Quanto è difficile, oggi come oggi, mantenere indenne la propria privacy? Basta scorrere la Home di Facebook per comprenderne la difficoltà. Tutti siamo liberi di pubblicare ciò che riteniamo opportuno si venga a sapere della nostra vita privata, considerando però che siamo esposti maggiormente a critiche di ogni tipo.

Purtroppo, questa consapevolezza non basta. Numerose pagine Facebook si servono di screenshot di conversazioni private, fotografie, video e, come ultima novità, di messaggi vocali per divertire i propri fan. Nulla di grave se non fosse che alcune volte si può risalire all’utente in questione. Questo ci fa comprendere che, in realtà, nonostante la normativa sulla privacy, talvolta può essere troppo tardi a causa della viralità.

Ma oggi non sono qui per farvi la morale, bensì vorrei parlarvi dell’ultimo video spopolato sul web. Questo è diventato talmente virale che anche i giornali lo hanno pubblicato, scatenando l’impossibile. Ovviamente mi riferisco all’episodio della signora a cui si è scambiata la pelliccetta. Eventi di facebook, meme e pubblicità hanno fatto riferimento all’accaduto: si sa, il web non perdona.

Analizzando la questione da un altro punto di vista, c’è ben poco da ridere. Piuttosto che soffermarci sulla colorita pièce teatrale della signora, proverei ad analizzare il comportamento delle commesse. Chi lavora a stretto contatto con le persone, deve essere consapevole che «il cliente ha sempre ragione», anche quando non è così. Armarsi di pazienza è il modo giusto per affrontare la giornata lavorativa. Però, ciò che si evince dal video è tutt’altro: le commesse, dopo non essersi rese né pazienti né disponibili verso il cliente, hanno anch’esse fomentato la discussione con risposte in dialetto, sbeffeggiando chi dall’altro lato chiedeva di parlare con un presunto direttore. Tralasciando i modi dei signori, che automaticamente sono passati dalla parte del torto, le commesse non sono state professionali.

Silvian Heach – che sul sito vanta «capi dall’elevato contenuto stilistico e dal pricing fortemente competitivo» – dal canto suo ha strumentalizzato il video per ottenere maggiore visibilità.

«#PELLICCETTEINPROMOZIONE al 50% di sconto»

Un affare per chi crede che questo marchio sia il top, un po’ meno per chi sul serio ama e segue la moda.

Tornando alla strumentalizzazione, Silvian Heach ha fatto davvero una brutta figura: ha indirettamente sostenuto la poca professionalità delle commesse e calpestato la prima regola di ogni esercizio commerciale (il cliente prima di ogni altra cosa).

«Non credo questo video sia il migliore metodo per fare pubblicità, produciamo 6 milioni di capi al mondo e abbiamo 4mila negozi che danno ben altra visibilità», ha dichiarato la manager di Sivlian Heach durante l’intervista con Gianni Simioli. Peccato che la risposta dell’azienda faccia intendere il contrario.

D’altro canto, spesso ci si ritrova a dover affrontare clienti poco disponibili al confronto. Ed è qui che entra in gioco la mancanza di rispetto verso il lavoratore: provare abiti a dieci minuti dalla chiusura del negozio, dare dell’ignorante a chi sta facendo il proprio lavoro, rispondere in malo modo, lasciare capi provati ovunque, sono gesti poco carini e che rendono tutto più difficile. Armarsi di pazienza talvolta non basta.

«È il mondo del lavoro», qualcuno sostiene.

A voi le conclusioni.

Ilaria Cozzolino

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