«Ma quale Stato, ma quale Dio, sul mio corpo decido io» è il grido intonato dalle attiviste e attivisti di Non Una di Meno Torino, Extinction Rebellion, Fridays For Future, Ecologia politica e il comitato Essenon Torino durante la presentazione del libro “Una famiglia radicale” della ministra Eugenia Roccella al Salone del libro di Torino sabato 20 maggio. Sono statati denunciati 29 attivisti con accusa di violenza privata.
«Quando siamo arrivati c’era un gruppetto di persone che erano lì per la presentazione, metà della platea composta da noi e l’altra metà era occupata dalla Digos» – ci racconta un’attivista di Non una di meno. «Si sono subito avvicinati a noi e hanno iniziato a perquisirci, controllare e sequestrare documenti facendoci allontanare dalla sala. Nel momento in cui non hanno trovato motivi per allontanarci definitivamente ci hanno fatto accomodare». La contestazione degli attivisti non era concentrata solo sulle posizioni antiabortiste della ministra Roccella, ma volevano anche denunciare come la giunta regionale decide di utilizzare i fondi pubblici. «La contestazione si svolgeva dentro e fuori il Salone del libro: dentro c’eravamo noi e i compagni di Extinction Rebellion, mentre fuori c’erano i compagni di Essenon ed Ecologia politica che denunciavano le partnership del Salone poco attenti all’ambiente. Lo striscione che hanno aperto i nostri compagni all’esterno è stato immediatamente sequestrato dalla Digos, hanno poi continuato con il volantinaggio».
Tra attivisti stesi per terra, che brandivano cartelli, cantavano e urlavano, la ministra Roccella ha permesso ad una di loro di salire sul palco per ottenere un confronto. L’attivista ha letto il comunicato congiunto dai 4 gruppi dove venivano criticate le scelte del Governo sui diritti civili, sulla possibilità di dare accesso alle persone gestanti all’aborto e sulle non scelte sulla transizione ecologica. Questo ha indispettito la Ministra che non si aspettava la lettura di un comunicato, ma che gli attivisti accettassero di parlare con lei di argomenti sui quali il governo ha già preso e attuato decisioni ben precise.
La contestazione al potere
«Quando la contestazione è iniziata abbiamo notato che la platea si è avvicinata incuriosita, molte persone esterne si sono unite a noi litigando anche con i pochi presenti interessati alla presentazione del libro. Contro ogni nostra aspettativa è stata un protesta partecipata» – continua la nostra interlocutrice di NudM Torino. Verso la fine della contestazione, il direttore del Salone del libro di Torino Nicola Lagioia è salito sul palco su invito della Ministra riconoscendo la contestazione degli attivistə e invitandolə al dialogo. La dichiarata legittimità della protesta da parte del Direttore ha causato l’ira dell’esponente di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli, che si è scagliata contro di lui accusandolo di compensi senza meriti e, velatamente, facendogli capire quanto fosse sconveniente la sua posizione.
L’art. 21 della Costituzione italiana sancisce che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione“. Nell’atto democratico degli attivistə non c’è niente di illegale. Molti esponenti della politica italiana, come la stessa presidente del consiglio Giorgia Meloni, hanno ritenuto la protesta “inaccettabile”, in particolare perché indisponibili al dialogo con la ministra Roccella. «Il dialogo ha senso se porta da qualche parte» – dichiara l’attivista di Non una di Meno Torino – «nel momento in cui le decisioni sono già prese e la differenza di potere è enorme non aveva nessun senso quel dialogo. Non eravamo lì per fare una chiacchierata con la Ministra». La medesima posizione è presente anche nel commento di Michela Murgia sull’accaduto: il dialogo, dice la scrittrice, avviene prima di avanzare norme che ricadono sulla vita delle persone, in taluni casi peggiorandola.
Le perquisizioni
Gli attivistə identificatə dalle perquisizioni della Digos sono stati denunciati con accusa di violenza privata. «Se accadrà qualcosa dal punto di vista legale, faremo tutto quello che è necessario» – asserisce l’attivista – «sappiamo che si tratta di un atto intimidatorio. Tutte le realtà torinesi hanno familiarità con la questura di Torino che è avvezza a queste cose». Il dissenso è uno degli strumenti più importanti nelle mani dei cittadinə: è un campanello di allarme sulla mancata condivisione delle scelte e della direzione che intraprende il Governo. In questo caso, come in molti altri, ci si appella al dialogo che alle volte non serve, perché quando le decisioni sono state già prese non ha senso dialogare.
Scrive Non una di Meno: «Riteniamo estremamente grave la manipolazione mediatica perpetrata dalla ministra Roccella sulla contestazione al Salone Del Libro e la gestione repressiva delle forze dell’ordine, che rappresentano un precedente pericoloso verso ogni manifestazione di protesta. Rispediamo al mittente le accuse strumentali di violenza: basta guardare i video per rendersi conto della modalità dell’iniziativa, svolta solo con voci, corpi e cartelli, che ha coinvolto anche tantissime persone che si sono spontaneamente unite a fischiare alla ministra. Costruire una discussione mediatica che chiama violenza la semplice espressione di dissenso, vuol dire far passare come illegittima ogni contrarietà al Governo[…]».
Chi governa i mezzi di comunicazione ha il potere di esprimere il suo punto di vista con gli strumenti della propaganda in qualsiasi momento. Le censure non provengono mai dal basso. Così come anche l’atto sanzionatorio nei confronti di chi manifesta. Ecco perché in nessun momento l’espressione del dissenso può essere associata a un atto di censura nei confronti di un Governo.
Gaia Russo