La COP26 ha avuto inizio. Gli effetti della crisi climatica in atto sono devastanti e sottolineano l’urgenza per i governi del mondo di discutere ed affrontare le tematiche ambientali. A rendere il tema ancora più problematico ed urgente sono gli studi statistici: le conseguenze dei cambiamenti climatici graveranno nei prossimi decenni specialmente sui giovani e i giovanissimi del mondo. Lo conferma uno studio riportato dal Guardian e pubblicato sulla rivista scientifica Science in cui viene evidenziato proprio questo: esiste una disparità intergenerazionale nella distribuzione sulla popolazione degli effetti catastrofici del cambiamento climatico e gli scienziati ne hanno provato la gravità e l’entità.
La ricerca ha dimostrato, incrociando le proiezioni date da modelli matematici sugli effetti del cambiamento climatico, i dati demografici e quelli relativi all’incremento delle temperature a livello globale, che i bambini nati nel 2020 assisteranno a circa trenta ondate di calore nella loro vita, un numero che è circa sette volte superiore rispetto a quello stimato per la popolazione nata nel 1960. Questa è solo una delle varie tipologie di eventi avversi a cui le nuove generazioni assisteranno, i cui effetti sono ormai irreversibili: se si riuscisse a rispettare completamente l’impegno preso in merito al taglio delle emissioni di CO2 dovute all’utilizzo di fonti fossili di energia, i dati relativi alle conseguenze subite dalle diverse generazioni non cambierebbero; sarebbero comunque i giovani a rispondere di una crisi che non hanno (almeno parzialmente) causato.
Ancora più interessante, e forse sintomatico dei danni causati dall’Imperialismo economico e sociale dell’Occidente industrializzato, è il dato relativo alla distribuzione geografica delle conseguenze del cambiamento climatico: a confrontarsi con gli eventi estremi saranno soprattutto i giovani dell’Africa subsahariana, sottoposti circa 5.7 volte in più a catastrofi naturali (rispetto ad oggi) contro le 4 volte dei giovani europei e dell’Asia centrale. Ancora una volta, le disparità globali tra paesi in via di sviluppo e Paesi industrializzati sono evidenti e costituiscono motivo di riflessione sui massimi sistemi politico-economici, soprattutto in vista del summit della COP26.
Alla luce di quanto emerge dagli studi non stupisce l’ampia sensibilità giovanile alle questioni di ecologia ambientale. La presa di coscienza da parte delle nuove generazioni è senza precedenti: la voce di coloro i quali abiteranno la Terra nei decenni futuri sarà ascoltata dai potenti del pianeta, e questo costituisce una novità nella gestione delle politiche globali. Grazie ai due giorni milanesi di preparazione alla COP26, le negoziazioni internazionali giovanili di Youth4Climate hanno permesso ai delegati (due per ogni nazione firmataria degli Accordi di Parigi) di arrivare a quattro proposte concrete di discussione delle quali l’Assemblea delle Nazioni Unite dovrà tenere conto: l’importanza di una partecipazione multilaterale, nazionale e locale della gioventù in merito alle questioni ambientali, la necessità di riprendersi dalla pandemia globale in maniera sostenibile e la creazione di una società cosciente delle problematiche ambientali ad ogni livello, includendo nelle attività di supporto alle lotte ambientali anche personalità e settori non strettamente appartenenti alla sfera pubblica ma, più in generale, a quella culturale e sociale.
La campagna, naturalmente, si svolge anche sui social network: è da tempo virale l’hashtag #EyesOnCOP26, che raccoglie post e discussioni sul tema ambientale.
Giulia Imbimbo
Una battaglia di valore quella per l’ambiente che si deve accompagnare alle battaglie per la giustizia sociale.