivano da un sondaggio condotto da Ipsos, società di analisi e ricerche di mercato, in 38 Stati, dislocati in tutti i continenti, per esaminare perché, generalmente, le persone abbiano delle percezioni così disallineate dalla realtà, rispetto a fatti di grande rilevanza per i propri paesi.
The Perils of Perception 2017 (Il Pericolo delle Percezioni) è uscito lo scorso 6 dicembre. Nella prima edizione, quattro anni fa, l’Italia era stata incoronata il paese “più ignorante”. Quest’anno “scende” al dodicesimo posto, restando però prima in Europa.
Dai dati emerge che gli italiani, come molti altri popoli, tendono a vedere la realtà peggiore di quanto non sia. In particolare, il 49% di loro pensa che il numero di omicidi sia aumentato rispetto ai 625 del 2000, quando, in realtà, sono declinati del 39%, arrivando a 397, addirittura il 15% in meno del 2015.
Risultato simile per le credenze riguardanti le vittime italiane del terrorismo: per il 31% degli italiani sono aumentate nei 15 anni successivi all’11 settembre. Ma, anche qui, siamo di fronte a un crollo: tra il 1975 e il 2000 si sono registrati 60 morti per terrorismo, mentre, dopo il 2001, soltanto 4.
E ancora, alla domanda “Nelle carceri italiane, ogni 100 prigionieri, quanti stranieri ci sono?”. Secondo gli italiani, un detenuto su due non è nato in Italia. La realtà, invece, ne registra poco più di un terzo (48% vs. 34).
Quest’ultimo dato, in particolare, si lega al “tasso di immigrazione percepita”: secondo diversi studi, esso varia dal 20 al 30 per cento, declinandosi in diverse manifestazioni di allarmismo. I dati, però, descrivono ben altra situazione: il numero di stranieri presenti in Italia, infatti, corrisponde a circa l’8% della popolazione.
Nonostante si sia registrata un’accelerazione di sbarchi clandestini sulle coste italiane, l’80% dei migranti che arriva in Italia vuole dirigersi in altri paesi. Da questi numeri si capisce che il problema non è, in sé, la presenza di immigrati nel nostro paese, ma riguarda le modalità del loro arrivo. La macchina del fango mossa da alcuni partiti nei confronti dello Ius Soli, intrecciando volutamente la questione della cittadinanza con quella degli sbarchi, ha sfruttato la potenza delle confuse percezioni sul fenomeno.
Nella costruzione di queste credenze, i mass media hanno un ruolo centrale: non solo per la crescente attenzione internazionale rispetto a certe tematiche — l’immigrazione e il terrorismo dopo l’11 settembre o, più recentemente, in seguito all’attentato di Charlie Hebdo —, ma anche per i recenti problemi legati alla verificabilità delle notizie sul web.
L’ultimo rapporto annuale del Censis sulle nuove tecnologie ha evidenziato che più della metà degli utenti di internet ha dato credito a notizie false circolate in rete (“spesso” il 7,4%, “qualche volta” il 45,3%, per un totale pari al 52,7%). Inoltre, quasi la metà dei naviganti tra i 14 e i 29 anni (44,6%) ritiene che l’allarme bufale sia un’invenzione dei giornalisti.
Questo porta non solo a dare più fiducia a fonti inaffidabili o non verificate, ma anche una difficoltà degli organi di informazione ufficiali nel smentire le notizie false.
Questi dati ci riguardano da vicino perché avranno — e hanno già avuto — delle conseguenze molto importanti nella campagna elettorale delle prossime elezioni. Il predominio dell’immigrazione e della sicurezza come temi chiave dei programmi politici, con una virata securitaria da destra a sinistra, confermano che, nel mare magnum del consenso, i partiti politici preferiscono dare credito agli umori della folla più che alla realtà dei fatti.
E se Le Bon auspicava che gli uomini di Stato si sforzassero di conoscere le proprie folle per non esserne governati, oggi le folle sono protagoniste di un nuovo operare politico, dove l’ostinata osservazione dei sondaggi d’opinione e dei dati provenienti dai mass media prende, sempre più spesso, il posto della buona politica.
Rosa Uliassi