In occasione della giornata contro la violenza sulle donne, evento che ricorre ogni 25 novembre, il dipartimento di Lingue, culture e letterature europee dell’Università Federico II di Napoli ha preparato una conferenza incentrata sul tema del giorno a cui hanno potuto partecipare gli studenti del primo anno e chiunque altro volesse.
L’evento è stato ideato ed organizzato dalla prof.ssa di Letteratura inglese Annamaria Lamarra e dalla sua collega Maria Antonietta Selvaggio che, ormai da anni, combattono e sostengono fortemente l’emancipazione femminile, principalmente grazie ad attività che coinvolgono i loro studenti, creando esperienze di dialogo e confronto.
Durante la conferenza sono stati messi in evidenza le questioni principali riguardanti la violenza femminile, partendo dalla persistenza degli stereotipi legati alla concezione patriarcale della famiglia e toccando punti anche più sottili come la semplice grammatica italiana, che impone per i plurali sempre il genere maschile.
Per fare un quadro storico, come ha voluto fortemente sottolineare la prof. Lamarra, i primi responsabili della stereotipizzazione del ruolo femminile, strettamente legato nell’immaginario comune al ruolo di donna di casa, utile per i servizi domestici e per mettere al mondo la prole, che ha portato conseguenzialmente al fenomeno della violenza sulle donne, sono i padri del pensiero filosofico occidentale, in primis Aristotele che ha affermato al tempo “La donna è utero.”
Si può dire che una presa di posizione da parte delle donne sia stata inizialmente messa in atto negli anni successivi alla Rivoluzione Francese. In quel periodo infatti i cambiamenti furono travolgenti ed esorbitanti, nasceva la democrazia ma questa nuova forma di governo aveva ancora un grande limite: si trattava di una politica esclusivamente riservata al genere maschile ( come d’altronde fino a quel momento era sempre stato ), così le donne cominciarono a prendere coscienza di essere parte delle società e decisero di lottare per i propri diritti.
Dal 1789 i cambiamenti sono stati lenti, anzi lentissimi, e graduali. La vera esplosione del femminismo, che ha scaturito consistenti cambiamenti, risale al secondo dopo guerra quando alla fine degli anni ’70 le manifestazioni femministe gremivano le piazze di tutto il mondo.
Il problema però che si riscontra dopo secoli di combattimento è sempre lo stesso: la persistenza degli stereotipi. A detta della prof. Selvaggio, specialmente nell’ultimo periodo, la violenza sulle donne, che spesso e volentieri si verifica nell’ambiente domestico ed è anche più frequente da quando le donne hanno cominciato a denunciare maggiormente ( circa 170 femminicidi l’anno sono stati infatti registrati ultimamente secondo un recente sondaggio ), scaturisce principalmente dal fatto che gli uomini si sentano schiacciati dalle libertà che le donne pian piano stanno acquisendo, hanno paura di sentirsi alla pari.
Durante la conferenza, grazie a molteplici interventi, la conversazione è volta poi sul tema focale della questione: perché le donne vengono educate a difendersi e non viene insegnato agli uomini a non praticare violenza? Perché spesso, quando si verifica una violenza, la colpa è della vittima e non del carnefice?
Questi pensieri retrogradi e limitati sono stati messi in discussione da molti uomini ( ebbene sì, anche gli uomini si interessano a questa problematica, checché se ne dica ) che hanno deciso di riunirsi in associazioni, come per esempio “Maschile plurale“, per mettere al centro della discussione l’uomo, per capire e spiegare che il problema della violenza sulle donne non riguarda solo ed esclusivamente le vittime di queste brutalità ma sono gli uomini i veri e propri soggetti della questione e sono loro a doversi interrogare su questo tipo di avvenimenti che scaturiscono dalla loro educazione, imposta da sempre dalle istituzioni religiose, dalla famiglia ( sono evidenti i diversi atteggiamenti nei confronti dei figli maschi e degli atteggiamenti nei confronti delle figlie femmine ) e dalla cultura popolare.
Si afferma per questo, durante la conferenza, che per cambiare e per evitare sofferenze superflue c’è bisogno di iniziare una educazione sentimentale al maschile ed è necessario che questo parta dalle scuole e dalle università, luoghi che dovrebbero imporre il dialogo, il confronto e alle volte, se necessario, anche il conflitto: sì, il conflitto, perché, come ha affermato la prof.ssa Selvaggio durante la conferenza del 25 novembre:
“Il conflitto non è negativo ma necessario per contrastare la violenza ed evitare nuovi fallimenti, nel conflitto si garantisce la messa in rilevanza delle differenze attraverso cui poi si può passare al discorso ed arrivare infine al rispetto delle differenze.”
In fin dei conti, quello che si è tratto da questa esperienza di dialogo e scambio di opinioni, è questo: la “revanche” delle donne è in atto da secoli, si sono riscontrati dei cambiamenti ma gli stereotipi la fanno ancora da padrone nonostante tutto. La risoluzione finale e drastica al problema della violenza sulle donne sarebbe coinvolgere e far prendere coscienza alla popolazione maschile che “la violenza sulle donne è un problema degli uomini” ma questo non avverrà mai se non si parte dalle basi, se non si impone un’educazione fin da piccoli e finché ci saranno persone che negano l’esistenza di questa grave problematica perché, purtroppo, ce ne sono ancora davvero troppe.
È importante ricordare che nessuno dovrebbe mai prevalere sull’altro, che siamo tutti diversi, ovviamente, ma che siamo anche tutti esseri umani, a prescindere dal sesso, dobbiamo avere tutti gli stessi diritti e le stesse possibilità e qui non si parla di utopia, se le donne collaborassero tra loro e se si rendessero davvero conto del fatto che hanno una reputazione e dei principi per cui combattere e se solo gli uomini capissero che la parità dei sessi poterebbe benefici anche a loro, allora la società avrà fatto un grande passo avanti, abbattendo le barriere del mito e delle credenze millenarie, riuscendo finalmente ad uscire dal tunnel della staticità per arrivare alla meta tanto ambita: l’evoluzione attraverso la collaborazione.
Daniela Diodato