Che le fiabe siano da anni tacciate di maschilismo non è una novità, ma che il bacio ricevuto dalla Bella Addormentata sia una forma di molestia è una notizia degli ultimi giorni.

La discussa news arriva direttamente dal Regno Unito, suggerita al popolo del web da Sarah Hall, una madre che reputa giusto rimuovere dal programma scolastico la lettura de La bella addormentata, fiaba sconosciuta a pochi grazie all’adattamento cinematografico Disney.

Secondo il parere di Sarah, il problema è l’assenza del consenso: la principessa sta dormendo, condizione che le impedisce di scegliere se ricevere o meno il fatidico bacio.
Per la madre britannica, dunque, un racconto del genere è penalizzante per i rapporti tra uomo e donna e per il rispetto da serbare a quest’ultima, poiché sin da piccoli i bambini non sono chiamati a familiarizzare con il concetto di “rapporto consensuale”.

La sensazione, accresciuta dall’utilizzo dell’hashtag MeToo, è che si stia esagerando. Allora fermiamoci e facciamo dieci passi indietro, ché uno è insufficiente.

Una delle versioni più antiche della Bella Addormentata risale al XVII secolo ed è opera di Gianbattista Basile. Il cunto, scritto in lingua napoletana, si intitola Sole, Luna e Talia ed è probabilmente l’unica versione della fiaba che merita la censura – quantomeno se una follia collettiva la tramutasse in una “storia per bambini”.
La bella principessa Talia, infatti, caduta vittima del sonno maledetto, viene scovata da un re, che affascinato da tanta bellezza consuma un amplesso con Talia addormentata: la stupra.

«Alla fine arrivò alla camera dove stava Talia presa dall’incantesimo e il re, appena la vide, credendo che dormisse, la chiamò; ma, visto che quella non si risvegliava per quanto la toccasse e gridasse, avvampato dalle sue bellezze, la portò in braccio fino a un letto e colse i frutti dell’amore e poi la lasciò coricata e se ne tornò nel suo regno, dove non si ricordò per molto tempo di quello che gli era capitato.»

Ma non è tutto per questa bella addormentata vittima di violenza.

Talia avrà due bambini, Sole e Luna, e a seguito del proprio risveglio e di vari eventi, si ritroverà felicemente sposata con quel re che aveva abusato di lei durante il sonno. Il tutto condito da una morale oggi intollerabile:

«[…] chi ha fortuna

anche quando dorme gli piove in testa il bene.»

Sole, Luna e Talia è stata “censurata” secoli addietro ed edulcorata al fine di eliminare gli elementi più disturbanti e osceni. La fiaba ripulita, ossia la versione che oggi siamo abituati a leggere, è priva di qualsiasi elemento che possa essere tacciato di molestia (un atto non consensuale), e lo è a ragione, perché la tradizione così l’ha voluta.

La buona e bella Rosaspina (la fu Talia) non è certo la sola principessa a giovare di questo colpo di spugna: la Zezolla di Basile, ad esempio, dalle cui versioni rivedute e corrette deriva la nostra amata e celebre Cenerentola, uccide la propria (prima) matrigna. E non c’è nulla di cui stupirsi se si parte dal presupposto che le fiabe di Basile non siano state pensate per bambini, ma per un pubblico adulto.

Associare “molestia” e “Bella Addormentata” significa in primis ignorarne la tradizione.

Il bacio del principe, punto del racconto cui si arriva quando il bambino è in pena per il destino della povera principessa, non può essere frainteso: è un bacio salvifico.
Il concetto di consenso non trova spazio perché non ha senso in quel determinato contesto, dove già sappiamo che la principessa ama il principe – non può essere altrimenti – e che solo il bacio potrà restituirle la vita.

Una simile cornice narrativa, estranea a qualsiasi accusa di violenza, aggressione o molestia, può invece veicolare l’immagine della donna passiva rispetto agli eventi e dipendente dall’uomo: lei non può salvarsi, deve essere salvata.
Tuttavia, le fiabe avevano scopi educativi nei secoli scorsi, non certo oggi, dove l’educazione dei bambini è affidata ai genitori e agli insegnanti – soggetti cui si unisce l’ingombrante mondo 2.0: giochi virtuali, social network, programmi televisivi, film, fiction eccetera.

Non c’è spazio per la povera Bella Addormentata.

Percorsi i dieci passi a ritroso torniamo al tweet di Sarah. L’hashtag scelto è #MeToo, cioè quello utilizzato dalle donne che, vincendo la vergogna e la paura, confessano una violenza subita. Accostare la molestia (inesistente) della Bella Addormentata alle molestie (reali e sofferte) delle donne che in rete hanno trovato una dimensione entro cui dar sfogo al proprio dolore spoglia di credibilità la prima e le seconde – tutte messe nello stesso calderone –, perché non è quello lo spazio di una riflessione a scopi educativi.

Per una donna non è semplice denunciare una molestia. Oltre alle già citate vergogna e paura, deve scontrarsi anche con il giudizio e con la diffidenza della gente, sempre pronta a scovare pretesti per ribaltare le colpe: “non è detto che lui sia una bestia, forse è stata lei a provocarlo” – finché la lei in questione non sia la figlia, madre, sorella, moglie, fidanzata, amica, zia, nonna, insomma una chiunque cui si è legati, e allora la prospettiva cambia e il carnefice è il carnefice e la vittima è la vittima, senza ribaltamento di ruoli.

Più che di crociate contro la Bella Addormentata o qualsiasi altra fiaba, abbiamo necessità di prendere atto della scarsa, se non nulla, utilità di un calderone banalizzante.

Rosa Ciglio

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