«L’Italia possiede nel Cunto de li Cunti del Basile, il più antico, il più ricco e il più artistico fra tutti i libri di fiabe popolari».
Benedetto Croce
Giambattista Basile è uno scrittore unico nel suo genere, acuto osservatore della realtà e ascoltatore attento dei racconti del suo tempo rievocati nelle sue opere. Il suo estro creativo e linguistico trova massima espressione nel capolavoro “Lo Cunto de Li Cunti”, uno dei più importanti riferimenti della tradizione della Fiaba. A quest’opera attingeranno a piene mani i fratelli Grimm, Perrault ed altri nelle rielaborazioni delle più famose fiabe al mondo: Cenerentola, la Bella Addormentata e il Gatto con Gli Stivali tra gli altri.
Le notizie biografiche su Giambattista Basile, in particolare quelle legate alla sua infanzia, sono molto scarse. Alcune fonti collocano la sua nascita intorno al 1566 a Giugliano in provincia di Napoli.
Ben più sicuro è, invece, lo stretto rapporto con la sorella Adriana, cantante nota del tempo, grazie alla quale fu introdotto nei salotti della città e nel 1610 alla corte dei Gonzaga a Mantova. Sarà proprio lei a curare la pubblicazione delle opere di Basile dopo la morte dello scrittore.
Oltre alla vocazione letteraria, Basile dedicò parte della sua vita alla carriera militare. Fu soldato mercenario nelle truppe della Repubblica di Venezia per poi salire di grado come capitano di fanteria.
Durante la difesa dai turchi dell’isola di Creta, divenne membro di un salone letterario dall’eccentrico nome “Accademia degli Stravaganti”. Fu poeta di corte ed organizzatore di balli.
Nel 1608 abbandonerà l’esercito per tornare a Napoli, qui eserciterà differenti attività: scrittore, segretario e amministratore. Grazie ai vari incarichi, Basile conobbe bene il territorio campano, che fu di grande ispirazione per lo scrittore.
Morì a Giugliano di Napoli nel 1632.
Le opere di Giambattista Basile hanno uno stile barocco e sono scritte nel dialetto napoletano seicentesco, lingua antica ed ostica sicuramente di difficile comprensione. L’opera, infatti, ci è nota grazie al lavoro di traduzione fatto da Benedetto Croce. Ambientanti nelle zone confinanti di Napoli, gli scritti di Basile attingono a piene mani al patrimonio della memoria popolare, dalla tradizione orale della fiaba all’elemento magico distintivo di taluni racconti.
Il capolavoro di Basile è “Lo Cunto de Li Cunti”, una raccolta di 50 fiabe divise in 5 giornate, seguendo il modello del Decamerone di Boccaccio: proprio per questo motivo l’opera è anche nota come Pentamerone (dal greco “penta” cinque e “hemeron” giorni).
L’opera è costituita da cinquanta racconti; tra questi la cornice narrativa è il primo racconto (che dà il via agli altri narrati da 10 personaggi in cinque giornate). Protagonista è la principessa Zoza, che non riusciva mai a ridere. Saranno le imprecazioni di una vecchia a farla ridere per la prima volta: la vecchia, sentendosi presa in giro, deciderà di vendicarsi con una maledizione. La principessa non avrebbe trovato pace fino a che non avesse sposato il principe di Caporotondo che giaceva in uno stato di morte apparente, e che poteva risvegliarsi soltanto se una fanciulla fosse riuscita a riempire un’anfora con le lacrime. Dopo anni di ricerche Zoza trova la tomba del principe: in due giorni di pianto riempie quasi al culmine l’anfora per poi svenire stremata dallo scorso. Sarà allora una schiava a giungere sul luogo e a sostiuirsi a lei: con poche lacrime la schiava riesce a risvegliare il principe dal sonno e a farsi sposare. Zoza, quando si risveglia, non trova il principe ma riesce con l’aiuto di alcune fate ad infondere nella schiava il desiderio di ascoltare fiabe. L’incarico di raccontare le novelle viene dato a dieci vecchie, per cinque giorni: ogni donna ha un nome che in dialetto napoletano ricorda il difetto fisico che le contraddistingue; abbiamo Zeza (“sciancata”) e Tolla (“con un grande naso”).Zoza riesce a sostiursi all’ultima novellatrice, raccontando la propria storia. Il principe, venuto in questo modo a conoscenza dell’inganno, condanna a morte la schiava e sposa Zoza.
I racconti contenuti ne “Lo Cunto de Li Cunti” e raccontati nel corso delle giornate hanno tutti una struttura narrativa simile che è poi quella propria al genere fiabesco. Nell’epilogo c’è un proverbio che serve a dare una lettura “morale”. Nella trama si alternano i classici schemi della fiaba: conflitto, allontanamento, viaggio, ritorno e cambiamento risolutivo.
Nell’opera di Basile vi è una mescolanza di generi e cifre stilistiche in grado di creare racconti peculiari. L’opera, inoltre, ha ripreso e reso celebri alcuni detti popolari, tra gli altri “Chi fa del bene, riceve bene” o “Chi sputa in cielo gli ritorna in faccia”.
Le sue fiabe danno voce alla vita e alle tradizioni della gente comune di Napoli, per lo scrittore depositari di una preziosa saggezza. L’utilizzo del dialetto è caratterizzato da vere invenzioni lessicale: Giambattista Basile piega le parole al suo volore, ne storpia il suono per regalare significati inediti ai suoni. Così le parole diventano vere evocando scene di vita crude e colorate, reali in una parola. Per questo motivo è considerato uno dei più grandi narratori di fiabe di tutti i tempi.
Vanessa Vaia