Negli ultimi tempi Peppino Caldarola, dalemiano doc, ha scritto una serie di articoli in cui, pur ribadendo la sua intenzione di votarla, ha criticato, spesso anche fortemente, la lista Liberi e Uguali, mentre ha dispensato parole quantomeno “simpatiche” nei confronti dei “competitor” di sinistra, ovvero Potere al Popolo, la lista guidata da Viola Carofalo. Ma, improvvisamente, ha pubblicato un ultimo articolo che, partendo dalle critiche di un piccolo gruppo di analisi marxista, stronca PaP, invitando al voto utile verso LeU. Cosa sarà cambiato?

Andiamo con ordine. Il 5 gennaio Peppino Caldarola pubblica un articolo dal titolo “Quelle inquietanti analogie tra il metodo Grasso e il metodo Renzi”, in cui esprime il timore che Grasso possa costituire un gruppo di fedeli e/o amici, stile “giglio magico” renziano, all’interno delle candidature di Liberi e Uguali, mettendo in evidenza la mancanza di trasparenza e democrazia nelle scelte dei nomi. E, in effetti, la composizione delle liste di LeU ha causato non poche frizioni.

Il 17 gennaio, invece, Caldarola si concentra sulla nuova lista nata dal basso e ne dà anche un’ottima descrizione. Nell’articolo “Potere al popolo: così la lista di Viola Carofalo può scompaginare il voto” scrive: “Con maggiore sincerità di altri protagonisti più noti della sinistra, questa giovane donna impegnata da gran tempo sul sociale assieme a centinaia di altri attivisti […] sposa le tesi assai diffuse nella sinistra anglo-americana. Questo nuovo radicalismo non è tardo-rivoluzionario, non assomiglia neppure a Rifondazione […]. Il tema centrale è concentrato nell’analisi delle discriminazioni sociali, nell’identificazione della loro natura sistemica e nel lavoro di base che dovrebbe portare a costruire forme di resistenza là dove vi è sofferenza”. Aggiunge poi: “probabilmente non esploderà il 4 marzo, scrivo “probabilmente”, ma […] segnala l’esistenza e la diffusione a sinistra di centinaia di associazioni che tendono a federarsi e che fanno lavoro in mezzo al popolo con metodi non violenti e con pezzi di programma, ad esempio il lavoro ai giovani entro progetti di salvaguardia del territorio, che non sono irrealizzabili. Carofalo potrebbe essere, grazie solo al passaparola, una “sorpresa” del voto del 4 marzo. […] chi sta a sinistra può scoprire che la parte più radicale che la rappresenta non è solo quella del “no” alla riforma della Costituzione ma quella del “no” alla “non” attuazione della Costituzione nei suoi contenuti sociali”.

Ancora, il 25 gennaio, in “Il vero problema di Liberi e uguali: esisterà ancora dopo il 4 marzo?”, Caldarola scrive: “Può darsi che Potere al popolo […] sia solo una curiosità giornalistica […]. Può accadere, invece, che questa lista raccolga lo scontento di sinistra in molte grandi città. Il rischio maggiore lo corre Liberi e Uguali che ha una fisionomia da sinistra paludata e che in questi giorni di battaglia sui probabili eletti ha dato il peggio di sé. Anche chi da sinistra vuole liberarsi del Pd potrebbe trovare nei “ribelli” napoletani un rifugio per continuare una battaglia e farle prendere la direzione anti-sistema. È persino possibile che ci siano scontenti di sinistra nel Movimento 5 Stelle”. E ancora “Il problema di LeU è che si sta insinuando in molti suoi militanti un dubbio: non si sa se questo partito alla fine del prossimo marzo ci sarà ancora. Per questo la formazione delle liste avrebbe dovuto essere gestita con maggiore apertura”.

Il 14 febbraio, in “Mélenchon incontra Potere al Popolo mentre LeU si guarda l’ombelico”, Caldarola scrive “non si capisce come sia potuto accadere che Liberi e Uguali non si sia accorta del legame che andava stringendosi tra Potere al Popolo e La France Insoumise. Vuol dire che non hanno rapporti internazionali”. E poi: Potere al popolo è ormai una realtà, secondo alcuni sondaggi si starebbe avviando verso il 2%, con voti che presumibilmente intercetta mentre sarebbero potuti andare a Liberi e Uguali” che invece “fa una campagna elettorale semi-clandestina malgrado la generosità delle sue migliaia di militanti e anche dei suoi candidati”.

Arriviamo all’ultimo articolo del 19 febbraio, dal titolo “Perché Potere al Popolo è un flop” in cui, all’improvviso, Potere al Popolo non è più “un movimento dal basso molto radicale come è accaduto in Spagna, Francia”, non è più la novità che può scompaginare il voto il 4 marzo, non è più portatrice di una reale radicalità – tutti concetti espressi, invece, nei suoi precedenti articoli – ma adesso “il voto a Potere al Popolo sembra essere il voto più di sinistra, più antisistema anche se il loro programma contiene cose per nulla clamorose” e che “chi vota Pap non sta votando il fratello minore di Mélenchon, il piccolo gruppo da cui può nascere un movimento di ribelli, ma sta dando il suo voto agli sconfitti della vecchia Rifondazione comunista”. Ma non è lo stesso Caldarola ad aver detto tre settimane fa che “questo nuovo radicalismo non è tardo-rivoluzionario, non assomiglia neppure a Rifondazione”? Invece ora per Caldarola Potere al Popolo non assomiglia più a La France Insoumise e Podemos ma “è un partitino extra parlamentare che si sta già dividendo”.

In realtà questo è ciò che si potrebbe dire – e che Caldarola stesso ha detto – di Liberi e Uguali. Ogni formazione neonata ha inevitabilmente la sua dialettica interna, ma quel che è certo è che in Potere al Popolo c’è una visione comune: la costruzione di una proposta antiliberista e alternativa, sia nelle proposte che nelle pratiche che nella coerenza di chi la anima, a tutti gli altri schieramenti, con lo scopo di applicare la Costituzione, combattere contro i trattati europei e i vincoli che impediscono lo sviluppo di un’economia sociale, solidale e ambientale e realizzare una democrazia sostanziale. In Liberi e Uguali, invece, troviamo le sensibilità più disparate: da chi intende costruire una sinistra alternativa al PD (Sinistra Italiana), a chi parla di ricostruire un centrosinistra ampio post-elezioni (i bersaniani e dalemiani di MDP – tra i quali lo stesso Caldarola – e Laura Boldrini – che ha già lanciato, insieme a Marco Furfaro, la componente “Futura” a questo scopo). Chi ha maggiore coerenza e aspettativa di vita tra le due formazioni?

Divertente, poi, il passaggio sugli “sconfitti della vecchia Rifondazone comunista”. Per due motivi: 1) le assemblee territoriali di Potere al Popolo hanno prodotto moltissime candidature al di fuori dei partiti – dal sindacalista Giorgio Cremaschi, alla militante di Je So’ Pazzo Chiara Capretti, allo storico Giuseppe Aragno, alla nota attivista No-TAV Nicoletta Dosio, solo per citarne alcune; 2) questa critica viene mossa da chi sostiene Liberi e Uguali, una lista composta principalmente dalla vecchia guarda del PD, sconfitta da Matteo Renzi e timorosa di non essere ricandidata – come, in effetti, è accaduto a tanti non renziani rimasti nel PD –. Con una brillante operazione politica, dopo aver approvato qualunque legge dei governi Monti, Letta, Renzi e, per molto tempo, anche Gentiloni, gli ex-PD hanno deciso di occupare lo spazio a sinistra del PD, dopo aver rotto con esso non sulla linea politica, bensì sulle “regole congressuali” – ovvero dopo aver preso coscienza dell’assenza di spazio per loro all’interno del PD –, rivendendosi ora come quelli che elimineranno le leggi che Renzi non ha certo approvato da solo, non essendo nemmeno parlamentare.

Ma come mai Caldarola ha improvvisamente cambiato parere su Potere al Popolo? Be’, la risposta è intuibile leggendo l’inizio del suo ultimo articolo stesso: i sondaggi, fino a che si potevano pubblicare, davano in crescita la lista di Potere al Popolo. Una crescita che si fermava sotto il 3% ma che insidiava, per esempio, Liberi e Uguali. Molti elettori giovani e molti elettori radical sembravano, e sembrano, orientati a dare il voto a questa lista”. Ecco svelato l’arcano: tutti gli ultimi sondaggi, dopo un silenzio iniziale, hanno dato PaP in forte crescita – da Ixè, che in una settimana osserva una crescita da 1,3% a 2%, a Lorien, prima al 2,4% e poi al 2,7% e al 3% – e LeU in caduta libera – dal 7-8% iniziale e dall’auspicio del 10% (qualcuno aveva detto 15%) alcuni sondaggi danno addirittura LeU intorno al 4,5%, quindi statisticamente a rischio sbarramento.

Così, Potere al Popolo non è più la simpatica sinistra folkloristica da utilizzare come esempio positivo per spronare LeU bensì un serio pericolo da annientare. Per cui, dalla premessa riportata poco fa, parte un appello al voto utile, contro il “voto sprecato” – ma non è forse la stessa argomentazione che il PD usa contro LeU? – ad una formazione minoritaria ed “extraparlamentare”. La verità è che proprio la comparsa della possibilità – o della paura – che Potere al Popolo vada ben oltre un bacino “minoritario” e ben oltre una dimensione da forza “extraparlamentare”, unita al crollo di Liberi e Uguali, ha dato vita – forse anche per ordini di una scuderia stanca dei suoi articoli da “rompicoglioni”, come si autodefinisce – ad un maldestro tentativo di denigrazione, sventabile anche solo citando gli articoli precedenti dello stesso autore. Ma com’è possibile cambiare così repentinamente e sfacciatamente opinione su un soggetto politico solo per motivi “utilitaristici” – prima PaP serviva da monito, ora è un vero e proprio pericolo – nel giro di qualche settimana?. Esattamente come il Jobs Act, l’abolizione dell’articolo 18 e i decreti Minniti-Orlando, considerati necessari fino a poco tempo prima dell’annuncio delle elezioni, ora sono da eliminare: è la campagna elettorale, bellezza!

Pietro Marino
@PietroPitMarino

2 Commenti

  1. Mentre la polemica, a sinistra, s’inasprisce. Il (centro) destra, composto da pentastellati, forza italioti e lega-xenofobi ringrazia… imponendo disinvoltamente nel nostro paese, (senza batter ciglio), il loro “credo”… BRAVO!!!

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