Siamo tutti preoccupati: è comprensibile. Il quadro politico italiano è quanto mai incerto, confuso, e c’è il serio rischio che neppure i risultati che giungeranno dalle urne possano diradare le nubi avvolte come un cupo presagio intorno al futuro del Belpaese. Le elezioni in Italia potrebbero anzi, invece, contribuire a peggiorare ulteriormente una situazione già precaria e compromessa.

Che fare? Come prepararsi allo scenario politico, sociale, economico e culturale che verrà a delinearsi da lunedì in poi? Come rimediare a questa perpetua incertezza? Per vostra fortuna, Libero Pensiero ha la soluzione adatta ad ogni evenienza: l’espatrio!

Ecco dunque le cinque città in cui rifugiarsi dopo le elezioni in Italia, a seconda di chi sarà proclamato vincitore dopo gli scrutini:

 

In caso di vittoria della destra: Lugano

Non se ne può più di questi immigrati che ci rubano il lavoro, giusto? Al termine di una campagna elettorale condotta dal centrodestra al grido di “Prima gli italiani!”, sarebbe opportuno trasferirsi tutti in massa a Lugano, amena cittadina del Canton Ticino immersa nel verde delle montagne e nell’azzurro dell’omonimo lago.

D’accordo, gli svizzeri hanno di noi la stessa considerazione che Salvini ha degli africani: ci considerano dei mangiapane a tradimento, dei fannulloni che gli rubano il lavoro, degli intrusi che insozzano le loro strade; ma l’umiliazione sarebbe pur sempre sopportabile, rispetto al pensiero di avere un Ministero delle Ruspe per dare un po’ di svago ai parlamentari leghisti e un Ministero del Photoshop per le comparsate di Giorgia Meloni.

 

In caso di vittoria del centro: Isola di Bouvet

Quest’isola vulcanica è una meta interessante: si trova infatti nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico, appartiene alla Norvegia, ma è disabitata perché si tratta del luogo più remoto al mondo: la terra più vicina, nell’antartico, si trova a 1.700 km, mentre il luogo abitato più vicino, in Sudafrica, è a ben 2.200 km di distanza.

Perché una tale scelta? Beh, dopo aver seppellito Renzi sotto una valanga di “No” al referendum costituzionale, dopo le sue promesse di abbandonare la politica, dopo aver visto il simbolo del partito di Beatrice Lorenzin, l’idea giusta dopo una loro eventuale vittoria sarebbe soltanto scappare nel luogo più sperduto nel mondo. Lì dove né la vergogna, né i tweet di Matteo potrebbero mai raggiungerci.

 

In caso di vittoria della sinistra: Pyongyang

Fulgido esempio della resistenza antimperialista, con i suoi 3 milioni di abitanti è il cuore pulsante del prospero regno nordcoreano guidato da Kim Jong Un. A Pyongyang potremo ammirare l’architettura stalinista, l’ebbrezza dei venti siberiani, la rinomata arte dei barbieri locali, ma soprattutto saremo finalmente liberi dall’imbarazzo di scegliere chi votare, avendo un solo partito a disposizione.

Unica nota negativa è che probabilmente rinunciare a google, facebook e youtube all’inizio sarà un po’ difficile, ma col tempo ci faremo l’abitudine e inizieremo ad apprezzare maggiormente le parate militari e le esecuzioni sommarie. Una sorte certo ben migliore dell’essere governati dai comunisti (o coloro che si definiscono tali) italiani.

 

In caso di vittoria dei cinquestelle: Stonehenge

In realtà Stonehenge, l’antico sito neolitico che ospita i famosi megaliti, non è una vera e propria città: si trova infatti nei pressi della piccola cittadina inglese di Amesbury. Ma oltre ad essere ricca di fascino e di attrattiva storica, sarebbe comunque la scelta migliore in caso di una vittoria del Movimento 5 Stelle, per tutta una serie di motivi:

> nella lingua inglese non esiste il congiuntivo;
> l’allineamento delle pietre di Stonehenge con i solstizi estivi potrebbe alimentare un’infinita serie di ipotesi e complottismi utili a tenerci impegnati fino all’insediamento di un nuovo Governo;
> tornare all’Età della Pietra sarebbe comunque un bel progresso rispetto all’avere Di Maio come Primo Ministro.

 

In caso di larghe intese e nuove elezioni in Italia: Chernobyl

D’accordo, Chernobyl potrà sembrare un’ipotesi azzardata, estrema. Il disastro nucleare del 1986 lascia pesanti strascichi a oltre trent’anni di distanza (un po’ come la crisi della Prima Repubblica), e l’atmosfera tutt’intorno è ancora pesante e surreale.

Proprio come un Parlamento inquinato da una classe politica mediocre e litigiosa, incapace di guardare al di là dei propri interessi particolari: la radioattività della nostra democrazia si palesa nell’inefficienza del suo ceto dirigente, nell’insipida insulsaggine di lacchè e portatori d’acqua contaminata, nel fanatismo degli ultrà della politica pronti a vivere la sconfitta del Paese con lo sguardo irridente di chi gode nel veder sconfitto il proprio nemico mentre affonda e affoga nella stessa melma. La nostra Chernobyl è forse meno mortale, meno dolorosa: ma non per questo meno nociva.

 

Quali che siano dunque i risultati di queste elezioni in Italia, quali che siano le speranze, le attese, le illusioni di una nuova stagione politica che difficilmente coinciderà con la primavera alle porte, è bene farsi trovare preparati: e non con un biglietto aereo, ma con profondo senso civico e la consapevolezza che “un popolo che elegge corrotti, impostori, ladri e traditori non è vittima, è complice”.

Emanuele Tanzilli
@ematanzilli

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