La vicenda della Sea Watch 3, guidata da Carola Rackete, ha nuovamente evidenziato la morbosa necessità di Salvini di vestire innocenti dei panni del nemico ideale, sul quale strutturare una perenne, squallida, e poco consapevole campagna d’odio.
Niente di nuovo sul fronte occidentale, purtroppo. Ancora una volta la propaganda salviniana porta a demoralizzanti considerazioni, figlie di un atteggiamento che mette in evidenza tutta la crudeltà di una comunicazione tanto vera nella dialettica quanto povera nei contenuti. Ma questa è la grande forza della Lega: riuscire a sintetizzare l’elemento politico in un linguaggio social accessibile a tutti, così che questo possa essere fruibile da parte di una schiera sempre crescente di “seguaci”, nell’accezione più letterale del termine. E intanto il senso di umanità scompare progressivamente, la solidarietà lascia il posto all’indifferenza, e dimentichiamo quanto sia importante non discriminare e creare un ecosistema di supporto reciproco, cooperazione e assistenza.
Ciò che è accaduto con la nave Sea Watch 3 è stata l’ennesima testimonianza – se ancora ce ne fosse bisogno – dell’assurda, costante necessità, inculcata dall’alto e raccolta da gran parte del popolo come una pioggia d’oro, di una caccia al nemico che legittima uno sterile e insensato bisogno di odio. Carola Rackete, la Capitana, è stata arrestata, con somma ed infinita gioia del Capitano, che adesso ha qualcosa in più con cui riempire i suoi canali, qualche post in più con cui raccogliere il becero consenso di chi rispetto alle dinamiche, finanche giuridiche, in ballo, ci capisce meno che niente. E questo, d’altra parte, non può che qualificare ulteriormente – in negativo – la deprimente decadenza del dibattito politico e della consapevolezza culturale italiani. Il tutto accuratamente testimoniato dal degradante turpiloquio di “accoglienza” alla nave fatta sbarcare a Lampedusa, documentato in formato audio-video direttamente dagli esponenti della Lega presenti sul posto.
Le accuse a Carola Rackete
Prescindendo dal discorso sull’etica e sul dovere morale, nonostante sia sempre opportuno – soprattutto in queste occasioni – scomodare Sofocle e la sua Antigone, genio anacronistico per la sua epoca e per questo così straordinariamente attuale, la questione della Sea Watch 3 e di Carola Rackete, come detto in precedenza, porta a galla tutta una serie di dinamiche di tipo giuridico che mettono le radici nelle norme a fondamento dell’ordinamento internazionale. La propaganda del Ministro dell’Interno è sempre intrisa di quel buonismo celebrativo che fa leva sulle coscienze della massa: le analisi di Salvini, infatti, passano sempre esclusivamente per una sola prospettiva, quella che ovviamente rende appetibili le proprie istanze, circumnavigando – è il caso di dirlo – le vere dinamiche risolutive dei problemi che egli stesso solleva.
La capitana della Sea Watch, Carola Rackete, è stata spedita in carcere con le molteplici accuse di favoreggiamento all’immigrazione clandestina ex art. 12 del D.Lgs 286/98; violazione dell’art. 1100 del Codice della Navigazione, cioè resistenza contro nave da guerra nazionale; tentato naufragio di una motovedetta della GdF. In questo specifico ordine: perché il motivo che ha portato all’escalation di queste accuse è da ricercare nel mancato rispetto – o nella non-conoscenza – da parte di Salvini, di alcune delle colonne portanti, in termini normativi, dell’ordinamento internazionale, di cui l’Italia, manco a dirlo, fa parte (cogliere tono ironico).
Prima di tutto, a fare da detonatore alle persecuzioni verso le ONG c’è la convinzione che queste ultime spingano le persone a partire dai loro luoghi d’origine, che siano, insomma, i motori propulsori dei processi migratori così fortemente perseguitati. I primi dati che vanno a sconfessare questa errata convinzione proviene da uno studio portato avanti da Matteo Villa, ricercatore dell’ISPI, il quale ha aggregato e analizzato minuziosamente una serie di dati raccolti dall’UNHCR (l’agenzia specializzata dell’ONU che si occupa di tutela nei confronti dei rifugiati) e presentati in un thread su Twitter.
Da ciò che si evince dai dati in questione, le partenze giornaliere seguite alla decisione del Vicepremier di fermare le attività delle ONG nel Mediterraneo sono paradossalmente aumentate. Se prima vi erano 62 partenze al giorno, dal primo maggio al ventuno giugno ve ne sono state 76. Questo, però, come specifica Villa, non costituisce un pull factor all’incontrario: semplicemente, non esiste alcuna correlazione tra la presenza delle navi delle ONG in mare e le partenze. Non è un business, non è fare politica sulla pelle dei migranti: è mero complottismo, questo certamente. Analizzare dati, approfondire le fonti, documentarsi in maniera consapevole è lavoro faticoso, non da tutti. Salvini, uomo intelligente, ne è assolutamente consapevole, e ne trae giovamento per le sue sobrie dirette Facebook in cui accusa le ONG di rendersi protagoniste del traffico di esseri umani. È questo che fa aumentare il consenso, dire cose ma non dirle tutte, celarne una parte giocando sulla poca consapevolezza dei propri followers, così da conferire legittimità alle proprie affermazioni.
E il diritto internazionale?
Per il Ministro dell’Interno, la Sea Watch 3, guidata dalla sua capitana, ha favorito l’immigrazione clandestina. Tuttavia, quello che lo stesso Salvini non riesce a realizzare – o che fa finta di non capire – è che, oltre che da una nobilissima spinta morale, Carola Rackete è stata legittimamente guidata dalle norme di diritto internazionale, che ovviamente hanno alimentato lo spirito di legalità di una missione umanitaria inoppugnabile. Nell’indifferenza totale di altri Paesi europei, l’unico porto dal quale era giunta la disponibilità per far attraccare la nave era Tripoli, capitale di uno Stato in guerra e che l’ONU ha già bollato come contesto nel quale si consumano “indicibili orrori”. Questo avrebbe ovviamente implicato mettere le 53 persone a bordo in pericolo, in una situazione di totale contrasto con l’obbligo di non refoulment.
Tale principio di natura consuetudinaria e codificato, peraltro, nella Convenzione sullo statuto dei rifugiati del 1951, stabilisce il divieto di respingere i richiedenti asilo in territori, d’origine e non, nei quali possono essere sottoposti a torture o altre violazioni dei diritti umani. Se è vero che la norma quadro dell’immaginario salviniano è il Decreto Sicurezza, è altrettanto vero che, in base all’articolo 10 della Costituzione – chiamato in gergo tecnico trasformatore permanente – l’Italia adegua il proprio ordinamento alle norme di tipo consuetudinario, come appunto il divieto di refoulment, conferendo alla norma un valore sovraordinato rispetto alle fonti ordinarie, ma ovviamente poste al di sotto dei valori inderogabili dell’ordinamento italiano. Come si traduce tutto ciò? In caso di contrasto tra due norme, in questa occasione specifica di rango differente, a prevalere deve essere la norma consuetudinaria, perché incorporata sulla base di una legge dal valore costituzionale. Insomma, la Sea Watch 3 non ha compiuto nessun tipo di violazione provando ad attraccare in territorio italiano con il fine ultimo di mettere in salvo le 53 persone in pericolo. Piuttosto, la resistenza imposta da Salvini ha generato, in una sorta di effetto cascata, l’involontaria colluttazione con la motovedetta della Guardia di Finanza, ovviamente presa a pretesto ex post per demonizzare la figura della ragazza.
La missione di Carola Rackete, pienamente conforme al diritto internazionale e alla sua ardente anima solidaristica, deve essere guardata dalla prospettiva di chi vuole garantire tutela ad individui che fuggono da contesti bellici, dove vengono attuati trattamenti umanamente degradanti e ogni genere di violazione dei diritti umani. Il compito di cui si è fatta carico non può e non deve essere mortificato presentandolo come fuori dalle imposizioni normative italiane. Fuorilegge è solo il bisogno di odio illegittimamente propagandato dalle Destre europee, di cui Salvini si fa fiero portavoce, ma che viene fortunatamente temperato dal forte senso di umanità di una folta frangia di personalità politiche e di comuni cittadini che stanno offrendo uno straordinario supporto alla Capitana. La sfida, però, si sposta ora sul piano politico: va necessariamente ricercata un’alternativa alla staticità della Sinistra, perché su quel fronte qualcosa possa finalmente muoversi, e possa essere, dopo anni di buio assoluto, riscoperto infine il senso della cooperazione e della fratellanza tra individui.
Presidio solidale per Carola a piazzale Esquilino (Roma) Presidio solidale per Carola a piazzale Esquilino (Roma) Presidio solidale per Carola a piazzale Esquilino (Roma) Presidio solidale per Carola a piazzale Esquilino (Roma) Presidio solidale per Carola a piazzale Esquilino (Roma) Presidio solidale per Carola a piazzale Esquilino (Roma) Presidio solidale per Carola a piazzale Esquilino (Roma) Presidio solidale per Carola a piazzale Esquilino (Roma) Presidio solidale per Carola a piazzale Esquilino (Roma) Presidio solidale per Carola a piazzale Esquilino (Roma) Presidio solidale per Carola a piazzale Esquilino (Roma) Presidio solidale per Carola a piazzale Esquilino (Roma) Presidio solidale per Carola a piazzale Esquilino (Roma)
Vincenzo Marotta
Immagine di copertina: Style24.com
Photo Credits: Elisabetta Elia