Nato a Casal di Principe è un adattamento cinematografico del libro di Amedeo Letizia, un progetto complesso dai temi molto delicati. Bruno Oliviero è il regista che dirige questo lungometraggio basato sulla sceneggiatura firmata da Maurizio Braucci e Massimiliano Virgilio. La storia racconta le vicende della scomparsa di Paolo Letizia avvenuta nel 1970 a Casal di Principe, per mano della camorra.

Il film racconta le vicende da due punti di vista: da un lato descrive i fatti di cronaca realmente accaduti in quegli anni, mentre dall’altro ricostruisce in maniera “cinematografica” le vicende e il lutto raccontati in prima persona da Letizia, che veste anche i panni di produttore esecutivo.

Avere come regista proprio Bruno Oliviero, che è già avvezzo ai documentari, è un grande onore. Egli riesce a conferire alla storia un carattere più realistico e autentico e si pone in maniera molto ravvicinata allo spettatore. Non è un racconto di criminalità che si presta alla fiction ma è semplicemente la messa sul grande schermo della realtà di un paese che è stato vittima per molti anni della criminalità organizzata.

Nato a Casal di Principe nasce probabilmente dalla volontà di superare e denunciare  quelle paure e tutto ciò che all’epoca non si aveva il coraggio di fare: è un progetto “politico” che va a miscelarsi al racconto del lutto di Amedeo Letizia e di tutta la sua famiglia.

Alessio Lapice interpreta il Letizia, alle prese con le sue personali “indagini” per scoprire la verità sul fratello scomparso. Una verità triste che pian piano si palesa al protagonista lasciando spazio solo al silenzio e a una profonda tristezza, che risulta essere la vera protagonista della pellicola. Il progetto è di ineccepibile qualità, merito anche di un ottimo cast (notevoli le interpretazioni di Donatella Finocchiaro e Massimiliano Gallo che interpretano i genitori di Amedeo Letizia), di un uso superbo delle inquadrature e di un buon montaggio. Bruno Oliviero confeziona un prodotto sopraffino, realistico, forse anche crudo ma mai irrispettoso nei confronti delle vicende raccontate, per entrambi i punti di vista.

«I personaggi non sono né eroi né criminali; hanno la sola colpa di essere nati in queste terre maledette. Ho raccontato una famiglia. Una storia di persone normali che si trovano troppo vicine a fatti di camorra gravissimi. La verità di tutti i dettagli e di tutti i personaggi mi ha guidato, la vicinanza della famiglia vera di Amedeo mi ha ispirato. (…) Tutta questa verità ci ha dato la forza per fare un film dove i grandi nomi della camorra dei Casalesi degli anni ’90 ci sono, ma sono visti ad altezza uomo, dal punto di vista delle loro vittime innocenti», spiega il regista.

Insomma, Nato a Casal di Principe potrebbe essere considerato uno di quei film necessari per ricordare, per pensare, per denunciare; è uno di quei film di vitale importanza per sviluppare o solo per stimolare una memoria civica collettiva.

Giuseppe Palladino

 

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