La legge sul reato di tortura, sebbene abbia ottenuto il via libera della Camera già nell’aprile del 2015, è ferma al vaglio del Senato da oramai più di un anno. A luglio il capogruppo del PD al Senato Luigi Zanda si era dimostrato molto fiducioso, dichiarando che la legge sarebbe divenuta esecutiva non più tardi della pausa estiva. Nel corrente mese di novembre in Italia ancora non esiste una legge sul reato di tortura e le dichiarazioni rilasciate da alcuni politici lasciano poco spazio alla speranza di ottenerla a breve.
Sono passati 25 anni dall’emanazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, che prevede che ogni stato si adoperi per perseguire penalmente quegli atti di tortura delineati all’art. 1 della Convenzione stessa; risulta quantomeno auspicabile che anche l’Italia adatti il suo codice penale agli standard internazionali, contribuendo alla prevenzione della tortura e dei maltrattamenti.
In Italia mancano da troppo tempo strumenti giuridici adeguati per prevenire e punire efficacemente quelle che di fatto sono vere e proprie violazioni dei diritti umani. Quanti dei responsabili coinvolti negli orrori commessi durante il G8 o alla Diaz sono sfuggiti alla giustizia a causa di questo vuoto legislativo? Quanti Cucchi e Mastrogiovanni devono ancora morire per mano delle istituzioni?
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia, si mostra pessimista e dichiara che arrivati a questo punto nemmeno questa sarà la legislatura che darà alla luce la legge sul reato di tortura. In effetti, con il voto referendario alle porte, le preocccupazioni del Parlamento sembrano orbitare attorno ad altri problemi.
Ma chi è che blocca l’approvazione di questa legge? Secondo Loredana De Petris capogruppo di Sinistra Italiana al Senato, sarebbero i veti politici posti dalla maggioranza ad aver bloccato proposta di legge. La senatrice sottolinea inoltre che ogni disposizione atta ad inserire la discussione della legge nell’agenda del Senato, viene rifiutata a favore della discussione di argomenti meno divisivi.
Per Angelino Alfano la scelta di mettere da parte la discussione della legge è «molto saggia», prima di tutto in quanto sarebbero da chiarire alcuni termini presenti nel testo, come ad esempio quello di tortura psicologica e in secondo luogo con il chiaro scopo di non far arrivare al voto la legge sul numero identificativo per le forze dell’ordine. In conclusione la sospensione della discussione del ddl tortura sarebbe secondo Alfano ottimale per ripensare un nuovo testo che eviti la nascita di equivoci sull’uso legittimo della forza da parte delle Forze di Polizia.
Maurizio Gasparri (Forza Italia) si esprime con meno giri di parole a tal riguardo e dichiara che la legge rischierebbe di inibire l’uso legittimo della forza da parte di poliziotti e carabinieri e di chiunque sia impegnato a garantire l’ordine pubblico.
Non poteva mancare l’intervento di Matteo Salvini (Lega Nord) che dichiara: «Chiunque oggi è contro la tortura, ma la legge è sbagliata e pericolosa. Espone i poliziotti e i carabinieri al ricatto dei delinquenti». Ricordiamo che a Luglio il leader del carroccio aveva utilizzato toni tutt’altro che moderati, regalando una dichiarazione tradita forse da troppa passione: «Le forze di polizia devono avere libertà di azione assoluta», disse «se poi un delinquente lo devo prendere per il collo e si sbuccia il ginocchio… cazzi suoi».
Il Parlamento sembra dunque non essere ancora pronto alla creazione di una legge sulla tortura, e quel che è peggio è che tale reato continui a non esistere nel vocabolario penale poiché ai vertici della polizia e della politica sembra non essere chiara l’importanza dell’approvazione di questa legge. Non si tratta di una legge che ha lo scopo di criminalizzare le Forze dell’Ordine, bensì di una legge volta alla tutela dei cittadini, contro gli abusi di potere e la violazione del diritto da parte di qualsiasi istituzione.
Sara Bortolati