Sono ormai secoli, pur se l’Italia nemmeno gioca da uno, che a noi italioti piace fare i tuttologi. Evidenti e vecchi saputi della filosofia della sfera, navigati allenatori cresciuti con la domenica sportiva e il processo di Biscardi. Insomma, vatti a sedere sulla panchina della nazionale e un po’ già ti bruceranno le natiche. Diamo grande fiducia al calcio, che è lo sport che più ci piace, anzi diamo troppa fiducia a noi stessi e poca ai mezzi delle persone che nel mondo del pallone ci lavorano. E tra l’altro con passione, perché a certi livelli questa redazione sfida chiunque a trovare chi lo fa e si annoia.
Questa rapida premessa introduce, il resto conclude. Ai tempi del Festivalbar girava una canzone che ha fatto sgranchire le ossa un po’ a tutti, quella “Obsesion” che gli Aventura hanno deciso di incidere a inizio del secolo breve. Nomi simpatici, insomma, perché al Santiago Bernabeu giocavamo una partita che per quanto importante sotto il profilo del punteggio, tanto lo era anche per rinsavire o attecchire le nostre convinzioni.
L’Italia di Ventura ne ha presi ben tre, chiamateli goal, schiaffi in faccia o come più vi piace infilare il dito nella piaga. Tre come i centrocampisti che mancavano in mezzo al campo, tre i cambi che poco hanno apportato alla partita e, anzi, non hanno modificato nulla dal punto di vista tattico.
E’ da tempo ormai che quando sfidiamo la Spagna c’è di mezzo qualcosa in più del semplice risultato, specie quando tra due culture che di simile hanno molto si affrontano due storici modi di intendere il gioco del calcio, che a dir la verità non si sopportano tanto a vicenda. Da un lato loro, che hanno i colpi in canna del talento puro e la filosofia del calcio giocato palla a terra, sfruttando le corsie centrali (tra l’altro imbattuti in casa durante tutte le qualificazioni mondiali). E dall’altro noi, che storicamente difendiamo la palla e la facciamo ripartire, tanto che ci criticano e invidiano tutti.
Sappiamo bene quanto il calcio evolva, e in particolare il tipo di giocatori che la nostra nazionale deve saper valorizzare, e che quindi il problema diventi essenzialmente la tattica. Alla base la tattica dovrebbe condizionare poco un allenatore nazionale, che in molti ci insegnano che prima di tutto è un ottimo selezionatore. Non a caso uno come Antonio Conte adesso sapete dov’è, tra i migliori allenatori al mondo capace di far diventare i suoi giocatori espressione vivente dei concetti che predica. Ecco, un mister che in nazionale sarebbe stato sprecato, perché a Coverciano il tempo di entrare nella testa di ogni giocatore non lo trovi, specie quando li vedi a mesi alterni. Vincente lo era e avrebbe continuato a soffrire pur di esserlo, allenando forse una tra le formazioni meno belle degli ultimi anni.
Venendo ai fatti che accuseranno Ventura almeno nelle prossime settimane, dovremmo pensare realmente a cosa significa rivestire il ruolo di commissario tecnico della Nazionale. Vanno a scontrarsi tendenzialmente un paio di filosofie, che se allenassimo su Football Manager riassumeremmo tutte nell’amletico ‘tattica o giocatori’. Nello specifico, decidere se a doversi adattare a un modulo siano i giocatori, o se debba il modulo essere costruito appositamente per loro.
La risposta sembra ovvia, ed è anche la più logica considerando che una squadra nazionale brulica di giocatori che vanno e vengono a seconda dei periodi di forma. Bisogna sapersi circondare di giocatori intelligenti prima ancora che bravi. Duttili, esageratamente duttili, o almeno trovarne di vari e con caratteristiche diverse, perché possano adattarsi alle varie situazioni di gioco, leggere le partite.
Ebbene, non sempre sono all’ordine del giorno, ed è questo che attiva l’altra faccia dell’allenatore nazionale. Quella di chi ha tanta fiducia, e di chi, come Ventura – che all’Italia resterà per almeno altri due anni da contratto – un’idea dell’11 che a breve formerà definitivamente l’Italia ce l’ha ed è irremovibile. Sembra nobile, a questo punto, poter dirsi cocciutamente convinti che un certo sistema di gioco prima o poi funzioni e che nell’arco dei novanta minuti di sofferenza contro la Spagna non debba essere cambiato.
Alcune cose, poi, cascano a fagiolo. Come l’infortunio di Chiellini, senza il quale Ventura forse non si sarebbe sentito in buona parte ‘obbligato’ a forzare la squadra sul modulo e sull’impostazione tattica che sta cercando di dargli da quando è arrivato. Avremmo di nuovo mantenuto la difesa a 3, e sapete che ciò non toglie che forse staremmo commentando lo stesso risultato, magari ancora una volta recriminando sull’ex mister di Toro e Bari perché con altri personaggi in panchina queste furie rosse le avevamo domate.
Insomma, quella di Ventura pare un’obsesion. Che ci auguriamo abbia una buona base che la giustifichi, ma questo di certo non avremmo voluto iniziarlo a sperimentare oggi.
Nicola Puca
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