Gli oceani ricoprono il 70% della superficie terrestre, proteggerli significa proteggere la biodiversità del nostro Pianeta e proprio per questo è stata anche istituita una Giornata degli Oceani che si tiene ogni 8 giugno. L’inquinamento marittimo è giunto a livelli sempre più preoccupanti e gli oceani sono soffocati da milioni di tonnellate di rifiuti. L’emergenza ambientale è un tema che non può più essere ignorato.
I dati sull’inquinamento marittimo
Più di 500 milioni di esseri umani al mondo basano la propria vita sulla pesca, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Inoltre, sono 3 miliardi le persone che vedono nell’oceano la loro fonte di sopravvivenza. Questi sono i dati raccolti da Marine Stewarship Council e mostrano come il danneggiamento delle acque impatti in modo molto più diretto di quanto si pensi la vita di milioni di persone.
Il 70% dell’aria che respiriamo viene prodotta da piante acquatiche, mentre il 97% dell’acqua mondiale si trova negli oceani, i quali da soli sono in grado di assorbire il 30% dell’anidride carbonica che creiamo. Sebbene ci siamo abituati a vedere le foreste come il polmone della terra, questi dati ci mostrano quanto l’oceano sia un elemento indispensabile. Oggigiorno la biodiversità è a rischio a causa dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento delle acque.
In Italia la situazione non è più rosea che negli altri paesi, secondo i dati raccolti da Legambiente a seguito della sua campagna Spiagge e Fondali Puliti – Clean up the Med, la media è di 670 rifiuti per ogni 100 metri lineari di spiaggia. L’84% di questi consiste in plastica e il 64% è usa e getta.
Il Mediterraneo è stato definito un mare di plastica, in quanto ricoperto da piccoli rifiuti lasciati dai passanti, come sigarette, bottiglie e sacchetti in plastica. Sempre secondo i report di Legambiente, il 20,7% dei rifiuti spiaggiati consiste in mozziconi di sigarette, l’11% in tappi e coperchi, il 9,5% in bottiglie di plastica e il 4,8% in sacchetti di plastica. Per il direttore generale di Legambiente, Stefano Ciafani, il problema dei rifiuti marini ha un costo di circa 476,8 milioni di euro all’anno per l’UE.
Perché salvare gli oceani deve essere una priorità
Inutile precisare come il danneggiamento dei mari non sia solo un problema per l’intero ecosistema terrestre e la sopravvivenza della Terra sul lungo termine, ma anche un ingente danno all’economia sul breve termine.
Le acque hanno il compito di catturare il carbonio presente sulla superficie per portarlo nelle profondità, permettendo all’atmosfera di ridurre i livelli di CO2. A questo aspetto si aggiunge anche quello della flora e della fauna marine.
Infatti, tutti i microrganismi viventi, come ad esempio il fitoplancton, sono organismi che effettuano la fotosintesi e contribuiscono pertanto alla produzione del 50% dell’ossigeno presente sulla Terra. Ecco perché gli oceani non sono essenziali solo per i suoi abitanti, ma anche per gli esseri umani e tutti gli animali terrestri. L’Organizzazione Mondiale della Meteorologia (OMM), ci spiega che l’oceano è in grado di assorbire il 90% del calore in eccesso presente nei gas serra, quindi crea una barriera contro gli aumenti di temperatura causati dal climate change. Questa protezione che gli oceani ci offrono ha un prezzo per loro, infatti il riscaldamento delle acque e i cambiamenti che avvengono a livello chimico sconvolgono gli ecosistemi marini, e tutti gli esseri umani che vivono grazie a questi.
Cosa possiamo fare per salvare i mari
Salvare i mari è un’emergenza che non possiamo ignorare e sebbene molte istituzioni politiche abbiano il compito di provvedere con azioni mirate, è anche vero che nel nostro piccolo ognuno di noi può migliorare.
Il primo passo è quello di diminuire drasticamente il consumo di plastica. Secondo la ricerca del World Economic Forum e della Ellen McArthur Foundation, nel 2050 potrebbe esserci più plastica che pesce negli oceani.
Per farlo è necessario compiere scelte quotidiane consapevoli, ad esempio scegliendo prodotti con packaging ecologico, così da non generare ulteriori rifiuti difficili da smaltire.
No a piatti, bicchieri e posate in plastica, così come sacchetti, bottiglie e tappi. Molto meglio optare per le versioni sostenibili di questi oggetti, spesso prodotte in vetro e in alluminio o in carta riciclata. Acquistate solo se necessario e riutilizzate tutto ciò che può avere una seconda vita. Evitate quanto possibile i prodotti usa e getta.
L’impatto ambientale può essere anche ridotto tramite la diminuzione dell’anidride carbonica prodotta, questo significa diminuire l’uso dell’auto e preferire i mezzi pubblici alla bicicletta. Si tratta di piccole azioni che in un primo momento potrebbero risultare “scomode”, ma a lungo andare diventeranno parte del nostro stile di vita e contribuiranno alla salvaguardia delle nostre acque. Salvare gli oceani è quindi possibile, ma è necessario il contributo di tutti.
Pasquale De Laurentis