Dimmi cosa pubblichi e ti dirò chi sei. Possiamo capire le personalità degli utenti dei Social dai loro profili? Cosa nasconde un post, un like o una foto? Ci troviamo spesso a reperire dal mondo social informazioni su chi incontriamo nella vita di tutti i giorni e questo, non solo per poterci conversare ma anche perché, inconsciamente, sappiamo che dal suo profilo capiremo la sua personalità e, ovviamente, laddove ci siano, i disturbi da cui è affetto.
A riprova di quanto detto, i ricercatori della Brunel University del Regno Unito hanno condotto degli studi i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Personality and individual differences . La ricerca che ha prodotto tali risultati consiste nel sottoporre 555 utenti Facebook ad un questionario relativo alla personalità. Comparando i risultati dei questionari ai profili social di ogni soggetto si è trovata corrispondenza. Sono stati, inoltre, elaborati dei profili psicologici in relazione ai social, come ad esempio, il narcisista in cerca di like che posta i suoi migliori risultati in diete, esercizio fisico o lavoro; l’insicuro che scrive spesso del suo partner per vincere l’insicurezza; l’estroverso che vede nei social possibilità di interazione; il nevrotico che si sente inserito se i suoi post sono apprezzati ed emarginato se passano in sordina.
Si è notato, per i soggetti a cui appartiene un profilo psicologico che sottintende un disturbo di personalità, un uso particolare dei social, quasi una dipendenza. Chi ha un disturbo di questo genere ha pensieri e comportamenti così radicati da essere limitanti ed invalidanti. I disturbi che piú appartengono al mondo dei social sono: il narcisismo, il dismorfismo corporeo legato a disturbi alimentari, depressione e ansia.
Il narcisismo porta il soggetto ad egocentrismo, egoismo, deficit nella capacità di provare empatia verso gli altri ed una percezione di sé grandiosa. Nell’ era dei social, Narciso si specchia nella fotocamera del proprio cellulare alla ricerca del selfie perfetto che lo ritragga in tutta la sua bellezza. Narciso, oggi, si perde un tramonto perché deve fotografarlo con la luce giusta; Narciso non si accorge del sorriso che, ogni mattina, gli fa la sua nuova vicina di casa perché sta facendo una storia su Instagram. Narciso vive nei social e dei like sui social e non del mondo reale.
A confermare questa teoria è lo studio fatto da due università della Germania e pubblicate sul Journal of Personality. Queste hanno analizzato 25 000 soggetti ed hanno riscontrato che i narcisisti passano sui Social più tempo dei normali utenti.
Il dismorfismo corporeo porta il soggetto ad avere un’ossessione per i difetti del proprio corpo, ad ingigantirli, odiarli e a porre rimedio ad essi in modo pericoloso sfociando nei disturbi dell’alimentazione come anoressia e bulimia. A peggiorare il disagio per un corpo con piace è il paragone di esso con gli stereotipi moderni di bellezza. Se prima era solo la televisione a dettare i canoni di bellezza ora anche i social concorrono a ciò. Chi decide di essere più “bello” può trovare modelli e sostegno nel suo cammino da brutto anatroccolo a cigno, proprio nei svariati gruppi chiusi creati da altre persone affette da questi disturbi. Si è convinti di essere perfetti in corpi scheletrici e si postano senza problemi i propri traguardi, kg in meno dopo kg in meno, costola dopo costola.
De Vries (2016), in uno studio longitudinale su un campione di adolescenti olandesi di età compresa tra gli 11 e i 18 anni, ha approfondito la relazione tra l’uso dei social network e l’insoddisfazione corporea, confermando che i social network costituiscono un ulteriore canale socioculturale che influenza l’immagine corporea degli adolescenti; infatti maggiore è il suo utilizzo, maggiore risulta l’insoddisfazione corporea tra gli adolescenti, sia nei maschi che nelle femmine.
L’ansia e la depressione si nutrono dei post e delle vite perfette degli altri utenti social. Immagini di momenti di aggregazione, di viaggi o di coppie felici non fanno altro che aumentare la solitudine che un soggetto depresso può provare, aumentano l’ansia di non avere mai una vita come quelle ammirate nella propria home. Può capitare di ricercare, proprio in perfetti sconosciuti, compagnia e sostegno; ma il tutto finisce solo per aumentare la malinconia di un freddo schermo che non sarà mai il caloroso abbraccio di cui si ha bisogno. Il bisogno di affetto è direttamente proporzionale alle ore passate sui Social. Secondo una ricerca pubblicata a fine 2016 sulla rivista Computers in Human Behavior, infatti, non sarebbe solo il tempo passato sui social network a essere fonte di ansia e depressione. Un ruolo fondamentale lo avrebbe anche il numero di account utilizzati. Chi, infatti, è connesso a più di sette account avrebbe una probabilità tre volte maggiore di sviluppare disturbi depressivi rispetto a coloro i quali adoperano una o due piattaforme.
Guardare bene all’utilizzo che facciamo dei social potrebbe mostrare patologie o tendenze psichiche che non credevamo plausibili così da porvi rimedio. Ogni eccesso sottintende qualcosa che funziona male o non funziona proprio. Allo stesso tempo, vedere come gli altri utilizzano i social ci può informare o mettere in guardia da soggetti patologici e magari evitare situazioni pericolose.
Valentina Di Fonzo