Dopo la pubblicazione del Rapporto annuale dell’Istat (Istituto Nazionale di Statistica), molti dubbi sono emersi sull’effettiva ondata di ripresa che dicono si stia abbattendo sull’Italia.
Quello mostrato dall’Istat, infatti, è il bilancio di una nazione fragile che lascia poco spazio alla fiducia e soprattutto alla speranza di una imminente sana quotidianità. Emerge un sintomatico declino in una democrazia malata, una decadenza che è possibile toccare con mano, quotidiana, che non risparmia nessuno: dalle famiglie in gravi difficoltà economiche, data la poca possibilità di trovare un lavoro, sino al giovane costretto a fuggire dalla realtà italiana, in cerca di un futuro diverso.
Partendo dalla tardiva ripresa, della quale è vittima l’Italia, nonostante le innumerevoli riforme finora effettuate, è possibile intuire al meglio la situazione familiare e giovanile.
Infatti, secondo i dati Istat, la ripresa è ancora molto lenta e debole, e la possibilità di lavoro è ancora troppo incerta.
È per questo che le famiglie senza un reddito da lavoro sarebbero aumentate a circa 2,2 milioni. Dato in netta crescita rispetto alla situazione generale del 2004 che aveva fatto registrare il 9,4% delle famiglie senza reddito, e che invece, rispetto al decennio successivo, ha fatto registrare una crescita del 5%. Non solo: l’Italia fa registrare un altro primato in una classifica di disastri, perché risulta che siano circa il doppio della media europea le persone disoccupate o inattive.
Molto più drammatico è il destino che spetta ai giovani italiani, in merito ai quali si evincono dati sconcertanti in rapporto a una “ripresa” annunciata più e più volte.
Secondo i dati Istat, circa il 61,8% dei giovani non ha la possibilità di lavorare, un dato che ha avuto la sua più grande crescita tra il 2008 e il 2014.
Tutto ciò appare ancora più preoccupante quando si legge, nelle statistiche, che oltre un ragazzo su 3 è “sovra-istruito”, nel senso che risulta sin troppo qualificato per il lavoro che svolge. Un dato che fa perdere anche credibilità alla laurea intesa quale strumento utile a trovare occupazione con minori difficoltà; un dato che fa comprendere bene quanto sia cambiata e stia cambiando la situazione lavorativa e soprattutto quanto difficile sia diventato immettersi nel mondo del lavoro, nonostante una laurea conseguita.
Secondo l’indagine Istat, il tasso di occupazione di un laureato di 30-34 anni, rispetto al 2005 che era del 79,5%, è diminuito solo sino al 73,7%.
Indicativa di una fiacca ripresa è anche la sfiducia che invade i giovani nella ricerca del tanto acclamato “posto fisso”.
Un altro dato sorprendente riguarda il basso numero di giovani che entrano nel mondo lavorativo a seguito dell’uscita di anziani. A testimonianza di tutto ciò è significativo il dato emesso da Istat che indica circa 125mila uscite dalla pubblica amministrazione e istruzione contro 37mila sole entrate da parte dei giovani. Una soluzione, per quanto insoddisfacente, a questo problema è stata trovata nel lavoro part-time e nel lavoro a contratto a tempo determinato.
Un altro fattore che potrebbe sorprendere è l’attaccamento dei giovani alla famiglia.
Secondo l’Istat, nel 2014, a conferma della difficoltà della ricerca di un lavoro, oltre 6 giovani su 10, tra i 18 e i 34 anni, hanno vissuto con i genitori. Un elemento che si ripercuote anche, e in modo abbastanza diretto, sull’aumento dell’età delle nozze e il crollo di circa 15mila nascite; ciò rimarca sempre più quanto per i giovani sia difficile creare una stabilità familiare e affettiva in grado di poter permettere, anche solo idealmente, libertà, autonomia e indipendenza, un insieme che va ben oltre l’attuale criticità che è costretta ad affrontare l’Italia.
Tutti questi dati e statistiche sono parte di un’indagine che spiega l’andamento nazionale, in un’epoca dove le famiglie hanno sempre più difficoltà a essere coese, in un’epoca dove se sei giovane devi scappare per non restare chiuso in una morsa dal finale preannunciato, in un’epoca che fa da triste sfondo all’economia, alla democrazia e all’idea di Stato in cui viviamo.
Professore: «Qualsiasi cosa decida, vada a studiare a Londra, a Parigi, Vada in America, se ha la possibilità, ma lasci questo Paese. L’Italia è un Paese da distruggere: un posto bello e inutile, destinato a morire.»
Nicola: «Cioè, secondo lei tra un poco ci sarà un’apocalisse?»
Professore: «E magari ci fosse, almeno saremmo tutti costretti a ricostruire… Invece qui rimane tutto immobile, uguale, in mano ai dinosauri. Dia retta, vada via…»(La meglio gioventù, 2003, regia di Marco Tullio Giordana)
Vincenzo Molinari