Il 15 luglio Netflix rilascia la serie americana Stranger things, ideata e diretta dai fratelli Duffer.
La storia è ambientata in una piccola cittadina dell’Indiana, Hawkins, nel 1983. Una notte il giovane Will, tornando a casa dopo aver trascorso la serata a giocare con i suoi tre migliori amici, si imbatte in una creatura mostruosa che lo cattura. Nei giorni seguenti tutti nel paese prendono parte alle ricerche del piccolo, aiutando la madre (Winona Ryder) e il fratello maggiore (Charlie Heaton). I tre amici intanto, Mike, Dustin e Lucas, durante le ricerche incontrano una bambina (Eleven) con poteri paranormali. Immediatamente comprendono che la piccola potrebbe sapere dove si trova il loro amico Will. Il giovane cast è forse la nota più interessante della serie. I cinque protagonisti sono stati scelti in seguito a più di mille provini. L’esperienza della Ryder e di David Harbour, burbero e solitario capo della Polizia di Hawkins, completano il tutto in modo eccezionale.
Il legame tra i tre amici (ed Eleven) ricorda quello dei Goonies o dei protagonisti di Stand by me. La colonna sonora alterna musica pop (Heroes, Shoud I stay or should I go, Africa) ad un accompagnamento elettronico che coadiuva l’effetto sorpresa nelle numerose sequenze cariche di tensione. I costumi e le scenografie riprendono con meticolosità i colori e le trame degli anni ’80. Ogni elemento è studiato con grande attenzione e precisione. Perfino la macchina da presa è stata dotata di una particolare lente che rende l’immagine granulosa come quella del cinema dell’epoca.
La serie è palesemente un omaggio ai classici del cinema degli anni ’80. Da E.T. – l’extraterrestre di Steven Spielberg, fino al cinema di Wes Craven e soprattutto di John Carpenter. Un’operazione nostalgia che sembra funzionare per ogni età. Il citazionismo della serie è ai limiti del plagio ma riesce a non diventare fine a se stesso perché la trama coinvolge e non cede mai a nessun buco narrativo.
Non si è ancora certi di una seconda stagione. Il finale sembrerebbe non negare del tutto questa ipotesi ma i due autori hanno affermato che per loro queste prime otto puntate rappresentano un ciclo narrativo chiuso e finito. Un eventuale seconda stagione è considerata da loro più come un sequel che come un prosieguo di ciò che è stato raccontato già.
Andrea Piretti