Che l’ignoranza sia il male incurabile che estirperà alla radice ogni traccia di umanità è un’evidenza ormai nota. Che l’Italia sia in prima linea da questo punto di vista, lo è altrettanto.
Cari lettori, riconoscere un razzista è semplice: esso si contraddistingue per espressioni poco elaborate, adatte alla sua capacità di pensiero, come “Prima gli italiani”. Di solito, quest’italiano vero si riconosce dal fatto che:
– Non azzecca un congiuntivo nemmeno per sbaglio;
– Crede che la Costituzione si acquisti in macelleria;
– Evade le tasse;
– Vende il voto ai camorristi per 20 euro.
Ma lasciate che vi racconti una storia, che è stata a me raccontata dalla collega ed amica Rosy. Una storia sulla dignità e la bontà che ci rende indiscutibilmente superiori a questi gretti, incivili e sciatti invasori stranieri. La scena è un vagone della metropolitana, la protagonista è una donna forse sulla sessantina.
Una ragazza extracomunitaria, seduta su uno dei tanti sediolini dei tanti vagoni lì, come me, e come tanti altri. Di ritorno da lavoro, da scuola, da giornate stremanti in cui l’unico momento di tranquillità sembra essere proprio lì, in quel metrò dove tutto si muove veloce e tu ti assenti.
D’improvviso, con fare hitleriano, la donna si rivolge a questa ragazza. “Tu, alzati e fai sedere la vecchia alle tue spalle!”. Con un rossore di imbarazzo sul volto, lei annuisce, si alza e cede il posto all’anziana, come da ordine. E tutti in silenzio.
“È così che si deve fare con questi qua. Bisogna essere duri, farglielo capire così. Avete visto?”, e via ad un coro unanime di “Che schifo questi” e “Ci hanno rovinati”.
Insomma, avete visto? Riconoscere un razzista, in fin dei conti, è facile: cerchiamo invece di capire come sia possibile arginare la piaga. Ci provano molte associazioni di ispirazione antirazzista, che spesso finiscono vittime di censura e sabotaggio proprio ad opera dei beoti di cui sopra. Ma qualora lo si voglia è possibile affrontare queste persone a viso aperto. E con le loro stesse armi.
Ecco dunque le dieci cose da fare quando si incontra un razzista:
1) Ignorare sistematicamente tutto ciò che dice. Di solito, il razzista ha bisogno di attenzioni e di persone che confortino il suo punto di vista, l’unico giusto e possibile. Essere ignorato crea in lui insoddisfazione e rancore.
2) Ridacchiare provocatoriamente: questa è un’evoluzione del punto primo, e serve a scatenare l’ira del razzista per costringerlo a inveire contro il mondo intero, mettendo a nudo la sua rabbia repressa.
3) Sostenere le sue tesi con altre idee via via più strampalate: il razzista si esalterà con le scie chimiche e il Duce che ha fatto anche cose buone, ma arrivati ai marziani che vengono a rubarci il lavoro sul nostro pianeta comincerà a rendersi vagamente conto della sua idiozia.
4) Raccontargli che recenti studi hanno dimostrato come nel nostro DNA siano presenti geni che provengono da ogni continente e che pertanto, se vuole essere coerente, deve lasciare immediatamente la città per tornarsene nel proprio Paese. Qualunque esso sia.
5) Chiedergli di mostrare, sul suo cellulare, tutte le foto che mostrano africani soggiornare in hotel a 5 stelle e ricevere 35 euro in contanti dai comunisti al Governo. Dal momento che ne parla con tanta cognizione di causa, li avrà sicuramente fotografati.
6) Informarlo che se proprio non vuole che gli rubino il lavoro, ci sarebbero dei caporali disposti ad assumerlo come raccoglitore di pomodori a 14 ore al giorno per ben 3 euro a cassetta. Dichiararsi disposti ad accompagnarlo al colloquio.
7) Fargli notare che tutto sommato quei caporali sono degli italiani puri (ma sì, esattamente come i politici contro cui impreca ed inveisce tutto il giorno). Quindi brava gente per forza. Insistere per accompagnarlo al colloquio.
8) Osservare, con molta nonchalance, che i cinesi da cui va ad acquistare roba a prezzi stracciati o le polacche che paga in nero per fare da badanti alla nonna sono anch’essi stranieri. Potrebbe quindi iniziare da loro.
9) Suggerirgli, dal momento che è così sicuro che nelle loro terre si viva da nababbi, di fare il percorso inverso e trasferirsi in Siria. Coincidenza vuole che l’ISIS sia a corto di prigionieri. Ci si potrebbe mettere una buona parola. Noi lo aiuteremo.
10) Comunque, se le procedure elencate finora vi sembrano troppo elaborate, anche un semplice “strunz” può essere un’ottima fonte di soddisfazione. Che in fondo non è detto che si debba per forza tollerare gli intolleranti.
Emanuele Tanzilli