Questo periodo storico si prospetta fortemente decisivo per il futuro della Colombia.
Non di poco conto, infatti, si dimostra l’ennesimo tentativo di pace tra la FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) ed il governo colombiano.
Il primo accordo di pace tra le due parti risale, passati quattro anni di negoziati all’Avana, al 25 agosto scorso. Ufficializzato attraverso una cerimonia per le firme tenutasi il giorno seguente, unica condizione di tale accordo era l’approvazione popolare.
Il 2 ottobre scorso si è svolto, infatti, un referendum popolare per la ratifica o il respingimento dell’accordo stesso. Il fronte del “No”, con una percentuale del 50.2 dei votanti, sorprende molti analisti e osservatori politici, che avevano indicato la vittoria del “Sì” come fortemente probabile, e boccia il testo ritenendolo sbilanciato a favore dei ribelli.
Tra i più convinti sostenitori del “No” ritroviamo Alvaro Uribe, l’ex presidente della Colombia, il quale ha espresso parole severe nei confronti del governo colombiano:
«L’accordo ha aperto la strada dell’immunità per un gruppo che si è macchiato di delitti gravissimi. Nessun paese democratico al mondo ha stretto un accordo di pace con dei terroristi. Né l’Italia con le Brigate Rosse, né la Spagna con l’ETA», e ancora: «Non si firma la pace con un gruppo che vive e prospera trafficando cocaina. Le FARC sono persone che posseggono grandi ricchezze, che hanno sequestrato, ucciso, fatto sparire migliaia di persone. Gente che non è disposta a sganciare neanche un centesimo per risarcire le vittime. Con il denaro che hanno accumulato in questo mezzo secolo sono in grado di raccogliere il più grande arsenale del mondo».
D’altra parte il fronte del “Sì” crede che la pace sia un bene che necessita di essere perseguito in ogni modo, anche attraverso un accordo con le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia.
Juan Manuel Santos, presidente della Colombia in carica, crede fortemente nell’idea che la pace non possa attendere oltre, e che sia necessario un accordo con le FARC affinché la Colombia possa finalmente smettere di vivere nel terrore.
In forza di ciò, Santos non si arrende e torna al tavolo delle negoziazioni. Insieme al leader della FARC, Rodrigo Londono, è stato firmato giovedì 24 novembre un nuovo accordo di pace.
Dalla bocciatura del precedente accordo sono seguite 500 proposte di modifica divise in 57 temi. Per la redazione del nuovo accordo di pace, affinché il nuovo testo potesse essere espressione dell’intera comunità colombiana, Santos ha, inoltre, convocato le diverse parti politiche presenti sul territorio. L’incontro scaturito è stato fortemente teso, e non è riuscito a mettere d’accordo tutti: le differenze tra le parti si confermano al momento inconciliabili, tanto che Uribe richiede un incontro con i dirigenti delle FARC e l’indizione di un nuovo referendum a riguardo.
Il nuovo accordo prevede cambiamenti su 56 punti rispetto al precedente testo, ma il più delicato di tutti resta il reinserimento nella vita civile degli ex guerriglieri, contro i quali il fronte del “No” chiedeva pene detentive.
Sia il governo che le FARC, d’altro canto, argomentano che l’obiettivo primo del processo di pace era proprio tale ritorno alla vita civile e politica dei guerriglieri.
Ad ogni modo, secondo i nuovi accordi, gli appartenenti alle FARC potranno lasciare le zone in cui saranno dislocati unicamente in fasce orarie e secondo i termini stabiliti dai Tribunali speciali della pace (composti sia da giudici colombiani che osservatori, ma non giudici, stranieri) per un periodo che va dai 5 agli 8 anni.
Altro punto caldo è la possibilità dei membri delle FARC di essere eletti a cariche pubbliche. Il nuovo accordo, a riguardo, esclude la possibilità che si candidino nelle aree ritenute maggiormente sensibili del conflitto per evitare che si verifichino situazioni gravose o di ricatto ai danni della popolazione locale.
Santos, fiducioso, definisce quest’intesa come «di tutti i colombiani», definendo le iniziative degli oppositori fondamentale contributo per la creazione di questo nuovo accordo. In ragione di ciò, tale patto non sarà sottoposto a referendum ma dovrà essere ratificato dal Congresso.
Invita, inoltre, «tutti i colombiani e la comunità internazionale […] a sostenere questa nuova intesa e la sua rapida attuazione in modo da lasciarci alle spalle la tragedia della guerra», in favore di un accordo destinato a passare alla storia come il “trattato della fiducia” per la costruzione di ciò che il negoziatore delle FARC, Ivan Marquez, definisce il “Paese della concordia”.
Ginevra Caterino