In questi giorni segue una grande mobilitazione per la calendarizzazione della proposta di legge alla Commissione Affari istituzionali al Senato sulla tutela dei whistleblower. Proteggiamo le #vocidigiustizia è la campagna di Riparte il futuro e di Transparency International Italia che sollecita ad una definitiva alternativa al silenzio.
Il diritto dei cittadini di riportare illeciti si raffigura come un’estensione naturale del diritto alla libertà di espressione ed è legata ai principi della trasparenza ed integrità sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Il termine whistleblower, letteralmente tradotto “soffiatore di fischietto” e che si presta a varie traduzioni nazionali (in Italia “vedetta civica”), indica colui che segnala un illecito, una frode o un evidente rischio nel settore pubblico e/o privato che può arrecare danni all’azienda, all’ente, agli individui e alla società civile.
Tale soggetto in virtù della denuncia può rischiare una ritorsione a causa di una mancata ed efficace protezione.
In ambito internazionale, la protezione del whistleblower è prevista dall’art. 33 della Convenzione ONU contro la corruzione del 2003, dall’art. 9 della Convenzione civile del Consiglio d’Europa sulla corruzione, dalle raccomandazioni del GRECO (Groupe d’Etats contre la corruption), organo del Consiglio d’Europa incaricato al controllo della misure anti-corruzione degli Stati, dalle raccomandazioni del Working group on bribery, che monitora l’attuazione della convenzione OCSE del 1997 sulla lotta alla corruzione degli impiegati pubblici, e dalla formazione dei “Guiding principles for whistleblower protection legislation” dell’OCSE.
Transparency International, l’ONG internazionale per la lotta alla corruzione, sta lavorando da anni al fine di spingere i paesi dell’Unione europea all’adozione di una legislazione che li tuteli. Con lo scopo di analizzare i sistemi di tutela del whistleblowing nei Paesi dell’UE, nasce il progetto del 2009 “Blowing the Whistle Harder: Enhancing whistleblowing protection in the EU” (Soffiare forte il fischietto: incentivare la protezione delle ‘vedette civiche’ in UE), finanziato dalla Commissione Europea, che vede coinvolta la partecipazione delle dieci cellule nazionali di Transparency International presenti in Bulgaria, Estonia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Ungheria, al fine di promuovere maggiore sensibilizzazione a livello nazionale e UE attraverso un elaborato lavoro di ricerca giuridica.
Il panorama legale appare alquanto deludente. Solo il Lussemburgo, la Romania, la Slovenia ed il Regno Unito hanno adottato una normativa efficiente ed “avanzata”, mentre sono sedici i paesi membri dell’UE che hanno delle disposizioni parziali in termini di tutela e spesso inefficienti, tra cui l’Italia, fino ad arrivare alla mancata disposizione dei restanti sette paesi membri.
I valori fondamentali dell’UE trovano scarsa applicazione in ciascuno Stato, in cui una serie di fattori sociali, giuridici e politici ne bloccano il progresso legislativo.
Tuttavia, assicurare una protezione legale non è dappertutto un’azione legislativa semplice da attuare: richiede volontà politica che non consiste solo nell’approvazione di una legge, ma soprattutto nel farla rispettare fornendo le risorse umane, finanziarie e tecniche dirette a tal fine. Si parla di un grande impegno di partecipazione attiva della società civile in un quadro di stretta collaborazione tra cittadini, istituzioni e organizzazioni.
“Subito una legge in Italia per la Tutela dei whistleblower!”: la lunga attesa da parte del Senato.
Seppur in cronico ritardo contornato da dibattiti pubblici e politici, l’Italia adotta la prima disposizione in materia con la legge anti-corruzione 192/2012 introducendo l’art. 54-bis nel TU del pubblico impiego (D.Lgs 165 del 2001). Una previsione di legge molto ristretta che porta con sé tutta una serie di ostacoli a partire dalla mera applicazione al settore pubblico, al divieto di rivelazione del nome del whistleblower e alle scarse misure di tutela del dipendente a misure discriminatorie. Insomma, una normativa alquanto inefficace e di scarsa applicazione che testimonia come l’Italia non ha mai beneficiato di un consistente dibattito politico che garantisca una protezione legale dei whistleblower e che disincentivi il diritto del lavoratore ad esporsi a eventuali segnalazioni.
Un passo in avanti, però, è stato fatto attraverso la proposta di una legge organica che introduce delle disposizioni omogenee alla tutela dei whistleblower (approvata alla Camera dei deputati nel gennaio 2016), che va al di là del carattere generale ed astratto della precedente disposizione, dando una legittimazione sociale a queste nuove figure. Grazie al consistente contributo di associazioni, enti pubblici, esperti che hanno collaborato e al lavoro delle commissioni Giustizia e Lavoro della Camera, si è richiamato a delle novità per la redazione di una legge dettagliata ed organica, tanto ostracizzata dagli “impauriti” di Forza Italia. Alcune novità sono la tutela estesa anche al settore privato, la clausola anti-calunnie successiva alla denuncia discriminatoria che segue la segnalazione, la segnalazione in buona fede successiva al formale accertamento dell’illecito.
Eppure la proposta di legge non va considerata come un punto d’arrivo, ma è un mero punto di partenza per una normativa più omogenea in materia.
Ne deriva che accanto alle progressive riforme emergano anche molti punti oscuri a partire dalla mancanza di accompagnamento ai segnalanti, casistica di condotte illecite o di abuso, garanzia di obbligatorietà nel settore pubblico, scarsa attenzione al coinvolgimento delle mafie.
Tuttavia, freme l’attesa di una decisione da parte della Commissione Affari Costituzionali del Senato che non ha ancora deciso quando mettere la proposta di legge in calendario per discuterla. È qui che entra in gioco la campagna/petizione #vocidigiustizia di Riparte il futuro e di Transparency International Italia diretta alla senatrice Anna Finocchiaro. Per arrivare ad una legge sul whistleblowing completa, la campagna introduce proposte di modifica e di integrazione rispetto ai buchi neri della disposizione.
Annalisa Salvati