Annientamento. Sicuramente il titolo della nuova pellicola di Alex Garland lascia incuriositi, soprattutto quando ci si aspetta un film fantascientifico sulla linea di quello che il regista aveva lanciato con Ex Machina. Tuttavia, il film tratto dal romanzo di Jeff VanderMeer non ci propone nessun futuro dispotico, nessun incidente sopravvenuto all’utilizzo di una nuova scienza o tecnologia. Tutto avviene in un momento ci casualità, una contingenza che ci trasporta in una realtà immanente, soggetta al solo cambiamento della causalità.
Così, Annihilation si pone in controtendenza, portando sul grande schermo una storia che , da una parte, mette in discussione la nostra sicurezza sul progresso e realtà scientifica, di quanto poco conosciamo sullo studio della materia che ci circonda, su come essa si modifichi e si sia modificata nel corso del tempo; dall’altra, descrive un’umanità incapace di rapportarsi all’immanenza della casualità, di come le nostre costruzioni sociali si rapportino ovattando questa realtà, rendendola sterile, portando a conoscere solo una parte di noi stessi.
La bellezza di Natalie Portman, è stata prestata a recitare nella parte della protagonista Lena, biologa ed ex-marine, che nella speranza di poter salvare il marito si ritroverà catapultata in un ambiente totalmente surreale, in cui l’assiomatica della realtà a cui siamo così affezionati si è confusa con se stessa, rimodellandosi nella sua stessa connessione con tutte le sue parti. Il marito di Lena, Oscar Isaac, era stato mandato in missione per investigare su questa particolare anomalia scientifica, il luogo dello schianto di un oggetto spaziale non identificato. Tuttavia, sembrerebbe che questa ecceità abbia creato un campo di forza, come una bolla intorno ad esso, in cui non si può venire a conoscere dall’esterno qualsiasi cosa stia succedendo all’interno.
Il ritmo del fil di Alex Garland scorre molto a singhiozzi, volendo probabilmente trasmettere un tempo diacronico, in cui la vita dei personaggi si forma pian piano negli occhi dello spettatore ma che propina non poco fastidiosamente una quantità di flashback evitabile. Non tanto perchè inficino sullo sviluppo della trama, ma tanto più perchè tentano di seguire lo scorrere del viaggio dei nostri personaggi all’interno di questa anomalia scientifica, rendendolo quasi un patimento. Le storie delle attrici Gina Rodriguez, Jennifer Jason Leigh, Tuva Novotny e Tessa Thompson si avviluppano nel destino cinematografico di Lena mentre si lanciano alla scoperta di una nuova realtà, una nuova scienza e concezione di evoluzione. Infatti, man mano che si avvicinano al centro di questa bolla, sembra che le leggi della fisica e chimica non siano più in vigore, e che la flora si possa confondere con la fauna, rendendo il DNA malleabile e incontrollabile nella sua espansione continua.
Questo gruppo di nuove Ghostbusters si trova dunque a lottare per la propria vita, ognuna di esse affrontando le paure che le hanno spinte ad intraprendere quel viaggio. Questa analogia della figura tutta americana del viaggio, in cui si intraprende prima di tutto una transumanza verso la scoperta di noi stessi, viene ribaltata, messa in discussione, riformata in maniera tale che non esista più nessun destino, nessuna fine e nessun inizio.
Annihilation ha il merito di riuscire a far ragionare lo spettatore, di portarlo su una visione diversa del mondo pur rimanendo strettamente ancorata a quell’istintività puramente umana, quella naturale immanenza che ci poniamo dinnanzi ogni giorno. Alex Garland e Annihilation ci riportano dunque a confrontarci con la nostra stessa immanenza, la società che pone dei limiti, delle etichette, dei posti prestabiliti ove invece non esiste che caos e casualità. La nostra stessa sicurezza di riconoscerci, quella stessa esperienza che ci porta ad amare e a vivere, viene persa nell’incontro con l’immanenza della realtà, della sua forza sempre mutevole e che non ci pone come limite ma come continuità di uno sviluppo.
Per quanto resti un film da vedere e rivedere, nell’umile opinione di chi scrive sembra che la pellicola sia stata quasi fatta di corsa, cercando di incasellare nella struttura taglio-flusso del film una storia troppo grande, troppo ambiziosa per l’attenzione di un pubblico che si aspetta un take-away da consumare in meno di due ore. Comunque, il film di Alex Garland ha la forza per imprimere una cicatrice nell’emotività collettiva del pubblico, riuscendo ad unire gli amanti del genere fantascientifico con gli amanti del genere horror, andando così ad immettersi in un mercato tutto nuovo per l’industria cinematografica.
Niccolò Inturrisi