“Il potere non è un mezzo, è un fine. Non si stabilisce una dittatura nell’intento di salvaguardare una rivoluzione; ma si fa una rivoluzione nell’intento di stabilire una dittatura. Il fine del potere è il potere.”
1984
I miei colleghi, in redazione, mi rimproverano di citare troppo spesso Orwell. E probabilmente hanno ragione: è più forte di me. Ma tra le poche certezze che la vita ci riserva, c’è la convinzione sistematica che la Storia sia una maestra dagli alunni poco attenti.
Cari lettori, pochi giorni fa ho avuto il piacere di imbattermi nel nuovo blog di Matteo Renzi e nel suo primo post dal titolo “Il futuro, prima o poi, torna”. Tra soliti richiami ai boy scout e dissertazioni anaforiche sui mille prodigi compiuti durante i mille giorni di governo (e ad essere onesti, anche qualche lieve autocritica), il nostro buon Matteo esplicita, tra le righe, il suo imminente ritorno nell’agone politico.
Adesso, tralasciando l’inventiva a dir poco geniale con cui è riuscito a contraddirsi ben due volte in un solo gesto (l’apertura di un blog, per cui tanto aveva criticato Beppe Grillo; il ritorno alla politica, che aveva tassativamente escluso in caso di sconfitta al referendum), preferirei concentrarmi sul significato e sulle conseguenze di una simile mossa – che peraltro, tutti ci aspettavamo.
Renzi è tornato alla carica e le sue intenzioni non sembrano affatto “pacifiche”. Dalle stanze dei bottoni trapela già l’intenzione di terminare l’esperienza di Gentiloni e preparare il ritorno alle urne nel prossimo mese di giugno.
Ma l’Italia è pronta per il voto? A mio avviso, assolutamente no. In un contesto del genere, la possibilità di rivedere Renzi a Palazzo Chigi è poco rilevante. Vanno piuttosto considerate altre questioni. Cerchiamo di capire quali.
Come certamente saprete, pochi giorni fa la sentenza della Consulta ha smantellato l’impianto della legge elettorale, cancellando il ballottaggio e portandoci verso un proporzionale quasi puro, in cui nessuna delle coalizioni avrebbe la forza di raggiungere il sospirato 40% per accedere al premio di maggioranza alla Camera. Con il meccanismo differente in vigore al Senato, eletto su base regionale, la situazione si fa ancora più ingarbugliata.
Appare quindi chiaro che nessuno, neppure in una “grande coalizione”, avrebbe i numeri per governare; ed ecco perché dicevo che la figura di Renzi, per adesso, non ci interessa più di tanto. Fosse passato il referendum costituzionale non ci saremmo posti il problema, penserete voi: ed è proprio questo il punto.
Non si tratta, per l’ennesima volta, di scegliere se stare con Renzi o contro Renzi.
Si tratta di superare una stagione di politiche del tutto fallimentari, che anziché cambiare volto all’Italia hanno generato confusione, perdita di tempo, disastri sociali. Detto della riforma costituzionale bocciata al referendum, e della legge elettorale azzoppata dalla Consulta, bisogna ricordare che anche una parte sostanziosa del Jobs Act sarà oggetto di referendum nella prossima primavera. E sulla Buona Scuola la lotta continua incessante.
Chi cade nella tentazione di spiegare tutto con il conservatorismo di un sistema che intende solo salvaguardare e perpetuare se stesso si dimostra incapace di una qualsiasi visione sistemica. Renzi avrebbe dovuto incarnare l’uomo della provvidenza, il nuovo che avanza: ha lasciato invece conti pubblici peggiorati e una crisi sociale ingestibile.
Quel che gli è mancato, oltre a un bel po’ di umiltà, è la cognizione d’insieme, la percezione della realtà: mentre i suoi amichetti incravattati lo accompagnavano sottobraccio elogiandolo, per poi scappare spostando altrove la sede legale, c’erano tre generazioni che perdevano ogni diritto, ogni certezza, ogni tutela.
La narrazione renziana è già vecchia, e non è un caso che a distanza di pochi mesi di quelle riforme non resti che un conglomerato caotico e privo di senso. Ecco perché non ci sarà nessuna riabilitazione, nessun ritorno che potrà mai riscrivere una storia già cancellata. Perché, caro Matteo, non è il futuro ad essere tornato: è il presente che non se n’è mai andato.
Buona domenica, lettori cari.
Emanuele Tanzilli
@EmaTanzilli
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