Matteo Renzi (sostituito da un Orfini in affanno) è tornato ad essere il segretario del PD con circa il 72.5% dei voti; Andrea Orlando e Michele Emiliano raccolgono rispettivamente il 19,1 e l’ 8,4% delle preferenze.
Nessuna grande sorpresa, dunque, per l’esito di una campagna elettorale che ha saputo entusiasmare poco gli italiani, perché debole e logora fin dal principio, e che ha visto Renzi tornare ad essere segretario del PD. L’animo è sembrato accendersi solo nelle ultime ore: Orlando – nei giorni passati concentrato soprattutto sulla questione delle ONG – questa mattina, dopo aver votato nel circolo PD del quartiere di Fossitermi a La Spezia, aveva dichiarato «Per me un buon risultato sarebbe già una buona affluenza al voto. Ma voglio vincere». Una pacata rassegnazione sembrava invece aver manifestato il Governatore della Puglia Emiliano, che nell’evento di Chiusura a Polignano a Mare aveva affermato «Non so se riusciremo a vincere adesso, ma so che non smetteremo mai di combattere», sebbene sperasse in una massiccia partecipazione al voto, unico mezzo che avrebbe potuto rendere i sondaggi «carta straccia».
In effetti quest’ultimo punto è, forse, l’unico che abbia destato una certa attenzione da parte del mondo politico, dei cittadini e della stampa, essendo la spia più evidente del declino a cui il partito democratico si è auto-condannato negli ultimi mesi. Benché, infatti, i dati abbiano superato abbondantemente le aspettative – registrando quasi due milioni di votanti – bisogna ricordare che le suddette previsioni sono state ridimensionate rispetto al passato, e una spia della disaffezione verso il PD può senz’altro essere individuata nella scarsa partecipazione delle regioni ex rosse, l’Emilia-Romagna in primis. Nel 2013 andarono a votare quasi 3 milioni di persone, ma di contro va segnalato che in questa occasione c’è stata una più alta partecipazione nel Mezzogiorno d’Italia.
Il neo-segretario si è detto molto contento per i dati sull’affluenza, così come Maurizio Martina. Quest’ultimo ha voluto ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a questa giornata «d’orgoglio per tutti noi» e ha ufficiosamente annunciato il suo futuro ruolo di vice-segretario del PD, poi confermato nel discorso di Renzi.
Dalle 8.00 alle 20.00 – e in alcune città anche oltre tale termine, per consentire di esaurire le file di votanti – sono così andati alle urne più di 1 milione e 900mila elettori, e nel corso della giornata si sono susseguite, immancabili, le polemiche per le presunte irregolarità. Sono da segnalare quelle riguardanti la Calabria, in particolare la città di Catanzaro – in cui un seggio è rimasto chiuso per l’intera mattina per mancanza di scrutatori – e la sua provincia, per la quale la mozione Orlando ha chiesto l’intervento delle forze dell’ordine; sembra infatti che in diversi seggi ad alcuni scrutatori della mozione fosse stato impedito di insediarsi durante l’allestimento del seggio. A Nardò, comune della provincia di Lecce, il Sindaco Giuseppe Mellone è accusato di aver portato al voto 1500 elettori legati a partiti di centro-destra. Mentre in Sicilia, a Gela, è stata denunciata l’apertura di un seggio abusivo, sicché è stato chiesto l’annullamento dei voti ad esso corrispondenti.
Mercoledì scorso Renzi, già rinvigorito dal 68% di voti tra gli iscritti, aveva ricordato che le primarie, come da statuto, avrebbero individuato il leader candidato a Palazzo Chigi alle prossime elezioni. Il PD non è riuscito a proporre una nuova figura carismatica in grado di catalizzare le speranze dei suoi elettori e Renzi resta ancora l’uomo più forte al suo interno. A fronte del risultato odierno non è lecito escludere eventuali future trasmigrazioni verso gli Articolo 1 Movimento Democratico e Progressista da parte di chi non si sente più rappresentato da Matteo Renzi. Tra i bersaniani, Roberto Speranza ha già invitato, nei giorni scorsi, i malcontenti a uscire dal partito perché «le braccia sono aperte per chi da domani sarà ancora più convinto che la vera alternativa si costruisce fuori dal Pd».
Orlando, appreso l’esito del voto, auspica «la costituzione di un nuovo centro-sinistra che sappia mettere insieme anime diverse». Egli appoggia dunque il vincitore, così come Emiliano, che afferma di voler imbastire un sincero dialogo con Renzi.
Renzi ha cominciato il suo discorso di ringraziamento dichiarando: «Oggi noi abbiamo fatto qualcosa di straordinariamente grande: la democrazia». Egli ha inoltre ringraziato Orlando ed Emiliano, affermando che seguirà anche i loro progetti.
«Quando due milioni di persone vanno a votare […] come si fa a dire che questo è il partito di uno solo? Questo partito ha una comunità forte», ha dichiarato con forza il neo-segretario, sottolineando le parole “umiltà” e “responsabilità” e affermando di voler cambiare l’Europa per «non accontentarsi di prendere l’elenco delle cose da fare» ma per avere «un’Europa che abbia un’anima solida e solidale». Ed ancora: «ha vinto tutto il Pd, ma soprattutto il Pd che non si è vergognato di tutte le cose fatte in questi anni», sicché Renzi ha rivendicato le battaglie del suo governo, tra cui quella per il jobs act e per la legge sui diritti civili, ma ha comunque aggiunto che «questa è storia totalmente nuova, un foglio bianco». Renzi ha dichiarato di voler essere vicino alle periferie e di voler ripartire con il sostegno di tutte le persone che hanno continuato a credere in lui nei difficili mesi trascorsi.
L’ultimo capitolo della parabola renziana ha, dunque, autenticato il vecchio adagio gattopardiano, lo sforzo a cambiare tutto, affinché si possa prender tempo, perché niente cambi, infatti il neo segretario – che mai aveva smesso di guardare alla Presidenza del Consiglio – deve ora pensare alla legge elettorale, sebbene tra le sue prime dichiarazioni non sembra esserci spazio per un accordo con l’altra grande forza politica italiana, l’universo del M5S.
Paola Guadagno