Dall’EXPO al Mose, da Mafia Capitale al Terzo Valico, dalla TAV alla Salerno-Reggio Calabria, passando per un’infinità di lavori pubblici, compravendita di voti e di cariche: l’esperienza ci insegna che, quando si tratta di corruzione, in Italia non siamo secondi a nessuno.
Eppure, secondo le statistiche più recenti di Transparency, in Europa c’è qualcuno a cui siamo secondi: la Bulgaria. Per adesso. L’indice di corruzione percepita colloca infatti l’Italia al 61° posto nel mondo e al penultimo in Europa, ma ci stiamo impegnando per fare di peggio.
È storia recente l’esecuzione di decine di misure di custodia cautelare per corruzione, concussione e turbativa d’asta in un giro d’affari da 324 milioni di euro nell’ambito della realizzazione del Terzo Valico, la linea ferroviaria ad alta velocità che dovrebbe collegare Genova a Milano. Nel mirino sono finiti imprenditori che si aggiudicavano gli appalti per poche decine di euro di ribasso, con la compiacenza dei dirigenti preposti a vigilare sulle gare.
Volti silenziosi che consegnano anonime buste bianche nelle mani giuste. Telefonate in codice e gesti per confermare che è tutto a posto, che non ci sono problemi. Nel sistema che Guardia di Finanza e Carabinieri hanno appena scardinato si condensa l’immagine logora e grigia di un sistema che combatte una guerra intestina: uno Stato che non è e non sarà mai credibile né meritevole di fiducia.
Da anni i militanti e le popolazioni che si oppongono alla realizzazione delle “Grandi Opere” sono classificati come terroristi, demonizzati dai media di regime e messi a tacere con metodi fascisti.
Ne sa qualcosa Erri De Luca, che si è visto mettere sotto processo con l’accusa di istigazione al sabotaggio. Ne sanno, e molto, i manifestanti No TAV e No Terzo Valico, più volte caricati e pestati come nemici della Grande Italia.
Ogni volta, tuttavia, giunge puntuale la dimostrazione che di Grande ci sono solo le tasche che si ingrossano, e che i veri terroristi sono coloro che costruiscono palazzi con la sabbia, lasciano crollare ponti, sottraggono miliardi alla collettività per speculare fino all’ultimo centesimo.
Parliamoci chiaro: questa è gente abituata a ragionare con mentalità mafiosa, del tutto indifferente alle condizioni dei lavoratori, alla devastazione ambientale, a chi muore durante i terremoti o negli incidenti. Gente che venderebbe i suoi stessi figli per corruzione. Giusto quindi che marciscano in carcere e si godano il resto della loro miserabile vita con indosso un pigiama a quadri.
Ma in Italia le normative contro la corruzione sono ancora velleitarie e poco incisive, finendo spesso per sfumare in patteggiamenti con domiciliari o affidamento ai servizi sociali. Troppo poco, per chi sputa sul destino del proprio Paese dopo aver ingrossato a dismisura la pancia. Lo denunciano da tempo associazioni come Riparte il Futuro, nate con lo scopo specifico di sensibilizzare sull’importanza di dotarsi di adeguati strumenti legislativi per contrastare il fenomeno.
Il problema resta quindi a noi. A noi che troppo spesso ci abbandoniamo all’idea che sia una legge di natura, che il potere governi sul potere e nient’altro.
A noi che siamo incapaci di selezionare una classe dirigente e abbiamo smarrito il senso della questione morale su cui Berlinguer fondò tutto il suo agire politico. A noi che spesso ci lasciamo corrompere con pochi spiccioli per vivere di luce riflessa il sogno di un’Italia arraffona e volgare, puttaniera e fannullona. Ricordiamoci allora che:
Un popolo che elegge corrotti, impostori, ladri, traditori, non è vittima, è complice.
[G. Orwell]
A domenica prossima, lettori cari.
Emanuele Tanzilli
@EmaTanzilli