Lo Sheriff è tornato a stupire il mondo. Come se non bastassero le imprese calcistiche, alcune raggiunte, altre sfiorate, registratesi nel corso della corrente edizione della Champions League, il club moldavo è tornato a far parlare di sé. E lo ha fatto ancora una volta in maniera prorompente, come ci ha abituati a fare negli ultimi mesi. Ma stavolta lo Sheriff si è messo in evidenza per alcuni significativi episodi accaduti lontano dai campi di calcio. Calciatori ed allenatore del club si sono infatti distinti nell’ambito dell’opposizione all’attuale contesto bellico che vede contrapposta la Russia all’Ucraina.
Prima, qualche settimana fa, il tecnico della squadra, Yuriy Vernydub, ucraino di nascita, ha deciso di abbandonare la guida del club con il fine di combattere l’esercito russo ed unirsi così ai corpi di “difesa territoriale” ucraini. Il desiderio dell’allenatore di difendere la sua famiglia e la sua patria è stato più forte di qualunque suggestione calcistica e di qualunque voglia di tornare a ripetersi in eroiche imprese in campo internazionale.
A distanza di poco tempo, in seguito alla straordinaria e lodevole decisione del loro allenatore, i calciatori dello Sheriff, già noti per le loro eroiche performance mostrate in Champions, hanno compiuto un gesto senza precedenti, facendosi fotografare con uno striscione riportante la scritta “Stop war” prima di scendere in campo nella partita di campionato contro i rivali del Milsami Orhei.
Si tratta di due episodi quantomeno significativi, se si pensa che lo Sheriff è di proprietà di un gruppo di oligarchi russi – ex agenti del KGB – molto legati al governo di Mosca, la cui influenza sulla società è innegabile. Lo Sheriff riporta infatti lo stesso nome di un consorzio di aziende (tra cui negozi, stazioni di benzina ecc.) che domina la vita politica ed economica della Transnistria, una lunga striscia di terra della Moldova, al confine con l’Ucraina. Tiraspol, che è il principale centro industriale e produttivo della regione, nonché città che dà il nome alla squadra di calcio, è il capoluogo dei Russi e dei russofoni residenti nella regione.
In altre parole, lo Sheriff – o meglio i suoi calciatori ed il suo allenatore – sta ancora una volta dimostrando il suo ruolo di outsider, sebbene stavolta in un importante contesto extracalcistico. Il nome del club popola le testate giornalistiche, le radio e le televisioni ormai dallo scorso autunno, precisamente dalla sera del 28 settembre 2021, quando Yuriy Vernydub ed il suo Sheriff Tiraspol avevano battuto il Real Madrid in Champions League. Una vittoria che era valsa la – pur temporanea, ma inimmaginabile e forse irripetibile – testa della classifica in un girone che vedeva presente anche l’Inter di Simone Inzaghi.
A partire da quel leggendario successo – da molti paragonato a quello di Davide contro Golia – lo Sheriff è diventato il sinonimo del club cenerentola che in realtà si scopre pieno di talento e di risorse e che finisce per stupire tutti. E oggi, dopo le vicende descritte poc’anzi, possiamo dire che lo Sheriff ha stupito di nuovo tutti.
Eppure, lo Sheriff Tiraspol poteva essere considerato tutto fuorché una favola, un club da sempre considerato una sorta di cavallo di Troia russo in Moldavia. Almeno se si pensa all’origine del supporto economico che ha tenuto il club in piedi nel corso degli anni. La regione della Transnistria, infatti, è che una sorta di enclave ribelle che ha dichiarato la propria indipendenza nel 1990 e che non è stata mai ufficialmente parte della Repubblica di Moldova, formatasi nel 1991. Sebbene non sia riconosciuta a livello internazionale, la Transnistria è sopravvissuta come “repubblica” indipendente grazie soprattutto agli aiuti economici e militari della Russia. Ancora oggi la Russia possiede in Transnistria un contingente dell’esercito di circa 1.500 unità che agisce in qualità di guardiano della sicurezza nell’area, supporta gli anziani transnistriani pagandogli una pensione aggiuntiva e, soprattutto, fornisce alla regione gas a prezzi vantaggiosi.
Negli ultimi anni, grazie allo sviluppo di relazioni commerciali con la Moldavia, l’Ucraina e l’Unione Europea, gli oligarchi del gruppo Sheriff hanno acquisito una certa indipendenza da Mosca. Non sorprende del tutto, quindi, che nelle ultime settimane la Transnistria sia stata oggetto di attacchi compiuti da forze russe o filorusse. Il fine sarebbe, apparentemente, quello di creare un potenziale pretesto che giustifichi un’invasione della Moldavia o un’invasione dell’Ucraina da ovest.
In un tale contesto, tralasciando gli aspetti politico-militari, le azioni di giocatori ed allenatore si vanno lette in contrapposizione con la storia e le origini del club ed inserite nell’ambito di un generale rifiuto a sostenere le azioni belliche della Russia. Anzi, si può senz’altro dire che il gesto dell’allenatore e dei giocatori dello Sheriff abbia rappresentato un vero e proprio pugno allo stomaco per la Russia e stia incarnando quello spirito di ribellione e di antisistema che dovrebbe caratterizzare tutto il mondo calcistico e sportivo nell’attuale contesto che vede l’Ucraina subire ingiustificati attacchi militari. La speranza è che una tale dimostrazione possa servire da esempio per altri giocatori, allenatori o club, magari anche quelli oltre il confine ucraino.
Amedeo Polichetti